Durante lo scorso sabato, 2 agosto, l’Italia si è fermata per celebrare un triste, ma doveroso anniversario, quello della strage avvenuta presso la Stazione centrale di Bologna il 2 agosto del 1980, 45 anni fa. Tutte le principali Istituzioni della Repubblica, il Capo dello Stato Sergio Mattarella, il Presidente del Consiglio Giorgia Meloni, il presidente del Senato Ignazio La Russa, hanno onorato la memoria delle 85 vittime innocenti della bomba piazzata alla Stazione. E’ sacrosanto non perdere mai il ricordo, anche per i giovani di oggi e per quelli di domani, del periodo buio del terrorismo politico, nero e rosso, in cui in troppi persero la vita ingiustamente ed inutilmente, ma qualcuno in Italia, come già si faceva negli anni Settanta e Ottanta, vuole mestare nel torbido e usare le stragi degli anni di piombo, quella di Bologna e le precedenti, per cercare di mettere in imbarazzo la destra odierna che, con Giorgia Meloni, sta guidando l’Italia.
La premier, come tutti gli altri rappresentanti delle Istituzioni repubblicane, può e deve, e così ha fatto, agire affinché la Nazione non dimentichi le drammatiche lezioni impartite dagli anni del terrorismo, ma come può essere in qualche modo accostata alla strage di Bologna una donna che nel 1980 aveva sì e no tre anni? Eppure, la sinistra italiana, attraverso Elly Schlein ed altri, è riuscita persino, in maniera immonda, ad utilizzare il 45esimo anniversario della mattanza di Bologna per provare ad attaccare il Governo guidato dalla destra di Fratelli d’Italia e il Presidente del Consiglio. Ci vuole una creatività ben diabolica per giungere a questo, tuttavia, le sinistre, sputando loro sì sul ricordo di quegli 85 morti, deducono che sia lecito fare la faccia feroce dinanzi a Giorgia Meloni e pretendere dalla premier chiarimenti storici perché le sentenze finali dei processi per la strage, come è noto, hanno stabilito la colpevolezza di terroristi neofascisti come Valerio Fioravanti, Francesca Mambro ed altri.
Quindi, essendo stato il neofascismo armato, secondo la vulgata rossa s’intende, sempre più o meno colluso con la destra parlamentare del suo tempo, il Movimento Sociale Italiano di Giorgio Almirante da cui arriva in buona parte la destra conservatrice attuale di FdI, beh, Giorgia Meloni deve quantomeno dire ciò che la sinistra vuole sentirsi dire sennò è legittimo accusare la numero uno di Palazzo Chigi di accondiscendenza più o meno velata verso i NAR, l’organizzazione terroristica che fu di Fioravanti e Mambro. La giornata di sabato scorso è stata avvelenata e sporcata da brutti episodi come i fischi rivolti al presidente del Senato La Russa durante la commemorazione della strage. Fischi sobillati dalle irresponsabili parole espresse sul palco da Paolo Bolognesi, presidente dell’Associazione familiari delle vittime della strage di Bologna, il quale, più che tenere viva la memoria per quanto accaduto, ha tenuto uno sgradevole comizio politico di sinistra, demonizzando prima la figura del numero uno di Palazzo Madama, che sarebbe colpevole, secondo Bolognesi, di aver partecipato al funerale di un neofascista, e ammonendo poi Giorgia Meloni a non riscrivere la Storia e a riconoscere la matrice neofascista dell’attentato.
Non sono mancati, in quello che è stato un comizio bello e buono di Bolognesi, orribilmente irrispettoso per le 85 vittime della strage, riferimenti al fu MSI, legato, (bah!), al terrorismo nero. Solo una indecente faziosità può tentare di mescolare il Presidente del Consiglio con lo stragismo degli anni di piombo perché mai la leader dei conservatori italiani si è permessa di giudicare in qualche modo le sentenze processuali legate a Bologna, che citano il neofascismo. Eppure, oltre al presidente dell’Associazione delle vittime, anche la segretaria del PD Elly Schlein, una che ha poche idee e riesce ad esprimerle pure male, ha intimato alla premier di leggere bene le sentenze e di non cercare di nascondere, (quando mai è stato fatto questo?), la natura neofascista della bomba piazzata presso la Stazione centrale di Bologna. Non meno ripugnanti sono state le dichiarazioni, sempre dedicate al 45esimo anniversario della strage, del Sindaco di Bologna Matteo Lepore, targato PD.
Per il primo cittadino del Partito Democratico, il Governo Meloni lavorerebbe per insabbiare verità e giustizia in merito agli anni del terrorismo neofascista e per creare una coltre di nebbia davanti ai rapporti avuti dal Movimento Sociale Italiano, e ci risiamo, con i camerati armati. Non c’è nulla di più viscido e ributtante che sfruttare tragedie e morti, di quasi cinquant’anni prima peraltro, al fine di miserabili e contingenti calcoli politici, ma le sinistre italiane riescono ad arrivare anche a questo. Il loro presente è mediocre, con leadership surreali e contenuti scarsi, e non possono immaginare il futuro, quindi, guardano al passato, anche a quello più buio della Repubblica, con gli stessi trucchi balordi già adoperati dai loro padri politici. Già durante l’epoca della strategia della tensione il Partito Comunista Italiano e i poteri satelliti tentavano di fare confusione fra l’estremismo neofascista e il MSI, ma vogliamo ricordare ai volutamente distratti di sinistra, di ieri e di oggi, che il partito di Giorgio Almirante fu un argine determinante al radicalismo armato, sempre in prima linea nella difesa delle Istituzioni democratiche. Almirante chiedeva addirittura una doppia pena di morte per i terroristi neri ed era da questi odiato e visto come un traditore vendutosi alla democrazia e all’atlantismo.
Dire che personaggi come i fratelli Fioravanti, Gilberto Cavallini e tanti altri, ebbero la tessera del MSI, come hanno fatto Bolognesi e il Sindaco Lepore, significa solo buttare fango su una comunità politica e non affermare nulla di utile a livello storico. Sì, alcuni, diventati poi terroristi neofascisti, cominciarono ad avvicinarsi alla politica nelle sezioni missine, ma, avendo una concezione estremista e violenta, non trovarono soddisfazione nel Movimento Sociale, ritenuto troppo borghese, moderato, molle e compromesso con la democrazia, e abbandonarono presto il partito della Fiamma Tricolore. Anche molti terroristi rossi avevano un passato giovanile nel PCI, e allora, seguendo il metro di giudizio di Bolognesi e Lepore, dovremmo concludere che il partito di Enrico Berlinguer fosse colluso con le Brigate Rosse. O no? Bisogna andare piano con certe mostruose semplificazioni, come ha ricordato Paolo Mieli, un decano del giornalismo italiano che è stato tutto nella propria vita fuorché un simpatizzante della destra, almirantiana e meloniana. In ogni caso, se non c’entrava nulla con il terrorismo nero la Fiamma Tricolore di Giorgio Almirante, come si può avere l’impudenza di accostare quella attuale di Giorgia Meloni a fatti e crimini di quasi cinquant’anni fa?
Sarebbe anche ora, come giustamente dici, per rispetto delle vittime di ieri e degli italiani di oggi, di superare l’insulto all’avversario politico e la ricerca dell’odio, radice del terrorismo.
E riflettere sulle radici del terrorismo di ieri, per prevenire altri fenomeni simili.
Sulla strage di Bologna le sentenze sembra abbiano identificato gli esecutori, molto meno sappiamo dei mandanti. Che ci fosse in quei decenni una manovalanza rossa o nera a diposizione per azioni terroristiche è risaputo.
E’ molto ingenuo però pensare che le finalità dichiarate corrispondano a quelle dei mandanti.
Sulla strage di Bologna voci anche autorevoli hanno chiamato in causa, ad esempio, anche le fazioni libiche in lotta con il regime di Geddafi, con cui il governo italiano intratteneva rapporti, o la presenza di fazioni armate palestinesi, con cui pure il governo italiano intratteneva rapporti, e così via.
Ne ha parlato, senza poi dare un giudizio conclusivo, anche la commissione parlamentare stragi, i cui atti sono facilmente reperibili in siti istituzionali.
La conoscenza è nemica del fanatismo e della violenza.
Ma l’unica maniera di combattere l’avversario politico per la sinistra è l’attacco personale, anche verso una figura di rara fermezza e correttezza come Giorgia.
con affetto
Alessandro