I disordini alla Sapienza ci hanno riportato indietro nel tempo, a quando era difficile fare politica e soprattutto appartenere a un movimento giovanile senza ripercussioni fisiche. Tra lanci di bottiglie e violenze diffuse, gli studenti di Azione Universitaria sono stati bloccati nella loro campagna elettorale da estremisti di sinistra. I giovani studenti di destra sono stati costretti a essere scortati persino dalla Polizia per evitare di essere feriti, in un crescendo che continua e si inasprisce da anni e, specialmente, nel silenzio di una sinistra che, troppo spesso, sceglie di non condannare o di minimizzare. Ne abbiamo parlato con Nicola D’Ambrosio, presidente di Azione Universitaria.
D’Ambrosio, per l’ennesima volta i giovani di Azione Universitaria sono stati censurati e attaccati, anche fisicamente. Cosa è successo in Sapienza?
«Ancora una volta ci siamo ritrovati ad assistere a scene fuori dal tempo. Personaggi che hanno ben poco a che fare con il mondo dell’università sono ancora convinti di essere negli anni ‘70 e tentano, con atteggiamenti da estremisti, di riportarci agli Anni di Piombo per tenere associazioni che partecipano alle attività democratiche e alle elezioni all’università fuori dagli atenei. Il copione è lo stesso, da Trento a Roma. Oggi come ieri. E quasi non fa più notizia. Attività di campagna elettorale ostacolate, studenti costretti ad essere scortati dalla celere fuori dalla città universitaria della Sapienza, dopo essere addirittura stati colpiti da bottiglie di vetro e oggetti di altro tipo, come dimostra un agente della vigilanza sanguinante alla testa; uno studente raggiunto da due facinorosi e colpito al volto con un casco mentre in serata lasciava la zona: è questo il bilancio di tre giorni di follia vissuti dai ragazzi di Azione Universitaria durante la tornata elettorale per il rinnovo degli organi collegiali. Il tutto, chiaramente, accompagnato da cori sopravvissuti alla colonna sonora degli anni di piombo e gesti come quello della P38, che contribuiscono a riportare le lancette indietro nel tempo. Quello visto nei giorni scorsi in Sapienza non è altro che l’affermarsi, con toni e modalità sempre più accesi, di ciò che la sinistra fa ormai da più di qualche anno nelle università: cioè, vestire i panni di giudici del popolo con dei poteri che si auto-attribuisce, volendo poi decidere chi ha libertà di parola e chi no».
I collettivi bloccano e censurano, anche prima di ascoltare le opinioni altrui.
«Non lo fanno con dei requisiti – anche solo di parvenza – imparziali. Ma semplicemente chi non la pensa come loro e dà fastidio, si becca l’etichetta di mostri, di gente che non deve avere spazio nei consessi pubblici».
Come hanno reagito i ragazzi di Azione Universitaria?
«Devo, tuttavia, sottolineare la loro capacità di non rispondere alle provocazioni, di mantenere calma e lucidità e, dunque, di non farsi minimamente intimorire. Lo abbiamo dimostrato nella giornata di venerdì, organizzando un’assemblea pubblica e una manifestazione presso la facoltà di Economia: nessun indietreggiamento rispetto agli spazi negli anni conquistati nell’ateneo, grazie al consenso fornitoci dagli studenti, tra sindacalismo studentesco e attività e iniziative di forte impatto generazionale».
Quanto accaduto alla Sapienza è solo la punta dell’iceberg. Ci sono stati altri episodi simili?
«Quello che è successo a Sapienza finisce sotto i riflettori solo perché è un’università più centrale nel dibattito pubblico, ma è successo già a Trento, a Bologna lo scorso anno, a Teramo dove ci sono continui tentativi di censura da parte della sinistra. È un atteggiamento che ormai si riverbera da tempo. Ai più acuti osservatori, casi di questo genere quasi non fanno più notizia: si ripetono da decenni, e la loro frequenza non accenna ad attenuarsi. In un clima, per di più, di sostanziale impunità e nel silenzio dei media mainstream e delle testate giornalistiche di orientamento “progressista”, sempre ligi, invece, nel produrre costanti radiografie alle strutture della destra giovanile».
Ma questi collettivi riescono a vincere le elezioni o restano delle rumorose minoranze?
«Quasi sempre, come a Ferrara o alla stessa Sapienza, questi collettivi fanno risultati residuali. Azione Universitaria, in alcuni casi, riesce anche a eleggere rappresentati nei consessi nazionali, cosa che loro non hanno mai fatto. Poco importa se i risultati della vera democrazia consegnano uno scenario completamente diverso da quello che loro vedono, poco importa se, come nel caso di Azione Universitaria, ci sono movimenti più rappresentativi e più votati di loro: i collettivi si arrogano questo diritto e lo fanno sfociando in atteggiamenti sempre più spesso violenti».
Cos’è che fa arrogare a questi soggetti il diritto di censurare altri studenti?
«Quello che, secondo me, li fa sentire ancora più legittimati a fare questo, è la totale assenza di critiche o di condanne di questi atteggiamenti molto spesso violenti. A Trento abbiamo visto cosa succede quando non ci sono le forze dell’ordine a preservare la serenità dei fatti: arrivano ad aggredire anche fisicamente, con conseguenze che possono essere anche gravi. Questa roba è legittimata da una sinistra che resta in silenzio. Fino a quando non ci sarà alcuna condanna di questi atteggiamenti, loro si sentiranno legittimati a fare tutto e a continuare. Questo è il loro approccio».
Cosa deve cambiare nelle università, per evitare di ritrovarsi di nuovo in circostanze simili?
«Noi siamo convinti, come Azione Universitaria, che questo tipo di politica è ormai fuori dal tempo, fuori dallo spazio e soprattutto da quello che interessa gli studenti. Il cambio di paradigma deve essere tornare a parlare con gli studenti, tornare a fare delle iniziative che possono essere anche finalmente d’impatto con gli studenti. Squarciare quello che oggi pone tanti ragazzi in un atteggiamento di diffidenza nei confronti della politica. È anche quello che abbiamo tentato di fare con il nuovo corso di Azione Universitaria, dando finalmente una nuova linfa all’attività che facciamo, con iniziative che coinvolgono direttamente gli studenti, attività culturali con presenza fisica nei corridoi degli atenei e soprattutto con la fidelizzazione, il rapporto tra studenti e movimenti studenteschi che devono rappresentare i ragazzi nei vari organi».
Dopo gli scontri, la rettrice della Sapienza ha espresso condanna per ogni forma di violenza all’università.
«Adesso, però, chiediamo con forza alla Rettrice Polimeni, di assumere una posizione chiara, netta e decisa in difesa della libertà accademica, finora assente, allontanando i collettivi dall’università: per di più alcuni di questi, come Cambiare Rotta, partecipavano, con omonima lista, alla tornata elettorale. Non può esserci ancora posto nella Sapienza per gli squadristi del pensiero unico, per le angherie dei soliti prepotenti ingabbiati nel più bieco ideologismo. È giunto il momento che l’Università torni agli studenti, lontana da logiche di prevaricazione ideologica. La Rettrice ha il dovere di restituire l’Università agli studenti!».