L’epopea di Nazario Sauro, eroe che consacrò la sua breve ma intensa vita all’Italia, è una di quelle che merita di essere raccontate. Perché insegna, con l’eterno valore delle gesta concrete, cosa significa davvero essere patrioti.
Nato il 20 settembre 1880 a Capodistria, Nazario viene educato fin da bambino allo spirito e ai valori nazionali, molto sentiti anche e forse soprattutto in una terra allora ancora sotto il dominio austroungarico. Quando l’Italia entra nella Grande guerra si arruola nella Regia marina, pur consapevole del fatto che, se fosse stato catturato dagli austriaci, rischiava di essere accusato di alto tradimento. Dopo numerose e audaci imprese portate a termine con successo, che gli sono valse varie decorazioni al valore, nel luglio 1916 il sommergibile che pilota si incaglia nei pressi dell’isola della Galiola, nel Quarnaro. Imprigionato e processato, viene condannato a morte per impiccagione. La sentenza è eseguita il 10 agosto 1916. Dopo essere stato appeso al capestro, Sauro continua a gridare “Viva l’Italia!” finché gli resta fiato in gola. Per il suo eroismo, riceve la medaglia d’Oro al Valore militare alla memoria. E diviene un martire della causa irredentista italiana, contribuendo a rafforzare, in tutta la Nazione, il senso di unità, il fervore patriottico e l’amore per la libertà.
La memoria di questo grande italiano, che nel corso degli anni è stata onorata in innumerevoli modi, oggi viene riportata all’attenzione dalla nuova pubblicazione di un volume degli Anni Trenta, che Idrovolante edizioni ha recentemente inserito nel suo catalogo. Si tratta del libro di Valentino Piccoli intitolato Il martirio di Nazario Sauro (prima edizione Mondadori 1935), che – scrive l’editore Daniele Dell’Orco nella nota introduttiva – “oltre alla dettagliata ricostruzione delle fasi finali della vita di Sauro e ad un esclusivo ritratto umano oltre che normativo della sua fine, è in questa sede arricchito dall’introduzione dell’Ammiraglio Romano Sauro, nipote dell’eroe capodistriano e a sua volta impegnato nella trasmissione dei valori del nonno presso le nuove generazioni”.
La storia di Nazario Sauro, che in chiunque ama davvero l’Italia suscita ancora oggi, a oltre cent’anni di distanza dalla sua morte, fierezza e commozione, trova massima espressione nelle ultime parole che il martire ha indirizzato ai suoi cari. Scrive alla moglie: “non posso che chiederti perdono per averti lasciato con i nostri cinque bimbi ancora col latte sulle labbra… ma non mi resta a dir altro che io muoio contento di aver fatto il mio dovere d’italiano”. E al figlio maggiore, Nino: “muoio col solo dispiacere di privare i miei carissimi e buonissimi figli del loro amato padre, ma vi viene in aiuto la Patria che è il plurale di padre. E su questa patria, giura o Nino, e farai giurare ai tuoi fratelli quando avranno l’età per ben comprendere, che sarete sempre, ovunque e prima di tutto italiani!”.