L’Italia diminuisce gli export dalla Cina favorendo le proprie importazioni:

Rispetto all’anno 2022, in cui l’interscambio tra Cina ed Italia registrava circa 73,9 miliardi di euro, nel 2023 c’è stato un calo piuttosto importante, tant’è che le relazioni economiche si attestano sui 45,7 miliardi di euro. Le esportazioni di Pechino nei confronti del nostro paese sono diminuite del 18%, mentre quelle italiane in Cina sono risalite del 30% in confronto al 2022, attestandosi al 13,6%. Questi sono dati registrati e pubblicati dall’Ambasciata italiana nella capitale cinese, un fenomeno che fa ben sperare e a breve comprenderemo anche il perché.

Considerando le acquisizioni o campagne acquisti che la Cina sta conducendo in territorio europeo, sarebbe ora il caso di prendere le distanza dall’RPC, la quale non aspetta nient’altro che avere potere economico all’interno di paesi come il nostro per poter dettare legge e deviare la politica a suo favore. Infatti, per il gigante asiatico sembra che l’imprenditoria debba essere quasi esclusivamente incentrata sul potere statale, tanto che le decisioni sugli affari le prenderebbe direttamente il PCC. I vari Costco ecc. sono in realtà escamotage adottate dalla Cina per trovare terreno fertile ed accaparrarsi punti strategici in territorio occidentale. Lo stesso vale per gli Istituti Confucio presenti qui in Italia ed i vari Commissariati di Polizia cinese presenti sul territorio sotto copertura.

Ora più che mai risulta fondamentale utilizzare il Golden Power per intercettare i tentativi di sabotaggio, al contempo favorendo strategicamente il proprio commercio nei territori in cui queste sembrano piuttosto importanti. Quello italiano è un esempio lampante del fatto che un ponte con la Repubblica Popolare cinese sia del tutto futile per il momento, anche in virtù delle fallimentari relazioni portate avanti dai 5 stelle negli anni precedenti e di cui abbiamo ancora una fervida memoria.

La teoria che vedrebbe la Cina come un paese completo di ogni materiale utile per affrontare le nuove sfide, si rivela in parte sbagliata. Sempre secondo la relazione dell’Ambasciata italiana in territorio pechinese, gli interessi di commercio dell’RPC sarebbero incentrati sui nostri seguenti prodotti: macchinari, prodotti tessili e abbigliamento, sostanze e prodotti chimici , mezzi di trasporto e prodotti farmaceutici di vario genere. In sintesi, non è affatto vero che la nostra forza è inferiore, di fatti basterebbe rendersi conto delle proprie possibilità, delle ricchezze e degli avanzamenti nella ricerca, per investire finalmente sulla propria produzione.

Il Governo Meloni, fino a questo momento, sembra aver preso sul serio il monito sulla valorizzazione del Made in Italy, senza lasciare campo libero a chi vorrebbe rimpiazzare i nostri prodotti brandendo contratti che sembrano vantaggiosi all’inizio e che poi si rivelano una scure sui settori principali della nostra Penisola.

Giusto però continuare ad intrattenere relazioni, anche per restare informati sulle politiche adottate da Pechino, che di certo è decisamente più vicino alle esigenze del Partner russo, rispetto ai nostri standard. Atteggiamento piuttosto normale, visto che ormai dall’epoca di Mao i cittadini cinesi sono rimasti bendati dall’ideologia comunista, non riuscendo fino a svincolarsene fino a questo momento.

Sarà fondamentale continuare su questa linea, per chi ha deciso di vendere i propri asset strategici all’RPC, da oggi ci saranno delle notevoli e difficili peripezie da affrontare, soprattutto perché farsi controllare dagli altri sul lato economico è uno dei rischi più grandi che uno Stato possa affrontare. 

Sarà dunque importante restare su questa linea, evitando le proposte di chi con la scusa dell’internazionalismo e dell’adempimento alla globalizzazione totale, rischierebbe di trascinare il paese nel baratro. L’adattamento non fa sempre bene, alle volte è necessario dire no per tutelare i propri interessi e quelli della popolazione che chiama i suoi tribuni ad affrontare le tematiche politiche.

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Gabriele Caramelli
Gabriele Caramelli
Studente universitario di scienze storiche, interessato alla politica già dall’adolescenza. Precedentemente, ha collaborato con alcuni Think Tank italiani online. Fermamente convinto che “La bellezza salverà il mondo”.

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