La distinzione tra chi può lavorare e chi non può farlo appariva lampante tra le proposte di Fratelli d’Italia in occasione delle scorse elezioni politiche: il Reddito di Cittadinanza aveva creato una massa indefinita di percettori che riuniva al suo interno non solo chi era in cerca di lavoro, ma anche chi non aveva voglia né interessi nel farlo, magari forte di un sussidio già elevato; nascondeva al suo interno anche furbetti e criminali, ma questa è un’altra storia. Dunque, lasciare in vita l’iper-assistenzialismo grillino così come era stato delineato dagli esecutivi a trazione pentastellata, avrebbe bloccato ancora la crescita della Nazione, frenando in particolar modo il mercato del lavoro che, alla luce dei dati, in effetti non ha mai conosciuto un boom di assunzioni in quegli anni. Tutta colpa di una misura che sulla carta aveva la sola finalità di salvaguardare momentaneamente chi era in cerca di impiego, salvo poi diventare una sorta di paghetta di Stato a vita.
Ad avvalorare la tesi sull’insuccesso dell’infelice Rdc, i dati occupazionali del 2023: +552 mila nuovi occupati e tasso di disoccupazione giù al 7,2%, numeri mai così bassi dal 2008. In altre parole, i posti di lavoro sono cresciuti proprio nell’anno della modificazione prima, dell’eliminazione poi, del Reddito di Cittadinanza, sostituito con due diverse misure: da un lato il Supporto per la Formazione e per il Lavoro, corsi di formazione retribuiti destinati a chi può lavorare, misura della quale anche l’Ocse ha riconosciuto l’efficacia prevedendo una crescita del Pil di un punto percentuale nei prossimi anni; dall’altro l’Assegno di Inclusione, riservato esclusivamente a chi non può lavorare avendo a carico minori, diversamente abili o anziani. Proprio dall’istituzione di questa misura arrivano altre cattive notizie per i difensori del Reddito grillino: secondo i dati pubblicati dal Messaggero, un fenomeno di totale distanziamento dall’assistenzialismo si sta avendo con particolare forza al Centro Italia. A fronte infatti di 115.057 famiglie che a novembre hanno ricevuto il Reddito di Cittadinanza (il 14% del totale), a gennaio solo 29.982 hanno ottenuto l’Assegno di Inclusione, il 10% del totale. Idem per il Nord, che è passato dall’ospitare il 20% dei percettori del Rdc a novembre all’11% degli assegni di inclusione di gennaio. Scelgono dunque il lavoro gli ex-percettori del Reddito: stando a quanto dichiarato da Giuseppe Biazzo, vicepresidente di Unindustria, i vecchi percettori, pur essendo bassamente qualificati, stanno trovando occupazione nel mondo del turismo, della ristorazione, della logistica e dell’industria manifatturiera “grazie – ha detto – alla formazione e al contributo delle politiche attive del lavoro”; ciò dimostrando “il buono stato di salute dell’economia del territorio anche in un contesto sfidante come quello attuale”.
Al Sud la situazione – è risaputo – è più complessa e necessita anche di altri interventi per smobilitare il mercato del lavoro. È stato sicuramente un bene superare l’inutile e infruttifera distribuzione di sussidi a pioggia avutasi nel passato: ora l’obiettivo del governo è ampliare la portata delle sue politiche attive con un piano di sviluppo che possa attirare anche investimenti internazionali. Su questa linea si staglia l’investimento di 90 milioni di euro del PNRR presentato nei giorni scorsi dalla stessa Giorgia Meloni per la realizzazione della GigaFactory a Catania, un polo industriale di pannelli fotovoltaici che potrebbe dar vita a migliaia di posti di lavoro. “Non voglio un Sud che viva di sussidi – ha detto il Presidente del Consiglio a Catania – Io voglio un Sud nel quale ci siano gli strumenti che consentono al Mezzogiorno d’Italia di competere ad armi pari. C’è un gap e bisogna costruire gli strumenti che consentono di colmare quel gap, perché il Mezzogiorno d’Italia – ha concluso – possa dimostrare finalmente quanto vale senza avere le discriminazioni che ha avuto in passato”.