“La sospensione del Trattato di Schengen sulla libera circolazione in Europa si è resa necessaria per l’aggravarsi della situazione in Medio Oriente, l’aumento dei flussi migratori lungo la rotta balcanica e soprattutto per questioni di sicurezza nazionale, e me ne assumo la piena responsabilità”, queste le parole del Presidente del Consiglio sulla reintroduzione dei controlli alle frontiere con la Slovenia.
Una decisione che è stata comunicata alla Commissione Europea e che sarà in vigore da sabato 21 fino al 30 ottobre, con possibilità di proroga.
La decisione di Roma arriva in uno dei momenti di più alta tensione, a due giorni dall’attentato di Bruxelles e a circa dieci dal feroce attacco di Hamas a Israele.
E non rappresenta affatto un unicum europeo, anzi.
Infatti, sono undici i paesi che in totale hanno ripristinato controlli al confine.
Non solo Francia, in cui è altissima l’attenzione (in cinque giorni sono stati tre gli allarmi anti bomba alla reggia di Versailles, e almeno dieci gli aeroporti evacuati dopo minacce di attentati), ma anche Austria, Germania, Repubblica Ceca, Polonia, Slovacchia, Svezia, Danimarca, Slovenia e Norvegia, sebbene non faccia parte dell’Ue.
Le misure restrittive in Germania saranno in vigore fino al 25 ottobre per ciò che riguarda i confini con Polonia, Repubblica ceca e Svizzera, mentre con l’Austria varranno fino all’11 maggio 2024.
In Francia, saranno adottate le nuove regole fino al 30 aprile.
Da parte della Presidente della Commissione europea, Ursula von der Leyen, in conferenza stampa a Bruxelles con il premier belga, Alexander De Croo, e il premier svedese Ulf Kristersson, è stato sottolineato che: “Le persone considerate una minaccia per la sicurezza che hanno ricevuto un ordine di rimpatrio attualmente può essere chiesto di andarsene volontariamente. Dobbiamo cambiare urgentemente questa situazione”. Lo ha detto la presidente. La Commissione Ue per questo ha proposto che se una persona è considerata una minaccia per la sicurezza pubblica, i Paesi devono avere il potere di costringerla ad andarsene. Fa parte del Patto Ue per le migrazioni e l’asilo”.
La sospensione di Schengen si è resa necessaria per il complesso quadro che sta vivendo attualmente l’Unione Europea. E del resto, ciò era accaduto anche in passato tanto che, stando ai dati, dal 2006 a oggi il Trattato Schengen è stato sospeso dai Paesi membri per ben 387 volte. In particolare, nel 2011, quando Norvegia e Svezia applicarono nuovi controlli a seguito della strage di Utoya; nel 2015, dopo gli attacchi terroristici di Parigi; nel 2016, da parte di Ungheria, Slovenia, Germania, Austria, Norvegia, Danimarca, per il controllo dei flussi di migranti; e nel 2020, causa Covid.
Infine, in Italia la sospensione del trattato era già avvenuta nel 2001 dopo gli eventi del G8 di Genova e nel 2009 per quello del L’Aquila, e nel 2017 per il G7 di Taormina.
La sospensione di Schengen appare oggi come una scelta responsabile e condivisa da una buona maggioranza di Paesi in Ue, che hanno intenzione di salvaguardare i propri confini e territori, ma anche e soprattutto l’Unione intera.
Oggi riapplicare i controlli in alcuni punti strategici significa quindi garantire più sicurezza ai cittadini e limitare gli spostamenti di soggetti attenzionati e potenzialmente pericolosi.
A breve, sarà necessario poi discutere nel consesso comunitario della questione rimpatri (tema da tempo caro al Governo Meloni, che ha spesso ribadito la sua centralità anche nell’agenda politica sovranazionale), che aggiungerà un nuovo prezioso tassello per allontanare ancora di più la minaccia terroristica e il vento di odio che vorrebbe invadere l’Europa.
Le misure restrittive non dovrebbero sospendersi il 30 ottobre ’23, ma -come hanno deciso altri Paese UE- sarà meglio prorogarle da subito per ulteriori mesi. Identica iniziativa l’Italia dovrebbe adottare anche per gli ingressi via mare. Ce ne sono già troppi delinquenti e terroristi islamici nel nostro martoriato Paese.