L’Italia minata da alcuni giudici. Non è accettabile!

Ci risiamo! Dopo i loro colleghi di Bologna e Roma, anche i giudici del Tribunale di Catania provano a sabotare il piano del Governo Meloni relativo all’uso dei centri per migranti allestiti in Albania mediante un protocollo d’intesa sottoscritto dagli esecutivi di Roma e di Tirana. Non è possibile essere teneri con quelle toghe che intendono sostituirsi illegittimamente al Parlamento e occorre parlare di vero e proprio sabotaggio politico e di manovre anti-italiane. Se si cerca, senza averne il diritto, di ostacolare in vari modi l’azione di un governo che rappresenta l’Italia perché eletto e sostenuto dalla maggioranza dei cittadini, si promuove un’iniziativa anti-italiana, anche se si lavora alle dipendenze dello Stato e si ha la cittadinanza della Penisola. L’atto dei giudici catanesi, i quali, come altri loro colleghi in precedenza, non hanno convalidato la permanenza in Albania di alcuni migranti egiziani e bengalesi, è un nuovo affronto al Governo di stampo politico. L’opposizione parlamentare non riesce a cavare un ragno dal buco e la maggioranza si rivela invece efficace e coerente con quanto promette, quindi, intervengono in soccorso della prima quei settori della magistratura da sempre collaterali delle forze politiche di sinistra e di centrosinistra. Fanno molto male, non a Giorgia Meloni, ma alla Nazione, che sta imboccando la strada giusta verso il contenimento e una migliore gestione della immigrazione clandestina e sta uscendo dal lassismo del passato, portatore di tanti guai. Tuttavia, il bene generale dell’Italia risulta di scarsa importanza per quei magistrati che indossano, sotto alla toga, una casacca politica, rigorosamente di colore rosso. L’essenziale è curare gli interessi di una fazione a discapito di tutto il resto. Lor signori si parano dietro al pretesto della normativa europea che stabilisce quali siano i Paesi sicuri e quali no di provenienza dei clandestini salvati in mare. Se il luogo di origine viene considerato insicuro l’avvio del rimpatrio diventa difficile e l’Italia deve farsi carico degli individui, trasferendoli all’interno dei propri confini dai centri italo-albanesi ed esaminando l’inizio di una procedura di asilo. Le regole europee, secondo le toghe militanti, sarebbero superiori alle disposizioni italiane e pure all’ultimo decreto riguardante i Paesi sicuri varato dal Governo. Addirittura, non ci possono essere dubbi su questo, ma ci troviamo davanti ad una vergognosa forzatura politica ed è sufficiente prestare attenzione alle motivazioni fornite dai giudici di Catania per la loro decisione su alcuni migranti egiziani e bengalesi. Per questi magistrati sia l’Egitto che il Bangladesh non sono posti sicuri. Il secondo è senza dubbio un Paese molto povero, ma non ci risulta che esso sia dilaniato da conclamati pericoli fisici per le persone. In merito al primo, le spiegazioni sono davvero risibili e svelano la natura di una mossa che è solo ideologica e partigiana. L’Egitto è non sicuro perché pratica la pena di morte e non rispetta i diritti umani. Il Paese del presidente Abdel Fattah al-Sisi non sarà un campione di democrazia, non lo era nemmeno con Hosni Mubarak e altri predecessori, ma se dovessimo basarci solo sul livello del pluralismo politico e delle libertà individuali, ci troveremmo costretti a concedere l’asilo almeno a metà del mondo perché i regimi simili o anche ben peggiori di quello di al-Sisi sono purtroppo diffusi quasi ovunque, dal Medio Oriente all’Africa, dall’Asia alle Americhe, in particolare, il Venezuela di Nicolas Maduro. Se puntassimo solo a proteggere la gente dalla pena di morte, faremmo bene ad offrire asilo politico anche ai cittadini americani. O no, cari giudici? Come è risaputo, in diversi Stati USA è in vigore la pena capitale. Per quanto riguarda l’Egitto, non attacca neppure il discorso della o delle guerre in corso. Certo, il Paese delle piramidi confina direttamente con la Striscia di Gaza, ma le operazioni militari israeliane si fermano dove finisce il territorio della Striscia. Davanti ad una manipolazione così evidente delle leggi e della logica, il Governo Meloni fa benissimo a non rinunciare all’utilizzo dei centri di accoglienza situati in Albania e proprio in queste ore sono giunti nella struttura di Gjader nuovi migranti recuperati dalla nave Libra. I centri italo-albanesi sono uno strumento prezioso per la sicurezza nazionale perché permettono di filtrare gli arrivi, scoraggiare i delinquenti e rimandare a casa chi non necessita di particolari protezioni e assistenza. Essi serviranno ancora di più nei prossimi anni perché lo stesso approccio europeo è destinato a cambiare e compariranno nuove normative circa la gestione degli arrivi dei clandestini. L’establishment continentale si è dimostrato finora piuttosto latitante, ciò è incontestabile, ma sembra che lassù, a Bruxelles, si stia iniziando a comprendere l’importanza epocale di porre un freno ai porti aperti e la presidente della Commissione UE, Ursula von der Leyen, ha posto l’accento sulla utilità di creare particolari hub per migranti, proprio come ha fatto l’Italia di Giorgia Meloni. 

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Roberto Penna
Roberto Penna
Roberto Penna nasce a Bra, Cn, il 13 gennaio 1975. Vive e lavora tuttora in Piemonte. Per passione ama analizzare i fatti di politica nazionale e internazionale da un punto di vista conservatore.

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