ll patriarcato è morto e anche il femminismo ideologico non si sente tanto bene

Il rispetto per Giulia e per il suo corpo massacrato dovrebbe quantomeno obbligarci a riflettere su questi tragici fatti con lucidità, lasciando da parte l’opportunismo ideologico perché solo così potremo prendere coscienza della natura del fenomeno ed impegnarci seriamente per scongiurare quante più tragedie del genere.

Perché puntare il dito sul “patriarcato” della famiglia e della società, nel maldestro tentativo di ricondurre la colpa allo Stato, non fa bene alla ricerca di un metodo di contrasto efficace. Troppo spesso si introducono termini a sproposito, per i quali basterebbe solo ricordarne la definizione per capire quanto ci portino distanti dalla realtà: una società patriarcale è una società in cui il potere e l’autorità sono principalmente detenuti dagli uomini e le donne occupano posizioni subalterne o subordinate nella sfera sociale, economica e politica.

Se davvero fossimo liberi da approcci ideologici dovrebbero saltare subito all’occhio le carenze di un simile approccio di pensiero, distante com’è dalla nostra quotidiana esperienza di rapporto tra i sessi, oltre che noncurante di fare qualsivoglia distinzione (di epoca e di luogo).
Se infatti ci fosse un minimo di onestà intellettuale, quelle che oggi additano una società come patriarcale dovrebbero essere le prime a contrastare la pratica dell’utero in affitto (cosa c’è di più patriarcale di un uomo che affitta una donna affinché partorisca un figlio per completare una famiglia omosessuale?).

Beninteso che qui nessuno vuole negare che ci sia stata per secoli una società patriarcale. Veniamo innegabilmente da una società patriarcale nella quale vigevano regole che oggi sono inaccettabili e contro le quali, all’epoca, nessuno controbatteva perché considerate normali. Del resto nelle società patriarcali veniva persino meno il movente per un femminicidio perché l’uomo comandava e la donna obbediva senza nemmeno provare a ribellarsi. E allora bisognerebbe riconoscere che è stata proprio la fine del patriarcato e l’inizio dell’emancipazione della donna che ha fatto smarrire qualche mente arretrata, legata ancora alla cultura della sottomissione della donna. Basta pensare a quanto è cambiata la società dalla generazione dei nostri nonni fino alla nostra, che ha regalato alla donna un ruolo sempre meno marginale. E allora il sospetto è semmai quello che le donne, troppo spesso, paghino per la libertà guadagnata e che ci sia una questione ancora più ampia, dove coesistono ancora vecchi retaggi culturali, forse inconsapevolmente tramandati ai figli, ma anche un ruolo più debole della famiglia, incapace troppe volte di imporre divieti ma anche di dare sostegno, persino quando non è richiesto, e di cui si ignora la necessità.

Se devo parlare chiaramente, di fronte a tragedie del genere, nessuno è privo di colpe, anche se capisco che dare la colpa genericamente allo Stato (senza peraltro argomenti concreti a supporto) allontani il rimorso, quella vocina che dice che forse qualcosa poteva esser fatta prima, che un rapporto malato va sempre “attenzionato”, anche dalle rispettive famiglie o dagli amici che ne vengono a conoscenza, che nessuna richiesta di aiuto deve essere più sottovalutata o persino ignorata, che nessun operatore sanitario possa più chiudere un occhio di fronte ad una caduta dalle scale sospetta o all’occhio nero battuto in uno spigolo. Che nella valutazione di un intervento (fatto, va detto, con le poche risorse disponibili) una donna picchiata in strada meriti un’attenzione particolare, che il magistrato inadempiente che non assegni priorità alla denuncia di un abuso domestico subisca l’avocazione del fascicolo da parte del procuratore capo (come si prevede nel ddl Femminicidio), e che i genitori, in attesa di una educazione che per merito del Governo partirà dalle scuole, al fine di fornire ai giovani studenti quegli strumenti che gli permettano di vivere una relazione quanto più equilibrata, non deleghino ad altri il sacrosanto ruolo che gli spetta.
Perché se le leggi sugli abusi di genere ci sono, (e sono equiparabili ai reati mafiosi) significa che non bastano come deterrenti, significa che bisogna lavorare su un circuito intero, che ci coinvolge in prima persona, significa che serve alzare l’allerta sociale, far parte di un meccanismo che ci vede impegnati.

È questo che merita Giulia: uno sforzo molto più complesso che un dibattito asfittico e ideologico sul patriarcato.

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Letizia Giorgianni
Letizia Giorgianni
O te ne stai in un angolo a compiangerti per quello che ti accade o ti rimbocchi le maniche, con la convinzione che il destino non sia scritto. Per il resto faccio cose, vedo gente e combatto contro ingiustizie e banche. Se vuoi segnalarmi qualcosa scrivimi a info@letiziagiorgianni.it

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