La conferenza dell’Onu sul clima che si sta svolgendo a Baku si è trasformata in un film comico, anche le personalità più improbabili hanno diritto di dire tutto e il contrario di tutto, basta che si parli della transizione green tanto cara alle organizzazioni internazionali. E allora l’Iran accusa le sanzioni comminate al regime degli ayatollah per abusi dei diritti umani, attività di proliferazione nucleare e sostegno militare alla guerra di aggressione della Russia contro l’Ucraina, di “rallentare la transizione ecologica”. Il summit Onu è stato aperto dal presidente dell’Azerbaigian, Ilham Aliyev, che definisce petrolio e gas “doni di Allah” e ha accusato Francia e Olanda di oppressione verso i loro territori distaccati come la Corsica: “stanno soffrendo a causa del dominio coloniale”. Lo stesso Aliyev governa il Paese azero da 21 anni senza soluzione di continuità e ha appena ripulito la regione del Nagorno-Karabakh di 100mila armeni. Dulcis in fundo alla Cop29 partecipano anche i talebani, prima volta da quando sono tornati al potere nel 2021. Da Baku Matuil Haq Khalis, capo dell’agenzia per la protezione dell’ambiente afghana, afferma che “tutti i Paesi devono collaborare e affrontare il problema del cambiamento climatico”. Il talebano paladino dell’ambiente chiede collaborazione internazionale per sviluppare il “grande potenziale per l’energia eolica e solare” che il suo paese avrebbe. Intanto, in collaborazione con la Cina, stanno lavorando per accaparrarsi gli investimenti ecologici che la comunità internazionale aveva previsto per l’Afghanistan. In nome della biodiversità viene accettato tutto: violazione dei diritti umani, guerre di aggressione, sostegno a conflitti in altri Paesi, autoritarismo ecc. Basti pensare che lo scorso giugno l’inviata speciale delle Nazioni Unite, Roza Otunbayeva, ha accettato che non ci fossero donne all’incontro con i talebani a Doha. Insomma la segregazione delle donne può essere tollerata, le priorità sono altre, non conta che quest’ultime con il regime afghano non possano studiare, andare in giro senza l’accompagnamento dell’uomo, lavorare e siano costrette a vivere come schiave del proprio partner o della propria famiglia, considerate buone solo per generare figli e sfamare il padrone. Per non parlare della repressione della donna in Iran, Teheran ha annunciato l’apertura di una “clinica per curare chi vuole rimuovere il velo” che si occuperà di “trattamenti scientifici e psicologici”, annuncio delle autorità iraniane arrivato dopo il trasferimento in un ospedale psichiatrico di Ahou Daryaei, studentessa universitaria arrestata dopo essersi spogliata in seguito all’aggressione degli agenti di sicurezza del campus, “rea” di aver violato le disposizioni sull’hijab.
Forse, invece di annoiarci con i discorsoni sul clima pronunciati da chicchessia, l’Onu prima dovrebbe occuparsi delle condizioni di vita, soprattutto delle donne, in alcuni Paesi. Ma in nome della transizione green tutto il resto è noia.