Correva l’anno 2006 quando Vittorio Feltri e Renato Brunetta pubblicarono un volumetto dal titolo davvero interessante: “Tutte le balle su Berlusconi. Manuale di conversazione politica”. Il testo, che ebbe notevole fortuna, mirava a smontare tutte le falsità che la sinistra aveva costruito circa l’operato berlusconiano di governo, cercando di dimostrare che quelle che venivano additate nei confronti dell’avversario politico – in questo caso Berlusconi – erano per l’appunto balle.
L’anno prima, nel 2005, Luca d’Alessandro dava alle stampe “Berlusconi ti odio”; nel libro venivano riportate con dovizia di particolari tutte le offese che la sinistra rivolgeva nei confronti dell’ex premier. Poi fu la volta di Matteo Salvini, criticato perché populista, poi perché sovranistra e poi non si sa bene per cosa. La cosa che conta è criticare perché se si smette di farlo – è questa infatti il pensiero di chi sta a sinistra – poi che si fa? Se manca un programma, se manca una visione di futuro, se manca una progettualità, non resta che denigrare chi propone invece di cambiare in meglio il Paese.
Ora tocca a Giorgia Meloni, criticata aspramente da più parti per qualsiasi cosa faccia. Prendiamo il caso dei vaccini. Il leader di Fratelli d’Italia si era detto fin dall’inizio favorevole a questa misura pur presentando – com’è giusto che sia – delle perplessità sulla gestione governativa della pandemia. La sinistra ha preferito attaccarlo perché non ancora vaccinato, addossandogli delle posizioni no vax inesistenti. Poi la Meloni si è vaccinata, tra l’altro la vaccinazione era prenotata da tempo, e neppure questo è andato bene perché lei resta contraria al green pass all’italiana, lesivo delle libertà individuali così come è pensato, mentre è favorevole a quello europeo per incentivare il turismo.
Perché dunque così tanto livore da parte della sinistra nei confronti dell’avversario politico – o per usare un termine caro a molti – del nemico? Perché tanta paura che chi ha più voti possa un giorno governare? Non è questa forse la democrazia dell’alternanza?
Noi crediamo di sì, ma al tempo stesso crediamo anche che chi oggi non riconosce il successo di Giorgia Meloni e di Fratelli d’Italia soffra di una miopia assai evidente. Se prendiamo il caso del Pd, il segretario Letta, dopo il dibattitto sul ddl Zan, non ha più nulla da dire e il suo ruolo è confinato a qualche uscita estemporanea. Si tratta dunque di un partito privo di guida e privo di identità, dove l’identità è qualcosa di fondamentale per chiunque desideri costruire in politica un progetto stabile e duraturo. La sinistra invece detesta la creazione di una leadership forte perché teme la stabilizzazione dell’uomo (o della donna) solo al comando.
Ecco perché l’avversario viene colpito in ogni dove, dissacrando ove possibile quello che i politologi chiamano “il corpo del capo”. Eppure è sempre un capo – o meglio un leader – che guida la truppa, è sempre un capo che fornisce la direzione in cui andare. Se manca questo manca tutto. La sinistra lo sa ma non lo vuole ammettere. Peggio per loro.