La 50esima edizione del Forum Ambrosetti di Cernobbio si è aperta con l’intervento del premier ungherese Viktor Orban, il quale guida anche la presidenza di turno della Unione Europea. Orban non è mai banale e scontato, ciò che afferma attira sempre l’attenzione, dei simpatizzanti e dei detrattori, e le parole pronunciate a Cernobbio non hanno fatto eccezione. Il primo ministro di Budapest ha rivendicato la vicinanza ideale con Giorgia Meloni e ha definito la premier italiana come la propria “sorella cristiana”. In effetti, fra il conservatorismo di Fratelli d’Italia e quello di Viktor Orban vi sono molti punti in comune, evidenziati dal leader magiaro proprio a Cernobbio. Orban ha puntato il dito contro diverse politiche di un certo establishment europeo che sono contrastate anche da Palazzo Chigi e dalla destra italiana. Per esempio, la gestione lacunosa dell’immigrazione clandestina e della protezione dei confini esterni della UE, che è causa di tensioni sociali e rischia, come ha avvertito Orban, di disintegrare il continente. In tanti anni, la Commissione europea e quelle leadership più vicine all’esecutivo UE, prime fra tutte quelle francesi e tedesche, hanno ignorato i grandi pericoli portati da una immigrazione senza regole proveniente dall’Africa e manovrata da bande criminali, scaricando il dramma sui Paesi del Mediterraneo, in particolare sull’Italia. Le coste italiane, grazie alle politiche del Governo Meloni e come viene certificato da dati ufficiali e incontrovertibili, stanno assistendo adesso ad un calo degli sbarchi, ma alcuni leader europei hanno bisogno di fatti dirompenti per rendersi conto di dover cambiare approccio. E’ dovuto succedere l’attentato di Solingen, ad opera di un ragazzo siriano che aveva ricevuto l’ordine di espulsione, ma si trovava ancora in Germania, per convincere il cancelliere Olaf Scholz ad annunciare nuove misure circa l’immigrazione. Viktor Orban si è espresso altresì duramente contro il Green Deal e la cosiddetta transizione ecologica che stanno a cuore a Ursula von der Leyen, e a tal proposito, il premier ungherese sfonda una porta aperta con Roma. Orban si è confrontato con i principali produttori europei dell’industria automobilistica ed ha ascoltato solo enormi perplessità, per non dire una netta contrarietà, verso il tentativo politico di una elettrificazione di massa della mobilità. Stanno circolando notizie secondo le quali numerose Case automobilistiche, non solo europee, starebbero perdendo quantità indescrivibili di denaro per ogni veicolo elettrico prodotto e alcune di queste si sarebbero già convinte di abbandonare il mercato delle e-car. Perché, si chiede Orban e ci chiediamo anche noi, continuare e soprattutto obbligare a questa follia? Perché non si preferisce diversificare l’offerta fra mezzi elettrici e veicoli a combustione? Anche all’Ungheria, come all’Italia, non sono affatto piaciuti i metodi che hanno condotto alla rielezione di Ursula von der Leyen alla presidenza della Commissione europea. Una linea politica bocciata nelle elezioni europee si è riproposta al vertice con un’operazione di Palazzo e mediante il sostegno di partiti continentali sconfitti a livello elettorale, a parte il PPE. Insomma, non sono poche le convergenze fra Viktor Orban e Giorgia Meloni ed esse, come ha ricordato il premier ungherese, possono permettere di rafforzare un proficuo lavoro comune e un’idea di Europa diversa da quella degli Emmanuel Macron e degli Scholz. Aggiungiamo pure la stessa battaglia a difesa dell’identità del Vecchio Continente e delle sue radici culturali e religiose, contro le degenerazioni woke e gender. Non a caso, Giorgia Meloni è per Orban una sorella cristiana. Tuttavia, le varie affinità non devono impedire di commentare tutte le affermazioni del premier d’Ungheria, anche quelle più discutibili che condivisibili, almeno dal punto di vista prettamente italiano. Viktor Orban ha posto l’accento sul bisogno di un incontro fra Vladimir Putin e Volodymyr Zelensky per raggiungere la pace in Ucraina, un rendez-vous che non è impossibile per il leader magiaro. Secondo Orban le tappe dovrebbero essere queste: prima il cessate il fuoco, poi lo sviluppo di un dialogo fra Kiev e Mosca, e fra l’Occidente ed entrambi, senza preclusioni verso la Russia, infine, un piano di pace. I due principali contendenti sono loro, Putin e Zelensky, e non c’è dubbio che sia auspicabile la realizzazione di un faccia a faccia tra i due, ma, è bene ricordarlo, non vi potrà essere alcun confronto pulito e serio fino a quando Putin e pure il suo guardaspalle Dmitrij Medvedev continueranno a pretendere un esito che non può essere definito come “pace” perché mirato soltanto a soddisfare buona parte delle istanze russe e a ricercare di fatto la resa di Kiev. Finché Zelensky sarà per la Russia un “nazista” da schiacciare come uno scarafaggio, risulterà complicato organizzare un summit fra il presidente ucraino e quello della Federazione russa. Ben venga mettere al primo posto il cessate il fuoco, ma la necessità di far tacere anzitutto le armi deve essere spiegata in prima battuta al Cremlino. Se l’esercito russo si ferma, magari abbandonando quelle postazioni che detiene illegalmente, si fermano in contemporanea anche le operazioni delle Forze Armate ucraine, inclusi gli aiuti occidentali. Non è vero, come ritiene Orban, che entrambe le parti abbiano interesse ad allungare ancora e il più possibile la guerra, perché ritengono, sia Kiev che Mosca, che il tempo giochi a loro favore, ed è sbagliato equiparare aggrediti ed aggressori. Gli Stati Uniti e l’Europa non si sono mai dichiarati in guerra con la Russia e i canali diplomatici, in particolare fra la Casa Bianca e il Cremlino, non hanno subìto finora interruzioni totali, quindi, tutto ciò è un segnale chiaro dell’assenza di chiusure aprioristiche verso Mosca. Semmai, sono stati i frequenti toni ultimativi di Putin e Medvedev ad aver allontanato sempre più la Federazione russa da Washington e Bruxelles. A margine del Forum Ambrosetti, Viktor Orban si è intrattenuto con i cronisti e ha parlato della vicenda di Ilaria Salis, finita agli arresti in Ungheria e poi candidata ed eletta al Parlamento europeo con Alleanza Verdi e Sinistra. Dare una poltrona parlamentare ad una persona che si è macchiata di violenze di piazza per salvarla, in sostanza, dalle conseguenze penali dei propri atti, fa parte, ad avviso di Orban, dello stile italiano, non di certo di quello ungherese. Qui, dobbiamo contraddire in pieno il primo ministro, che ha sviluppato una generalizzazione poco simpatica. Lo stile di presentare come vittima una donna impegnata in una militanza politica ai limiti della legalità e offrirle un vergognoso salvacondotto parlamentare, non è dell’Italia, bensì di una parte di essa oggi, per fortuna, minoritaria, (le sinistre, dal Partito Democratico a AVS), la quale è forcaiola con gli avversari, ritenuti peraltro come dei nemici da abbattere con mezzi più o meno leciti, ma protettiva e garantista con le proprie ali estreme e violente. Se fosse stato solo per Giorgia Meloni, il Governo e Fratelli d’Italia, non si sarebbe andati oltre alla richiesta di umanizzare la detenzione di Ilaria Salis, comparsa in Tribunale con guinzaglio e catene. Però, per quanto indecorosa a livello morale e politico, l’operazione di AVS a favore dell’ex insegnante elementare di Monza prestata all’estremismo di sinistra si è rivelata inattaccabile sul piano legale, e se in Ungheria un partito simile a quello di Angelo Bonelli e Nicola Fratoianni si rendesse responsabile di una uguale e censurabile candidatura, anche Viktor Orban, come è capitato in Italia, potrebbe fare poco per impedire lo scempio.
Il nodo con la politica di Orban è uno solo: l’opportunismo di Orban verso la Russia, dalla quale dipende per le forniture energetiche, e per il quale antepone il vantaggio economico per il costo della vita degli ungheresi ad una visione strategica di difesa delle democrazie verso la dittatura.
Opportunismo “peloso”, si direbbe. Non è che nasconde, dietro motivi economici, una simpatia verso le dittature?
Non lo penso, ma lo fa pensare.
D’altra parte questo atteggiamento “peloso” non è il solo. L’Ungheria è largamente debitrice verso l’UE.
L’Italia ad esempio versa all’UE più di quanto riceve, e questo è un argomento di cui il nostro Governo è consapevole, e cerca di rinegoziarlo con la richiesta di un maggiore peso politico.
Ma l’Ungheria si trova in situazione contraria, di ricevere dalla UE molto più di quanto dà.
Sputa nel piatto dove mangia?
Una maggiore solidarietà in politica estera sarebbe un gesto opportuno. Non puoi avere moglie ubriaca e cantina piena. Non puoi essere buon clientte della Russia per gas e petrolio e buon cliente della UE per i fondi di sviluppo.
Dove sta tutta questa integrità?
Con affetto
Alessandro
Non ho mai avuto pregiudizi nei confronti di Orban, ma spesso, in effetti caro Alessandro, fa pensare. Tenere il piede in due scarpe non va sempre bene.