Grembiuli uguali per tutti, nessuna distinzione tra il blu dei maschietti e il rosa delle femminucce: dalla provincia di Lecce arriva l’ennesima prova che il wokismo sta tentando di invadere la nostra società. Quella teoria woke che si fa dottrina quando incontra i più giovani, carne da macello per rendere il mondo un posto di migliore. Se con posto di migliore, intendiamo un mondo privo di diversità e dei tanti io che oggi popolano la Terra: un mondo, insomma, totalmente immerso nell’omologazione tra lui e lei. Una teoria che neppure George Orwell era riuscito a immaginare nel suo “1984”, che neppure il filosofo José Ortega y Gasset era riuscito a formulare nei suoi studi sulla società di massa. A ben vedere, neppure il padre dell’omologazione, Karl Marx, ci era riuscito: la sua omologazione era di tipo economica, tutti uguali in fatto di salario e proprietà, e nessuno avrebbe avuto la possibilità di far valere le proprie doti personali per andare oltre ciò che gli veniva imposto dall’alto. Ora, le teorie woke vanno ben oltre: l’omologazione è prima personale, riguarda l’io umano, addirittura l’io biologico. Annullando la prima grande diversità dell’essere umano, quella tra uomo e donna, sarà più semplice omologare bisogni, gusti, pensieri delle persone, appiattendo le individualità a un unico prototipo standard.
La politica che entra nelle scuole
Quello che è successo in provincia di Lecce è parte di questa visione. In un istituto comprensivo di Salice Salentino e Guagnano, comuni della provincia di Lecce, si è deciso di eliminare i classici colori dei grembiuli dei bambini più piccoli. Nessun rosa, nessun blu: tutti, da settembre, indosseranno lo stesso colore. E il colore scelto è un verde che non serve un genio a ricondurre a un’altra grande branchia del mondo woke. Per il dirigente scolastico dell’istituto, la volontà è quella di indirizzare i giovani a una “mentalità più aperta e inclusiva, preparando cittadini e cittadine consapevoli e sensibili alle tematiche di genere, requisiti cruciali per la costruzione di una società più equa e rispettosa”. Il dirigente, tuttavia, non può rivendicare per sé la paternità dell’iniziativa: dietro tutto questo, vi è una Commissione comunale per le “Pari opportunità, politiche di genere e diritti civili”. E senz’altro, essendo tra le priorità di una cittadina di provincia del Meridione, si è impegnata per inventarsi un nuovo progetto. Ma così facendo, dà ancora una volta dimostrazione che è la politica che vuole addentrarsi nelle scuole, che il programma woke diventa, come detto, dottrina e indottrinamento quando incontra i più giovani, in questo caso giovanissimi, ancora facili da modellare.
È la strada giusta?
Ovviamente c’è chi a questa proposta si è opposto. Nel corpo docenti qualche voce contrastante e in disaccordo si è sentita. Ma il dato è che la proposta è passata. Tutto per “superare gli stereotipi di genere fin dall’infanzia, promuovendo – fa sapere la commissione – una cultura inclusiva dove ogni bambino si senta libero di esprimere la propria identità senza vincoli legati al colore”. Ma, partendo dal far notare che ormai un dato biologico e naturale, quello della distinzione tra maschio e femmina, viene trattato come uno stereotipo, siamo sicuri che omologando, si esalti la diversità? Siamo sicuri che omologando, non si opprimano le personalità e si raggiunga, invece, il risultato opposto, cioè l’esasperazione delle divergenze? È solo l’ultimo, inquietante passo verso un mondo privo di differenze e di personalità: tanti bambini che non si distingueranno tra loro e vedranno nell’altro un’esatta proiezione di sé. La vedranno loro e la vedrà chiunque altro, anche chi magari sfrutterà l’omologazione a suo vantaggio. E nel passato troviamo validi esempi. Perché se anche la scuola, come una società sempre più globalizzata, omologherà stili di vita e bisogni, allora sarà molto più facile indirizzare le masse dove meglio si crede. E lo studio non sarà più l’arma per sconfiggere i potenti: tutti istruiti ma ignoranti.
Quando ero bambino io si usavano i grembiulini a scuola. La scuola elementare era divisa in maschile e femminile, e dopotutto penso sia stato un bene avere unificato questa anacronistica divisione per sesso dei bambini. Però i grembiulini erano tutti uguali, per l’esattezza tutti neri, per maschi e per femmine.
C’era allora un motivo pratico, che con il verde non regge: i bambini giocano, magari cascano per terra o toccano l’inchiostro (già, l’inchiostro…) e quindi con il nero lo sporco si vede meno.
Quindi posso apprezzare il grembiulino unificato, ma consiglierei il nero.
O sembrerebbe neo fascista? Ma anche i preti hanno la divisa nera, è il colore più neutro.
Con affetto
Alessandro