M5S agli sgoccioli, gli interessi intorno ai due milioni di euro del partito: altro che anti-casta…

La collaborazione tra Beppe Grillo e Giuseppe Conte sembra essere ormai agli sgoccioli. Un’amicizia che non è mai fiorita del tutto, rimasta incompleta come una storia d’amore estiva, che avrebbe potuto ma non è stata. E proprio in estate il flirt tra il mitico fondatore e l’ex premier sta terminando. Un po’ come accade nelle coppie più facoltose: è colpa dei soldi.

Due milioni di euro

Se infatti i militanti del Movimento sono impegnati a litigare sul possibile nuovo nome, sul possibile nuovo simbolo, sul limite dei due mandati, il vero contenzioso tra le due fazioni riguarda i circa 2 milioni di euro che il Movimento si ritrova a gestire. 2 milioni di euro incassati nel 2023 e provenienti dal sistema del 2 per mille e dai contributi di parlamentari e di privati. Conte ha a suo favore l’essere l’unico rappresentate legale dell’associazione M5s, registrata nel 2017 a cui è rivolto il 2 per mille e che, inoltre, detiene i diritti per l’uso del nome del logo del partito. Essendo anche presidente della suddetta associazione, Conte dovrebbe avere garantito il libero accesso ai 2 milioni di euro, ma Grillo potrebbe avere a disposizione più di qualche colpo in canna. In primis, facendo valere la tesi secondo la quale i soldi del 2 per mille non sono indirizzati realmente all’associazione, ma al partito. A questa questione, si lega quella del nome e del simbolo del partito: le cinque stelle sono un fardello per Conte, di cui a quanto pare vorrebbe sbarazzarsi, specialmente per il fatto che Grillo, secondo pure le sentenze dei tribunali aditi, detiene la facoltà di usarle liberamente. Ma modificarli equivarrebbe a consegnare i 2 milioni di euro all’ex comico. La seconda cosa a favore di Grillo è poi l’amicizia del tesoriere del partito, Claudio Cominardi, che dunque potrebbe limitare l’utilizzo dei fondi da parte dell’avvocato di Volturara Appula.

Tappa obbligata

È dunque un grosso rompicapo che gira tutto intorno ai soldi. Altro che partito anti-casta: gli interessi, qui, dilaniano il partito nato contro i loschi guadagni della politica. Ipocrisia bella e buona, e dotata pure di un piano per far distogliere l’attenzione degli altri militanti verso altro, verso questioni meno importanti. Come quella del limite ai due mandati, che è un’altra problematica chiaramente ipocrita: tutti quei rappresentanti che hanno ricoperto incarichi accogliendo di buon grado la misura anti-casta, per così dire, autoprotettiva, ora si sono resi conto che la loro fame di potere non poteva essere esaurita in dieci anni. Si racconta di un Roberto Fico, ex presidente della Camera, successore di Laura Boldrini (ah, che annate…) sempre più sul piede di guerra per ritornare in campo. E anche Paola Taverna, fatta fuori per lo stesso motivo, ma ancora ufficialmente vicepresidente del partito, sembra aver abbandonato la linea grillina per unirsi a quella contiana. Ma su questo Grillo è categorico: il limite dei due mandati deve rimanere intatto. Toninelli, ex ministro dei governi Conte, dice di preferire chi, tra i favorevoli al terzo mandato, “Lo dichiarasse apertamente, piuttosto che nascondersi dietro tattiche opportunistiche”, ed è dunque faida interna anche sulle questioni “minori” e lontane dai famosi 2 milioni di euro. Grillini e contiani ora litigano come fossero un Pd qualunque: litigare e dividersi è la tappa (finale) obbligata di ogni partito di sinistra.

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