Made in Italy, Rampelli (VpC-FdI): per il mercato internazionale vale il termine in inglese nessuna contraddizione con mia Pdl tutela lingua italiana

“Come già ho avuto modo di dichiarare nei mesi passati, incoraggiando il Parlamento a esaminare con urgenza le mie proposte di legge in difesa della lingua italiana, la denominazione Made in Italy, come altre ricorrenti e abituali definizioni indirizzate al mercato internazionale, fa ovviamente per questa ragione eccezione. Non si tratta affatto di svista o contraddizione, come maliziosamente hanno insinuato oggi deputati del M5S e di IV chiedendo un diverso titolo per il Disegno di legge proposto dal governo dal titolo: “Disposizioni organiche per la valorizzazione, la promozione e la tutela del Made in Italy”. È fin troppo banale ricordare che all’estero i prodotti di tutte le nazioni vengono marchiati con la definizione “Made in”, utilizzando il veicolo più conveniente per la tutela degli interessi commerciali, cioè la lingua dominante che oggi è l’inglese. Quindi, mentre Jobs Act e Spending review con precedenti governi rappresentavano evidenti e gratuite forzature idiomatiche in questo caso ritengo corretto l’utilizzo di ‘Made in Italy’. Resta l’appello a maggioranza e opposizione, agli uffici e agli amministratori delle società partecipate di utilizzare la nostra lingua madre, non solo per ragioni identitarie, ma anche per rendere la democrazia accessibile a tutti”.

È quanto afferma il vicepresidente della Camera dei deputati Fabio Rampelli di Fratelli d’Italia in replica alle dichiarazioni della deputata di Italia Viva Maria Elena Boschi che ha presentato un emendamento per cambiare il nome al ministero delle Imprese e del Made in Italy nel corso dell’esame in aula del disegno di legge disposizioni organiche per la valorizzazione, la promozione e la tutela del made in Italy.

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