Madri e in carriera, Giorgia e Ginevra rompono i tabù dei benpensanti

Quando Giorgia Meloni è arrivata a Palazzo Chigi, è stato un segnale per tutto il mondo femminile e femminista, che pure la avversa. Per quel mondo delle quote rosa, che oltre alla piena e sacrosanta attuazione dell’articolo 3 della Costituzione, dei principi di uguaglianza formale e sostanziale, vorrebbero occupare spazi non per merito ma solo in quanto donne. Il che è un favore al mondo degli ultimi decenni, perché va a finire sempre che sono gli uomini di potere a concedere paternalisticamente qualcosa alle donne. Giorgia Meloni, invece, prima ha scalato i vertici del partito di cui è presidente, poi si è presa la guida per la Nazione: tutto con merito, godendo del favore di militanti e cittadini. E ora, nella Sala delle Donne di Palazzo Montecitorio, inaugurata dall’allora presidente della Camera Laura Boldrini e raffigurante i volti delle prime donne a ricoprire le maggiori cariche dello Stato, compare l’immagine di Giorgia Meloni, sopra alla targhetta: “Presidente del Consiglio”.

È un messaggio per tutte le donne. Per tutte quelle donne “normali”, che sono donne e madri e che portano avanti la loro carriera. Tra gli obiettivi di questo governo, infatti, compare in prima linea quello di eliminare quel bivio davanti al quale si ritrovano ancora troppe donne, e in generale troppi genitori: scegliere tra professione e famiglia. E già soltanto il fatto di essere diventata premier, era un segnale che quella scelta, così difficile, non doveva essere affrontata per forza, che si poteva essere contemporaneamente una donna in carriera e una madre. La visita in Cina di Giorgia Meloni lo dimostra: sul tappeto rosso che il cerimoniale cinese ha riservato alla premier, sfila al suo fianco anche Ginevra, sua famiglia. Trecce ai capelli e pantaloncini, tutta la dolcezza di una bambina di sette anni. Stringe la mano al primo ministro cinese Li Qiang. E Giorgia Meloni lo dice chiaramente ai giornalisti: “Ho portato mia figlia in Cina per dimostrare che il lavoro non è incompatibile con la maternità”.

Ma anche questo ha dato vita, come sempre, a delle polemiche. Intervistata a Chi, la premier si è mostrata sorpresa per le lamentele dei detrattori pronti a giudicare qualsiasi cosa: “Mi fa sorridere – ha detto – che certe persone si ritengano moralmente così superiori da poter insegnare a una madre come crescere la propria figlia. Io invece penso che ogni mamma sappia cosa sia meglio per la sua prole e debba scegliere in libertà. Ma c’è di più, è anche una sfida culturale che riguarda tutte le donne: penso che, se io, che sono presidente del Consiglio, riesco a dimostrare che il mio incarico è compatibile con la maternità, allora non ci saranno più scuse per quelli che usano la maternità come pretesto per non far avanzare le donne sul posto di lavoro”. Ma, a quanto pare, c’è ancora molto da lavorare, contro un mondo che non è maschilista ma ideologico, un mondo in cui tra le grandi avversarie di Giorgia Meloni ci sono le femministe. Un mondo in cui alla prima premier donna della storia italiana, viene accusato di essere “un passo dietro gli uomini”. L’esempio e il lavoro di Giorgia Meloni, tuttavia, vanno in una direzione diversa: verso un mondo in cui essere madre non è più un tabù, e in cui nessuno fa la morale su come si crescono i figli altrui.

Questo sito usa Akismet per ridurre lo spam. Scopri come i tuoi dati vengono elaborati.