Maduro afuera!

Il socialismo bolivariano, dedicato a Simon Bolivar, rivoluzionario venezuelano anticolonialista e antispagnolo, e costruito in Venezuela da Hugo Chavez, predecessore e padre politico dell’attuale presidente-dittatore Nicolas Maduro, scomparso prematuramente nel 2013, sarà ricordato nella Storia per avere distrutto, sia in termini economici che politici, un Paese dal passato prospero e ricco di petrolio. In un tempo gli italiani emigravano in Venezuela, oltre che in Argentina, e tutt’oggi molti venezuelani hanno origini tricolori, ma se fosse possibile, nell’epoca corrente avverrebbe l’esatto contrario, con migrazioni di massa dalla Repubblica bolivariana all’Italia. Venticinque anni di chavismo hanno ridotto il 52 per cento della popolazione venezuelana in condizioni di povertà estrema, generato una crisi finanziaria inarrestabile, bloccato la circolazione di prodotti di prima necessità e medicinali di base, aumentato in modo drammatico la disoccupazione a causa della chiusura di società e imprese private, allontanato, secondo i dettami del socialismo anti-imperialista, gli investitori stranieri. La democrazia in Venezuela è stata di fatto sostituita da una dittatura di stampo comunista, che programma e lascia svolgere, per carità, le elezioni, ma poi, come stiamo vedendo in questi giorni,  non ne rispetta sistematicamente l’esito. Hugo Chavez, dalla salita al potere nel 1999 sino alla sua morte provocata da un cancro, non perse mai, guarda caso, un’elezione e il suo volto campeggiava in tutte le strade di Caracas e di altre città del Paese, oltre a venire proposto e riproposto di continuo dalle televisioni. L’iper-presenzialismo mediatico di Chavez era simile a quello di altri noti dittatori rossi, da Fidel Castro alla “dinastia” Kim della Corea del Nord. Lo scomparso fondatore del socialismo bolivariano, essendo un poco più intelligente di Maduro, riusciva però, nonostante i fallimenti economici e sociali del suo regime, a mantenere l’immagine del vendicatore degli oppressi e a conservare una certa popolarità presso i ceti più disagiati. Il successore Nicolas Maduro ha proseguito l’opera dittatoriale comunista del proprio genitore politico, ma, possedendo meno neuroni cerebrali del defunto Chavez, ha aumentato il livello della repressione del dissenso perché forse è l’unica cosa in cui può primeggiare. Chi non è in grado di argomentare offende o aggredisce fisicamente l’interlocutore. Per molti aspetti, Maduro è più pericoloso di Chavez perché la sua ignorante tracotanza lo porta a preservare la sua posizione a tutti i costi, anche di fronte all’evidenza che dice altro rispetto alla  propaganda ideologica del regime e con il rischio di incendiare tutto il Venezuela. Durante il braccio di ferro istituzionale con il presidente dell’Assemblea nazionale, il Parlamento di Caracas, Juan Guaidò, sono state arrestate o fatte sparire in qualche modo molte persone, anche solo sospettate di collaborazionismo con l’opposizione parlamentare che tentava di ostacolare il dominio autoritario di Nicolas Maduro. Oggi, ci risiamo e la crisi contemporanea potrebbe assumere contorni ancora più drammatici di quelli dello scontro con Guaidò. Maduro si proclama vincitore delle elezioni presidenziali di qualche giorno fa, ma, al netto di coloro i quali, come la Russia di Putin, hanno bisogno dei socialisti bolivariani in Venezuela in funzione anti-USA, nessuno, nelle Americhe e in Europa, crede a tale risultato e si va dalla percezione circa procedure di spoglio poco limpide a vere e proprie prove riguardanti una innegabile frode elettorale. L’Organizzazione degli Stati americani, (Osa), non si esprime sul voto venezuelano perché registra troppe irregolarità. Gli Stati Uniti, accompagnati da Panama, Argentina, Uruguay, Ecuador e Costa Rica, riconoscono ufficialmente come vincitore delle Presidenziali il candidato dell’opposizione Edmundo Gonzalez Urrutia, che, in base a verifiche ed analisi imparziali, ha in realtà superato il presidente uscente. Nemmeno il Cile accetta la riconferma di Maduro così come viene raccontata dal regime di Caracas, e a Santiago non governa un estremista di destra in combutta con gli USA, (i bolivariani di Nicolas Maduro dicono di essere oggetto di una persecuzione combinata fra le destre latinoamericane e la Casa Bianca), bensì un presidente socialista e di sinistra. Dopo l’incontro svoltosi fra il presidente francese Emmanuel Macron e la nostra premier Giorgia Meloni, Italia e Francia, insieme a Germania, Paesi Bassi, Polonia, Portogallo e Spagna, hanno sottoscritto una dichiarazione congiunta nella quale chiedono alle Autorità venezuelane trasparenza e correttezza nel processo elettorale, quindi, di pubblicare tutti i registri del voto al fine di confermare o meno la veridicità della riconferma di Nicolas Maduro. Quest’ultimo e i suoi pretoriani o riescono, con documenti credibili alla mano, a dimostrare al mondo di avere ragione, oppure, spariscano il prima possibile, evitando almeno alla loro Nazione, che di problemi ne ha già tanti, inutili e terribili bagni di sangue. Purtroppo, è difficile che un personaggio come Maduro sia colto ad un certo punto da ragionevolezza, ed è più probabile che prosegua la violenta repressione verso le proteste di piazza organizzate dalle opposizioni. Il numero degli arrestati è già arrivato a duemila e l’avvocato penalista, esperta in diritti umani, Tamara Sujù Roa denuncia sui social le azioni violente di gruppi semi-clandestini pro-Maduro ai danni di privati cittadini. Il leader bolivariano si è fatto in pratica i suoi squadroni della morte e li usa, come fanno i dittatori, per impaurire e dominare così il popolo. Maduro può essere tentato dal tanto peggio, tanto meglio, nella speranza di uscirne indenne, come è successo dopo il combattimento istituzionale con Juan Guaidò. 

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Roberto Penna
Roberto Penna
Roberto Penna nasce a Bra, Cn, il 13 gennaio 1975. Vive e lavora tuttora in Piemonte. Per passione ama analizzare i fatti di politica nazionale e internazionale da un punto di vista conservatore.

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