Malan a Il Tempo: «Senatori a vita? Sistema retaggio della monarchia. Per FdI ora solo persone scelte dagli italiani»

«Un’assemblea elettiva deve essere composta da persone scelte dagli Italiani. Si può superare un sistema che ripercorre i tempi della monarchia, quando il Senato era di nomina regia». Lucio Malan, presidente dei senatori di Fratelli d’Italia, spiega, nel dettaglio, i motivi della più recente battaglia della sinistra italiana: la difesa dei senatori a vita.

La riforma voluta dal centrodestra prevede l’abolizione dei senatori a vita. Perché li considerate superati?

«Quando ci fu la riduzione del numero dei parlamentari non si toccò affatto il numero dei senatori a vita. Fu un errore. Ed oggi sono, in proporzione, assai più numerosi che nel recente passato. Con tutto il rispetto per le figure di prestigio, se si viene in Aula due volte in dieci anni in Parlamento, è evidente che l’apporto dato sia assai limitato».

 Il centrosinistra ha presentato numerosi emendamenti per mantenerli. Qual è il motivo di questo accanimento?

«All’inizio ho visto questi emendamenti solo in un’ottica ostruzionistica. Poi ho ascoltato le argomentazioni durante gli interventi e, onestamente, sono rimasto basito. Prendiamo il Movimento Cinque Stelle, che oggi difende a spada tratta questa figura: ricordo bene quando l’allora capo politico, Vito Crimi, presentò un disegno di legge per l’abolizione dei senatori a vita, bollati come inutili. E che dire del Pd. L’emendamento 1.23 prevede che il Presidente della Repubblica possa nominare ben dieci senatori a vita. Una proposta assai simile a quella 1.1007, presenta da Avs».

Come stanno proseguendo i lavori per la modifica della costituzione e la riforma del premierato?

«La maggioranza chiederà che il voto finale sia espresso martedì 18 giugno. Verrà così riservato un ampio spazio alla discussione, oltre 30 ore per il dibattito, per questa prima lettura oltre a quelle già svolte».

Perché la sinistra non vuol accettare che la costituzione abbia quasi 80 anni e vada attualizzata?

«Questa idea che la Costituzione sia intoccabile la sinistra la millanta quando c’è il centrodestra in maggioranza. Con Renzi la Carta poteva essere modificata eccome. Mi piace ricordare come l’articolo 138 non sia stato scritto né da Silvio Berlusconi né da Giorgia Meloni, ma dai nostri padri costituenti».

Lei crede che questo ostruzionismo sia dovuto alla consueta paura di un rigurgito fascista o, al contrario, alla ben più concreta consapevolezza che, qualora venisse approvata, il governo Meloni passerebbe alla storia?

«Direi senza dubbio l’ipotesi due. C’è poi anche un altro elemento: loro sperano che il referendum possa rappresentare un momento di difficoltà per il centrodestra. E una sorta di rivincita dopo un numero interminabile di sconfitte elettorali».

Verosimilmente ci sarà il referendum. Lei è ottimista sull’esito?

«Il referendum necessita una grande mobilitazione. Indispensabile per spiegare bene la riforma. La sinistra agiterà il babau dell’autoritarismo, lo sappiamo bene. Non sarà, in ogni caso, un referendum sull’attuale governo. Questa insistenza della sinistra, che va in giro raccontando come la Meloni voglia il potere assoluto, è figlia della loro consapevolezza di perdere anche le prossime elezioni politiche».

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