Manovra, aumenti per l’Assegno di Inclusione: più beneficiari e importi più alti

Durante la campagna elettorale che portò Fratelli d’Italia alla vittoria delle elezioni nel 2022, quante volte abbiamo sentito la sinistra in tutte le salse sbraitare contro il partito di Giorgia Meloni definendolo “nemico dei poveri”. Loro, che per decreto si autodefinirono abolitori della povertà, criticavano la proposta, poi messa in atto dal governo, di eliminare il Reddito di cittadinanza. Tra le misure più devastanti a livello economico (anche se il Superbonus ci ha fatto presto ricredere) ma soprattutto dal punto di vista del mercato del lavoro: elargendo risorse statali a chiunque disoccupato ne facesse richiesta, specie in un periodo delicato come quello della pandemia, si incentivò quasi i cittadini a preferire restare a casa ed essere mantenuti dallo Stato, piuttosto che cercare un lavoro e far ripartire l’economia. Sono stati spesi circa 40 miliardi di euro 5 anni per consentire, troppo spesso a furbetti e addirittura a criminali, di utilizzare risorse statali non per godere di un mantenimento momentaneo durante la ricerca di un nuovo lavoro, ma di arrotondare con i soldi degli italiani ciò che già si guadagnava spesso in nero. La proposta di Fratelli d’Italia tuttavia, al di là di quello che veniva raccontato dai membri dell’ex governo giallo-rosso, era molto semplice: eliminare l’idea del mero assistenzialismo, eliminare l’elargizione gratuita di fondi pubblici a chicchessia ma riservarla soltanto a chi ne aveva veramente bisogno, a chi rientrava in talune categorie cosiddette fragili. E c’è da dire che, oltre ancora una volta alle profezie di certa sinistra che prediceva una rivolta sociale, l’abolizione del Reddito di cittadinanza ha fatto bene all’economia italiana e soprattutto agli stipendi più bassi: questo perché da un lato è stato possibile reinvestire i fondi su misure quali il taglio del cuneo fiscale, che ha consentito ai redditi più bassi di godere di importanti risparmi sulla busta paga, dall’altro perché in questo modo si è avuto un conseguenziale aumento dell’occupazione, guidato anche da percorsi di reinserimento e da sgravi fiscali riservati agli ex percettori del Reddito stesso.

Aumenti per Adi e Sfl

Il governo fece dunque capire che per risollevare le fasce più deboli della popolazione, non c’era bisogno della paghetta di Stato, ma di politiche serie incentrate sullo sviluppo, sul lavoro e sulla persona. Fu creato di conseguenza l’Assegno di Inclusione, una misura assistenzialistica finalizzata a supportare chi veramente non poteva lavorare. E dopo l’ottimo successo della misura che ha ottenuto già migliaia di adesioni nel 2024, il governo ha deciso di ampliarla sia a livello quantitativo sia a livello qualitativo: nella prossima legge di bilancio, che sarà approvata entro fine anno, si passerà da una platea beneficiaria di 667mila nuclei familiari a 747mila per il 2025. Ma dal Mef sono stati chiarissimi: “Si precisa che la prestazione è riconosciuta nell’ambito dei limiti di spesa previsti”. Nessuno sperpero di risorse, dunque: il governo è riuscito ad aumentare i beneficiari senza comportare nuove spese che potevano gravare sui cittadini stessi. La soglia Isee del nucleo familiare si alzerà oltre i 10mila euro, con ulteriori aumenti per chi vive con over 67enni o per chi vive in affitto e incrementi significativi anche riguardo l’importo dell’Assegno stesso, in alcuni casi molto oltre la media di 618 euro al mese dei primi sei mesi del 2024. Sono previsti aumenti, infine, anche per il Supporto per la formazione e il lavoro, la misura riservata a chi invece può lavorare e deve essere reintegrato nel mercato del lavoro: si prevedono 25mila posti in più e un aumento dell’importo a 500 euro. Se essere nemici della povertà vuol dire combatterla e cercare di migliorare le condizioni di vita delle fasce più deboli, allora la dicitura è quanto mai azzeccata.

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