Sembra proprio che gli imprenditori di Vicenza non abbiano più intenzione di investire nuove risorse né tantomeno di assumere. A riferirlo il presidente di Confindustria Vicenza, Luciano Vescovi, che giorni fa, sulla bocciatura della manovra dall’Europa, è uscito con parole molto forti su certe scelte del Governo. “Dove sarebbe la crescita in questa manovra?” sostiene. ” Dove sono gli investimenti? Un piano di politica economica e industriale di medio-lungo termine c’è? Quali sono le direzioni in cui il Governo vuole far sviluppare il Paese?
Una manovra che evidentemente non da fiducia neppure agli imprenditori che, per adesso aspettano per capire se ampliare gli stabilimenti in Italia, anzi, proprio a Vicenza, o se farlo da qualche altra parte d’Europa.
“E a vedere il risultato dell’asta Btp – continua Vescovi – non sono solo gli imprenditori che si stanno prendendo un momento di riflessione, ma gli italiani e le famiglie in primis”.
In effetti neppure a noi è troppo chiaro quali siano le direzioni in cui il Governo voglia far sviluppare il Paese. O dobbiamo presumere che lo sviluppo sia dato una misura assistenziale come il reddito di cittadinanza, sul quale si esprime lo stesso Presidente di Confindustria Vicenza:
” Svimez, l’associazione per lo sviluppo dell’industria nel Mezzogiorno, stima che il reddito di cittadinanza possa ricadere per ben il 30% proprio nel principale bacino elettorale del Ministro dello Sviluppo, – riferendosi ai calcoli secondo i quali le risorse previste dal governo in manovra relativamente al reddito di cittadinanza, 9 miliardi nel 2019, sarebbero sufficienti a coprire a malapena le esigenze del Sud-. O pensiamo che lo sviluppo sia Alitalia che dopo tre fallimenti potrebbe tornare nell’alveo del controllo statale?”
“Non vorremmo mai che questa manovra possa costituire un’ipoteca sul futuro prossimo nostro e dei nostri figli. Abbiamo superato una crisi pagando uno scotto altissimo, ora che ci stiamo riprendendo, non possiamo ricominciare con le dannose vecchie abitudini che ci hanno portato ad essere isolati in Europa”, conclude.
Ad onor del vero la crisi nel nostro Paese ha origini ben precedenti al nuovo Governo, ma proprio per questo è quanto mai urgente un cambiamento di rotta, che scommetta sulle piccole e medie imprese, la vera ricchezza del nostro paese che da anni ormai, sopravvive a stento. E le dirette conseguenze di questo fenomeno sono purtroppo misurabili con un’altra dura realtà, purtroppo ancora ignorata. Si sente parlare solo di “emergenza immigrazione”, ma c’è un altro fenomeno migratorio in Italia più consistente ma più trascurato: l’emigrazione degli italiani. Secondo i dati elaborati dal centro studi Idos nel 2017 se ne sono andati dall’Italia circa 285 mila cittadini. È una cifra che si avvicina al record di emigrazione del Dopoguerra, quello degli anni ‘50, quando a lasciare il Paese erano in media 294 mila Italiani l’anno. Secondo il “Rapporto italiani nel mondo” della Fondazione Migrantes, la maggior parte continua a trovare impiego in occupazioni poco qualificate, ristoranti e pizzerie in cima alla lista. Scelta comunque preferibile a quella di rimanere qui in Italia con le mani in mano, o accettare quei lavori a intermittenza e sottopagati che nel mercato del lavoro italiano sembrano essere diventati la principale prospettiva per i giovani.