Ormai lo abbiamo capito, la manovra sarà il tormentone di questa fine d’anno e anche dell’inizio del prossimo. Il governo continua ad attuare modifiche, cambia le regole, sembra portare avanti uno strambo gioco delle tre carte che abbia come fine ultimo quello di scontentare tutti. E ci sta pure riuscendo.
Vediamo dunque cosa è successo nelle ultime ore. Il particolare – se particolare si può definire – che ci colpisce di più, è la netta sforbiciata che il Governo ha deciso di dare agli incentivi concessi alle imprese. Sembra perfino incredibile leggere una simile impostazione; averla messa in campo, appare addirittura suicida in un’economia che richiede un rilancio sostanziale per uscire dalla stagnazione in cui è ormai confinata da almeno 5 lunghissimi anni. E invece, niente. A leggere il bilancio pubblico previsto per i prossimi tre anni, i costi maggiori della manovra giallo-verde sono destinati a gravare proprio sulle imprese (- 5 miliardi), e tutto ciò senza considerare nuovi interventi che sicuramente saranno necessari se non altro per evitare il temuto aumento dell’IVA. La spesa per sostenere le imprese, dunque, si riduce ancora nonostante le strombazzate flat tax sulle partite iva e gli sgravi Ires per le imprese che reinvestono gli utili. Gli stanziamenti scendono da 24,7 miliardi nel 2019 a 20,6 nel 2020 e a 19,6 miliardi nel 2021. Sono 5,1 miliardi che vengono meno in gran parte proprio grazie alla riduzione degli incentivi fiscali (da 18,3 a 16 miliardi). E se la mazzata ancora non vi basta, caricateci sopra anche la riduzione dei rimborsi fiscali che lo Stato avrebbe dovuto operare e che scendono dai 73 miliardi previsti per il 2019 a 69,1 nel 2021.
In tutto questo, sono previsti più fondi per le pensioni, il cui costo salirà oltre 100 miliardi, meno denaro anche per la scuola, i beni culturali, il soccorso civile e l’accoglienza ai migranti. Fatta salva l’ultima riduzione, quella sull’accoglienza ai migranti, che ci pare sacrosanta anche se ancora parecchio limitata visto che diminuisce solo da 3,3 a 2,9 miliardi, il resto sembra invece quasi un suicidio. Per una nazione come l’Italia che detiene il 76% dei beni artistici al mondo, continuare a non voler valorizzare questa incredibile, unica e meravigliosa risorsa (che perde circa mezzo miliardo di risorse), non solo è da ottusi, ma forse addirittura delinquenziale.
Per quanto riguarda la scuola poi, che dire? Si scende da 48,3 a 44,4 miliardi nel giro di tre anni, con una riduzione delle risorse sia per l’istruzione primaria (da 29,4 a 27,1 miliardi di euro) che per quella secondaria (da 15,3 a 14,1 miliardi). Anche qui da sottolineare che tra i tagli uno consistente è la riduzione dei fondi per gli insegnanti di sostegno, a cui vengono sottratti un miliardo nel ciclo primario e 300 milioni in quello secondario. Per compensare, si fa per dire, nel triennio ‘19-‘21, saranno stanziati 200 milioni in più per l’Istruzione universitaria.
In sostanza: eravamo uno dei Paesi al mondo in cui da altre terre si veniva ad apprendere: oggi per avere un titolo di studio decente devi andare all’estero per ottenere un master che abbia valore sul mercato del lavoro. Quello che cresce, dunque, è la spesa per le pensioni, che “quota 100” farà lievitare e che tra il 2019 e il 2021 crescerà di 4 miliardi. Il reddito di cittadinanza, invece, farà salire la spesa per le famiglie e le politiche sociali che aumenterà di circa 1, 5 miliardi (da 40,2 a 41,7 miliardi), senza considerare il costo degli interessi sui titoli di Stato che lieviterà di 8,5% sempre per il triennio ’19-’21. Nota positiva da sottolineare è un miliardo in più per invalidi, disabili e non autosufficienti (da 19,6 a 20,6 miliardi tra il ‘19 e il ‘21).
Nessun aumento invece è previsto per ordine pubblico, sicurezza, giustizia, difesa, agricoltura, ricerca e innovazione. Meno 3,3 miliardi per il soccorso civile, notizia che farà piacere ai nostri terremotati vecchi e nuovi! Infatti, non solo scendono anche le risorse per la protezione civile di primo intervento, da 744 a 391 milioni di euro, ma il «sostegno alla ricostruzione» diminuisce drasticamente tra il ‘19 e il ‘20 da 3,2 miliardi a 700 milioni, poi a 380. Praticamente, sarà tanto se la protezione civile potrà permettersi di avere un ufficio.
Il governo “del cambiamento” dà qualche contentino in fatto di spesa sociale, e mantiene lo stesso atteggiamento dei governi che l’hanno preceduto – addirittura in certi casi peggiorandolo -. E via con l’assistenzialismo ottenuto soffocando sempre più la parte produttiva, ammazziamo le imprese per dare soldi a chi sta a casa.
Altro provvedimento che avremmo preferito non trovare nella manovra è il previsto aumento dei contributi alla UE. Siamo ormai da anni i maggiori contributori dell’Unione Europea rispetto al PIL, e ci siamo lamentati a lungo ritenendo particolarmente oneroso il nostro apporto finanziario a un’Unione che certo più di tanto – e come abbiamo ben visto – non ci aiuta, e ora aumentiamo addirittura la nostra dazione con ulteriori 3 miliardi. Salgono anche i contributi dello Stato a Regioni ed enti locali, per una somma che passerà da 119,9 miliardi di euro nel 2019 a 121,1 nel 2021, somma comprensiva anche degli stanziamenti per la sanità pubblica.
Sono previsti incrementi di spesa notevoli per le infrastrutture, (da 3,6 a 7,3 miliardi, poi scendono a 5 nel 2021), è previsto anche un incremento dei fondi per la mobilità e il trasporto pubblico di 1,3 miliardi nel triennio. Nel primo caso sarà possibile grazie a 3,5 miliardi in più per strade e autostrade in gestione Anas, nel secondo caso grazie a un accordo con le ferrovie.