Dmitry Medvedev è sicuramente una delle personalità più improvvisate del Cremlino, tanto che le sue istrioniche uscite hanno superato persino quelle di Peskov con il passare del tempo. Tra i due non è facile decidere chi sia il più forte nei toni aggressivi. Al contempo entrambi soffrono di una mancanza di controllo dialettico: questo è uno dei motivi per cui la Russia è stata costretta a ripiegare su Iran e Corea del Nord, visto il calibro dei suoi vertici, i quali regalano perle di follia in base ai loro stati d’animo.
Adesso però sarà molto difficile superare Medvedev, Vice-Presidente del consiglio di sicurezza russo, il quale ha sostenuto che non si arriverà ad un dialogo con l’Ucraina se non dopo la sua sconfitta. Praticamente la pace va bene soltanto se vince la Russia o al limite se le condizioni sono fin troppo favorevoli per farsele scappare. Ovviamente non sono mancate le accuse ai presunti gruppi nazisti per l’invasione della regione di Kursk, così come il tentativo di farlo passare per un atto terroristico. Come sopra, l’invasione russa non può essere ritenuta come una dichiarazione di guerra, ma solo come un’operazione speciale dell’esercito per combattere il Nazismo che non c’è.
Le parole di Medvedev, oltre che raccontare una disamina anacronistica, sono la rappresentazione delle difficoltà russe nella giustificazione per gli attacchi portati avanti in Ucraina fino a questo momento. In poche parole, un’altra mancata occasione per adottare il silenzio, al fine di limitare i peggiori danni fatti dalla Russia fino ad oggi.
È normale che la maggior parte dei funzionari del Cremlino si stia chiudendo a riccio per evitare aperture sconvenienti per una tregua eventuale: eppure il territorio russo è già abbastanza isolato rispetto agli altri territori occidentali. A dir poco difficile pensare ad un allontanamento maggiore di questo.
Ovviamente non possiamo aspettarci né aperture oppure gesti d’onestà intellettuale da parte di chi – se soltanto potesse – farebbe in modo che i territori nordamericani ed europei sparissero completamente dalla cartina geografica. In particolare, l’inasprimento dei rapporti tra USA e Russia ha compromesso gradualmente anche la nostra capacità diplomatica, riportando alla luce un odio recondito. Sicuramente la presenza di un’oligarchia priva di senno in Eurasia e l’assenza di un Presidente americano capace di prendere decisioni, hanno influito grandemente su quanto accaduto fino a questo momento.
Sicuramente l’arrivo dei droni di Kiev a Mosca ed il conseguente abbattimento da parte della contraerea russa non ha fatto altro che alimentare la preoccupazione della sicurezza nazionale russa: dunque la tesi all’inizio dell’articolo sembra calzare a pennello. Il comportamento di Medvedev assomiglia realmente a quello di chi si sente minacciato da ogni lato e quindi cerca di ripiegare esclusivamente sul proprio “ruggito”. Anche quest’ ultimo sembra essersi lentamente affievolito, complice anche l’offensiva su Kursk.
Nel caso in cui l’Ucraina dovesse decidere di circondare tutte le zone russe al suo confine, per il Cremlino sarà quasi inevitabile cercare un accordo per evitare che questo conflitto assuma dimensioni a dir poco catastrofiche. Forse l’obiettivo di Vladimir Putin è quello di restare in attesa di nuovi svolgimenti.
Il punto è che una corsa contro il tempo rischierebbe inevitabilmente di portare alla rovina la popolazione russa: Medvedev è soltanto uno delle tante pedine incapaci di relazionarsi con l’esterno. C’è quindi la possibilità che persino lo stesso Presidente russo abbia perso il controllo dei suoi uomini.