“Meglio marciare divisi”: Franceschini manda in tilt i compagni, rassegnazione e litigi a sinistra

A sinistra le liti interne sono così intense (da sempre, ma in particolare negli ultimi anni) che alla fine si sono rassegnati anche loro. Una coalizione non la riescono a trovare nemmeno a pagarla oro. Troppi punti di discrepanza: dalla politica economica a quella estera, dai rapporti con la Ue alla sanità, i vari partiti dell’universo progressista sono tutti divisi e trovano motivo di unione soltanto quando c’è da ostacolare la destra. Ed è forse incredibile che la discussione sul campo largo sia stata protratta per anni basandosi solo su questo unico punto di incontro. Alla fine, però, anche loro sembrano essersi rassegnati: il campo largo non è mai esistito. Piuttosto – è questa la soluzione che se ne deduce – meglio dare vita a coalizioni post-elettorali, gli inciuci di palazzo insomma. E sarebbe questa, al momento, l’unica vera alternativa per battere la destra.

In un’intervista rilasciata a Repubblica, è l’ex ministro Dario Franceschini, a capo di una delle correnti più forti all’interno del Pd, a scuotere il centrosinistra parlando di futuro. Che coraggio. “Per battere la destra meglio marciare divisi” è il monito lanciato da uno che, tutto sommato, è sempre stato lì, spesso non in prima fila, ma che ha saputo anche profetizzare quello che sarebbe accaduto successivamente. Elly Schlein, dal canto suo, continua a dichiarare di voler interessarsi maggiormente di temi più importanti. D’altronde, fu lei stessa a chiarire di non aver mai parlato di campo largo: “Lo rivendico” disse la segretaria del Pd. Questa concezione, un po’ epicurea, di godersi il momento senza pensare ad altro, stride con quella un po’ più stoica di Franceschini, per il quale invece bisognerebbe immolarsi di fronte al proprio destino e affrontare il voto disuniti, ognuno per le sue. Poi si vedrà.

Se vogliamo, è anche la decisione più logica, quella a cui prima o poi si giungerà. Le troppe differenze tra i partiti non permettono di pensare ad altre alternative. Giuseppe Conte, dopo la batosta delle europee, ha fallito nell’estremo tentativo di diventare lui il leader dell’ipotetico campo largo: il voto comunitario ha confermato ancora una volta il drastico calo del Movimento Cinque Stelle, arrivato soltanto alla soglia del 10%. Il Pd, al contrario, si è ripreso, ma non apportando alcuna novità: ha semplicemente ‘rubato’ i voti dei suoi (presunti) alleati e così, da solo, non riuscirebbe sicuramente a scardinare un centrodestra che viaggia ormai oltre il 50% dei consensi. Che fare, dunque? Come risolvere questo inghippo che pare inestricabile?

Effetto indesiderato: sinistra ancora più divisa

Probabilmente in nessun modo. Non sarebbe una cattiva idea una presa di coscienza definitiva che il centrosinistra non è gradito agli italiani e che, più di tutto, senza voti non si va da nessuna parte. Per ora le cose stanno così, prendere o lasciare. E le parole di Franceschini, forse, in fondo, vogliono dire proprio questo: inutile perdere tempo nella creazione di coalizioni destinate alla sconfitta, in un dibattito che potrebbe addirittura far perdere altri voti preziosi. Ma, effetto probabilmente indesiderato, le parole di Franceschini hanno aperto un nuovo dibattito e hanno diviso ancora di più il fantomatico campo largo: il Movimento Cinque Stelle sembra essere d’accordo, in linea con quella dicitura “progressisti indipendenti” che è stata scelta durante l’ultimo congresso; Avs è contrario all’idea dell’ex ministro: “un minimo comune denominatore con cui presentarsi alle elezioni e battere la destra serve” ha detto Angelo Bonelli, spiegando che “il tempo delle maggioranze variabili e dei governi tecnici è finito”. Per finire Carlo Calenda: “Oggi la linea politica di Azione, Pd, 5S e Avs è troppo diversa per portare ad una coalizione credibile”.

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