Per due anni i media mainstream ci hanno raccontato che Giorgia Meloni aveva compromesso i rapporti con Trump e repubblicani perché interloquiva con Biden, come se il Presidente del Consiglio dell’Italia possa permettersi il lusso di dialogare esclusivamente con i leader della sua stessa fede politica.
Con la medesima arguzia, i soliti autorevolissimi mezzi d’informazione sostenevano che: 1. Trump fosse finito (infatti ha stravinto), 2. Biden fosse perfettamente lucido (infatti Obama & co. lo hanno costretto a ritirarsi), 3. Kamala Harris fosse una leader (infatti ha preso una scoppola storica), 4. Elon Musk avrebbe fatto fallire Twitter in pochi mesi (infatti è diventato il social più libero e influente al mondo).
Si dà il caso, però, che mentre i media tradizionali continuano con eccellenti risultati la loro opera di autodistruzione, il resto del mondo abbia aperto gli occhi, dimostrando con il voto – in Italia così come negli Stati Uniti – di essere ormai immune dai tentativi di manipolazione di chi campa spacciando la propaganda per informazione.
Nel loro complesso, i successi conseguiti nelle urne da Giorgia Meloni e Fratelli d’Italia dal 25 settembre in poi parlano più di qualsiasi editoriale, dimostrando che gli Italiani abbiano perfettamente compreso gli sforzi quotidianamente profusi dal Presidente del Consiglio per conseguire risultati tangibili non per sé stessa o per il partito di cui è leader, ma per l’Italia e gli Italiani.
Ciò detto, comprendo perfettamente che difendere il proprio popolo e mantenere le promesse fatte in campagna elettorale siano concetti del tutto estranei alla forma mentis di sinistra e globalisti che, infatti, preferiscono perorare gli interessi delle multinazionali, considerano la democrazia alla stregua di una proprietà privata e definiscono chiunque osi non pensarla come loro con un sostantivo a scelta tra fascista, nazista, razzista, pericolo per la democrazia, omofobo, deplorabile (cit. Hillary Clinton, 2016) e spazzatura (cit. Joe Biden, 2024).
In attesa che costoro facciano pace col cervello, Giorgia Meloni ha restituito credibilità e autorevolezza all’Italia anche sullo scenario internazionale, concetto tutt’altro che astratto, poiché si traduce in fatti concreti come la ritrovata fiducia da parte delle agenzie di rating (dovuta a un insieme di fattori, tra cui stabilità politica e riforme) e di investitori stranieri (che tornano a fare business sul nostro territorio).
Dal punto di vista puramente politico il culmine è stata certamente la nomina di Raffaele Fitto a Vicepresidente esecutivo della Commissione Europea spezzando – di fatto – l’egemonia della sinistra globalista sulle politiche continentali e costringendo Ursula von der Leyen e Partito popolare europeo a prendere atto dell’insostituibilità dei conservatori. Tutto questo dopo l’immancabile dimostrazione di fiuto politico da parte dei media mainstream, che hanno raccontato per mesi di una Giorgia Meloni «messa all’angolo» dopo le elezioni europee (che pure aveva vinto).
I pianeti si sono allineati. A poco più di un mese dalla storica vittoria del 5 novembre, appare del tutto evidente che il ritorno di Donald Trump alla Casa Bianca rafforzerà ulteriormente Giorgia Meloni in Europa. Adesso mi tocca autocitarmi, perché quest’ultimo concetto è il titolo di un capitolo del libro che ho pubblicato nel maggio scorso (Mai arrendersi – Il vero Donald Trump, pp. 324, Vittoria Books) nel quale, tra le altre cose, spiego le ragioni per cui ho sempre creduto che questo nuovo asse tra Roma e Washington darà la scossa anche a Bruxelles, producendo anche in tempi brevi risultati concreti e sostanziali, segnando un riscatto per tutto l’Occidente.
Gli ambiti sono molteplici, diversi ma tutti interconnessi. Dai conflitti in atto alla fine dell’approccio ideologico al tema della sostenibilità (che, guarda caso, penalizza le nostre aziende e favorisce paesi come la Cina e le multinazionali che vi delocalizzano), all’eliminazione delle degenerazioni woke, passando per la responsabilizzazione delle nazioni europee in materia di difesa, per arrivare all’enorme questione relativa alla salvaguardia del principio di libertà d’opinione (con tutto ciò che ne deriva in termini di informazione e Sovranità digitale).
Potrei continuare per ore, ma credo che a questo punto la “big picture” sia chiara a tal punto risultare comprensibile perfino a “democratici” e affini ma forse, in questo caso, è meglio rimanere coi piedi per terra e non lasciarci prendere la mano dall’entusiasmo.