Giorgia Meloni non ha dubbi: trovare soluzioni durature per un Medio Oriente stabile fa parte della strategia della politica estera italiana nel Mediterraneo. Uno spazio geopolitico che, secondo la presidente del Consiglio dei ministri, deve assumere un ruolo “più ambizioso” al livello globale: un mare che è “tornato al centro del mondo, con noi al centro”.
Ecco perché, secondo la nostra premier, il cessate il fuoco in Libano deve essere considerato “un punto di partenza e non di arrivo”.
All’indomani dell’intesa tra Israele e Hezbollah che ha fatto riporre le armi dopo 14 mesi di ostilità, Giorgia Meloni condivide la soddisfazione della comunità internazionale per questa svolta tanto attesa, ma allo stesso tempo guarda già più avanti, lanciando la prossima sfida: cogliere l’opportunità per rendere questa tregua permanente, normalizzando una volta e per tutte la situazione al confine.
L’appello della premier arriva non a caso in chiusura dei Med Dialogues, il tradizionale appuntamento di diplomazia pubblica promosso dalla Farnesina con l’Ispi per riflettere sulle crisi strategiche del Mediterraneo allargato.
L’accordo sul Libano “è un successo anche italiano”, gli ha fatto eco il padrone di casa, il ministro degli Esteri Antonio Tajani, ricordando che una delle priorità della presidenza del G7 è stata quella di “dare un contributo per la pace” nella regione. Roma ha uno storico ruolo di prima linea in Libano, attraverso un’interlocuzione politica privilegiata con le autorità di Beirut e con una presenza militare importante lungo la Linea Blu.
Con i peacekeeper dell’Unifil che sono finiti più volte nell’ultima fase del conflitto sotto il fuoco incrociato dell’Idf e delle milizie filo-sciite del Partito di Dio.
Alla luce di tutto questo, il governo vuole insistere per consolidare questo cessate il fuoco per dare una prospettiva di stabilità al Paese dei Cedri. Consentendo innanzitutto a “tutti gli sfollati, israeliani e libanesi, di poter tornare alle loro case in sicurezza”. Il passo successivo, secondo la premier, deve essere quello di dare “piena applicazione della risoluzione 1701 delle Nazioni Unite, rafforzando la capacità di Unifil e delle forze armate libanesi”.
Un impegno in cui, anche in questo caso, l’Italia “ha un ruolo centrale con il comando dell’iniziativa Military Technical Committee for Lebanon, lavorando al fianco con i partner del G7, del Golfo ed europei” per far sì che i soldati libanesi abbiano strumenti e capacità adeguate per controllare il proprio territorio.
L’impegno italiano in Libano va di pari passo con quello per Gaza. Meloni ha ricordato il “lavoro enorme” del governo, a partire dalla Farnesina, e di tutto il “sistema Italia”. Ed ha ringraziato Tajani per gli esiti del G7 Esteri di Fiuggi e per aver ribadito ancona una volta che Roma lavora “per arrivare a una de-escalation e gettare le basi per una soluzione politica duratura dell’intera crisi mediorientale, basata sulla prospettiva dei due Stati”.
Pre-condizione per i due Stati è naturalmente la normalizzazione a Gaza. Per Tajani, “il cessate il fuoco in Libano può contribuire ad un avviare un percorso per arrivare in tempi non lunghi a un cessate il fuoco anche nella Striscia”. L’Italia, anche in questa crisi, continuerà a fare la sua parte su un doppio binario: quello dei contatti diplomatici con i partner occidentali e regionali e quello dell’assistenza umanitaria, avviata con il programma Food for Gaza. Altri 15 tir di materiale sanitario e alimentare sono in partenza da Ravenna nelle prossime ore.