Essere un gigante burocratico o investire sul futuro con una visione del tutto nuova? Il prossimo Consiglio europeo che si terrà giovedì sarà cruciale per il futuro indirizzo dell’Unione europea, che dunque dovrà scegliere quale direzione prendere. Se quella dell’impianto burocratico che interviene nei singoli aspetti della vita dei cittadini senza però essere forte a livello internazionale, oppure quella di un’unione di Stati che approfondisce i temi più importanti diventando credibile con le altre superpotenze mondiali. Sappiamo bene che l’intento del Governo italiano, fin da subito, è stato quello di aprire una nuova stagione per l’Europa, in virtù di una società che è ormai cambiata: l’agenda di Mario Draghi sulla competitività europea ha aperto gli occhi alla Ue su un fattore che il centrodestra denuncia da anni, la necessità di dotarsi di strutture finanziarie più espansive e più celeri in fatto di economia per riuscire a competere con la crescita e la produzione delle altre potenze globali.
La bagarre con i grillini
Il Green Deal è stato un disastro. Ha rallentato le aziende del continente, specialmente il settore dell’automotive, e l’Europa ha perso terreno in ambito commerciale. Sul tema, durante le comunicazioni della premier in Senato, c’è stata bagarre, dopo che Dolores Bevilacqua, senatrice del Movimento Cinque Stelle, aveva sostenuto che Meloni fosse contraria alla transizione ecologica per via della dipendenza da nuove potenze che ne deriverebbe. Pochi minuti dopo, nella controreplica, è arrivata la correzione della premier: “Non so se non ha capito il mio intervento o se è la solita strumentalizzazione” ha detto, spiegando che “se nel fare la transizione ecologica – cosa sulla quale siamo d’accordo – imponiamo l’uso di un’unica tecnologia, che è l’elettrico, ci consegniamo a nuove dipendenze. Garantisco che il concetto non è difficile”. Le proteste dei grillini sono esplose, al punto che è arrivato il commento beffardo della premier che ha zittito l’opposizione: “Il giorno che mi faccio spiegare cosa ho detto da un esponente del Movimento Cinque stelle, mi dimetto”.
La bagarre con i grillini è andata avanti anche sul tema dei conflitti internazionali, in merito ai quali Meloni ha accusato il Movimento Cinque Stelle di irresponsabilità, specie quando fa “credere ai giovani italiani che andranno in Guerra in Ucraina per cercare di raggranellare qualche voto”. Le parole della premier sono forti: “La leggerezza con cui voi affrontate le crisi internazionali è pari solo alla leggerezza con cui avete affrontato il bilancio dello Stato quando eravate al governo: ci vuole la maschera di ferro per dire che gettiamo i soldi dalla finestra, anche volendo non potremmo perché li avete già gettati tutti voi” con il Superbonus, che ha ristrutturato solo “il 4% delle case degli italiani, prevalentemente seconde case”.
A dire il vero, la situazione non è migliorata con il passaggio alla Camera. Lì, il vicecapogruppo del Movimento Cinque Stelle, Vittoria Baldino, ha accusato Meloni di essere una “bugiarda” quando, tra le varie accuse, “dice che non vuole chiudere un occhio di fronte alla violazione del diritto internazionale umanitario” in relazione alla Palestina e agli attacchi israeliani. Malgrado la posizione della premier sia sempre stata chiara: applicazione della risoluzione 1701 delle Nazioni Unite, condanna all’attacco di Israele contro le forze dell’Unifil, liberazione degli ostaggi israeliani, pugno duro contro Hamas, aiuti umanitari verso il popolo palestinese e cessate il fuoco su Gaza.
L’accordo con l’Albania
Nella replica alla Camera, Meloni ha risposto con forza alle critiche delle opposizioni sull’accordo con l’Albania. Tra le più svariate: dalla spesa inutile alla violazione dei diritti umanitari. Ma nei centri per il rimpatrio vigerà la giurisdizione italiana e dell’Unione europea, garanzia proprio della tutela dei migranti. In più, riguardo la spesa, la polemica è pressoché inutile: in cinque anni i costi per la manutenzione e la gestione sono previsti a 700 milioni di euro, il 7% di quanto costa all’Italia l’accoglienza. Strano che parli di danni erariali, come fatto notare da Meloni in risposta all’onorevole De Luca, proprio il figlio del governatore campano che, come ha riportato il Giornale, spende i fondi pubblici per fare propaganda contro il governo. “Non penso che l’interesse dell’Italia – ha spiegato – sia quello di concentrarsi sulla redistribuzione. La penso in maniera opposta, facciamo valutazioni diverse. Ovviamente – ha continuato – noi non redistribuiremo mai un numero significativo di migranti illegali rispetto a quelli che arrivano, se a monte non difenderemo i confini esterni. Ai colleghi europei ho detto che l’unico modo per risolvere il problema per tutti e non pretendere di scaricarlo uno sull’altro è lavorare a monte sule cause delle migrazioni illegali. Io credo che questa sia la soluzione, sta funzionando per l’Italia e credo che funzioni per l’Europa. I numeri – ha concluso – ci danno ragione”.