Ormai è ufficiale. Questa settimana sarà tutta a stelle e strisce per la premier Giorgia Meloni, che prima volerà a Washington per incontrare Trump alla Casa Bianca, e poi farà ritorno nella capitale per accogliere a Palazzo Chigi il vicepresidente J.D. Vance.
Due appuntamenti che si prospettano essere cruciali per il futuro del nostro Paese, ma anche e soprattutto dell’Europa e dell’Occidente.
Il doppio faccia a faccia tra Italia e USA è stato tra l’altro preceduto da un evento significativo e che apre uno spiraglio importante per poter raggiungere gli obiettivi sperati. Infatti, il The Donald ha posto una pausa di 90 giorni ai dazi imposti nei confronti dell’Europa. Una mossa che, ai più attenti, non era sfuggita ed era anzi alquanto prevedibile. Perché, del resto, il motto del tycoon è quello del MAGA, ovvero di rendere ricca e forte l’America. E di certo non di renderla povera e debole. Ed essendo un vero uomo d’affari, la sfida aperta sulle trattative sembrava quasi scontata. Come del resto, anche se forse in maniera non proprio elegante, aveva già fatto trapelare lui stesso con una battuta non propriamente felice.
Ed ecco che, proprio prima di Pasqua, Meloni si appresta quindi ad aprire formalmente un dialogo con gli USA sul tema dazi, puntando sulle sue capacità diplomatiche, politiche, e, infine, anche relazionali, nell’ottica di creare un assetto economico e commerciale nel quale l’Europa possa ricoprire un ruolo non marginale, e l’Italia possa essere la portabandiera di una generale rinascita del Vecchio Continente.
Inoltre, il premier italiano sarà il primo leader occidentale ad essere ricevuto dal Presidente repubblicano per fare il punto sulla questione dazi. Un onere e un onore di assoluta rilevanza e che dovrebbe rendere orgogliosi tutti gli italiani, anche i più scettici del Governo Meloni, essendo questa la riprova del fatto che la nostra nazione conta e addirittura si può permettere il lusso di portare avanti una propria strategia in maniera autonoma, senza seguire ciecamente le politiche ideate e adottate dagli altri attori internazionali.
Eppure, c’è chi ancora si ostina a non voler guardare in faccia la realtà e a proporre una narrazione politica ben diversa da ciò che i fatti raccontano, pur di non ammettere che le azioni di questo Governo sono apprezzabili e stanno producendo risultati decisamente positivi (vedi il recente giudizio espresso dall’agenzia S&P).
Ma qualcuno invece pensa che l’oggettività dei fatti non sia ancora sufficiente a dimostrare che l’esecutivo di oggi stia lavorando bene e coglie ogni occasione per screditarlo e addirittura accusarlo dei peggiori mali.
“Quel che avviene in America oggi, se non prendiamo le distanze, può essere nei prossimi tempi più pericoloso, anche in Italia, di quel che è avvenuto in Italia tra il 1922 e il 1943”, ha infatti scritto in un editoriale del Corriere della Sera Mario Monti (sì, lo stesso che circa dieci anni fa ha portato l’economia italiana ancora più in basso rispetto a quello che era). Una affermazione forte, che non solo non tiene conto della situazione odierna, ma che soprattutto non analizza in nessun modo le relazioni internazionali che intercorrono oggi non solo tra USA e Italia, ma anche tra gli altri paesi del mondo. In particolare, con la Cina, che troppo spesso in queste analisi viene lasciata da parte, come se non fosse la potenza a cui guardare e da cui in qualche modo proteggersi per non rischiare di subire una vera e propria invasione commerciale, che avrebbe come risultato quello di creare un “maremoto nel mercato europeo, spazzando via la nostra impresa”, come sottolineato dal Ministro per il Made in Italy Adolfo Urso.
Ma il pericolo Cina, evidentemente, non è da prendere in considerazione adeguatamente. Piuttosto, ciò che qui sembra spaventare è sempre e solo Trump, la cui politica, si è spinto a dire il Prof. Monti, parrebbe essere ‘autoritaria’, sottintendono così un ritorno ad una forma di governo dittatoriale e limitativa delle principali delle libertà dell’uomo. Una cosa del tutto diversa e opposta a ciò che invece sta facendo il presidente repubblicano, le cui mosse sono tutte volte a ridare al popolo americano quella libertà messa a tacere dalla cultura woke e a far riguadagnare al suo paese la centralità che merita, sia in termini economici che commerciali, culturali e politici.
Ma, come spesso accade, quando qualcuno non segue il pensiero dominante, deve essere ferocemente attaccato, perché è così che ragiona la sinistra, sia ieri che oggi. Se qualcuno o qualcosa non gli va a genio, allora mistificano la realtà e tacciano nel peggior modo possibile chiunque non segua ciò che loro impongono, senza possibilità di replica. Fortunatamente, però, Giorgia Meloni non è certo nota per tacere di fronte alle menzogne che provano costantemente a far circolare su di lei e sul suo Governo. E saprà dunque rispondere- dimostrandolo con i fatti- anche alle parole poco gentili di chi poco più di dieci anni fa ha svenduto pezzo dopo pezzo il nostro Paese nascondendosi dietro ad una crisi economica inarrestabile.
Tuttavia, va riconosciuto a Monti che nella sua riflessione al Corriere ha detto anche qualcosa di giusto. E cioè che l’Italia saprà “far aprire gli occhi a Trump”. E questo non perché il Presidente degli Stati Uniti abbia bisogno di qualcuno che gli indichi la strada, ma perché il nostro Paese oggi è un punto di riferimento credibile a serio a cui tendere l’orecchio e a cui prestare attenzione quando parla, perché oggi è in grado di elaborare politiche lungimiranti e autorevoli, soprattutto in politica estera. Degne non solo di essere ascoltate, ma anche apprezzate e seguite nel concreto.