Il vertice di Washington tra Donald Trump, Volodymyr Zelensky e i cosiddetti “volenterosi” europei rappresenta molto più di un passaggio tecnico nella complicato conflitto in Ucraina. È il segno che qualcosa si muove davvero verso la pace, ma è anche la dimostrazione che l’Italia, dopo anni di presenza marginale, torna finalmente a giocare un ruolo di primo piano.
Non è un caso se al centro del confronto è finita la proposta avanzata dal Presidente del Consiglio Giorgia Meloni lo scorso marzo: un meccanismo di protezione che richiama lo spirito dell’articolo 5 della Nato, quello che impone la difesa collettiva in caso di aggressione a un alleato. Ovviamente non è sul tavolo l’ingresso dell’Ucraina nell’Alleanza – ipotesi che oggi sarebbe impraticabile – ma l’idea italiana è quella di garantire a Kiev un “ombrello” di sicurezza concreto, che renda ogni nuova ipotesi militare russa troppo rischiosa per essere tentata.
È intorno a questa linea che si stanno muovendo le trattative. Trump, impegnato a ridimensionare il coinvolgimento diretto degli Stati Uniti nelle crisi internazionali, ha riconosciuto nella proposta di Roma un equilibrio utile: tutelare l’Ucraina, ma senza trascinare Washington in una guerra senza fine. Zelensky ha apprezzato, perché trova finalmente un alleato europeo capace di portare avanti una mediazione realistica e non solo dichiarazioni di principio. E persino Parigi e Berlino, inizialmente più caute, si sono via via allineate.
Da quanti anni non si vedeva l’Italia su un tavolo di questo peso, alla pari con Francia, Germania e Regno Unito? Forse decenni. Oggi, invece, Roma torna protagonista, grazie alla credibilità costruita da Meloni in meno di tre anni di governo. Una leadership che si nutre di pragmatismo e fermezza, che non alza i toni inutilmente ma che porta a casa risultati concreti.
Lo si capisce meglio guardando fuori dai nostri confini. Il “Financial Times” descrive la Premier come una delle voci più influenti nel dibattito europeo; il “Washington Post” la inserisce ormai tra i leader più influenti a livello globale; “Le Figaro” e “El País” ne sottolineano la capacità di equilibrio tra fedeltà atlantica e difesa degli interessi nazionali. È un coro di riconoscimenti che stride con la narrazione tutta interna di una parte dei media italiani (e dell’opposizione), spesso più impegnati a sottolineare le difficoltà che a riconoscere i successi, quasi a sperare che l’Italia non conti nulla.
Eppure il dato politico resta sotto gli occhi di tutti. L’Italia non è più spettatrice, ma protagonista delle grandi partite internazionali. La proposta Meloni non è un artificio retorico, ma un’idea concreta intorno alla quale si sta costruendo un percorso di pace. Una vittoria diplomatica che rafforza la sicurezza europea e restituisce alla nostra nazione il posto che merita, tra le nazioni che decidono il futuro dell’Europa e del mondo.