Partiamo dalla fine, per analizzare l’intervento e la replica del presidente Meloni alla Camera, in occasione della riunione tenutasi ieri pomeriggio in vista del prossimo Consiglio europeo che si terrà il 13 e il 14 dicembre. Partiamo dalla fine perché è lì che Meloni ha risposto con maggiore fermezza alle incoerenti critiche sul MES mosse dai membri delle opposizioni, soprattutto da PD e M5S, alcuni dei quali hanno chiesto la ratifica della riforma del trattato mentre altri addirittura il suo utilizzo. “Non sarà mai questa la mia posizione” spiega Meloni, aggiungendo che chi chiede la ratifica “non sta facendo un favore all’Italia”. Priorità per il Presidente del Consiglio è seguire la volontà del Parlamento, che per ora attende la definizione delle regole delle autorità. Priorità che, tuttavia, è mancata nelle precedenti compagini sul tema, e Meloni lo sottolinea chiaramente: se anche i precedenti governi avessero atteso la volontà del Parlamento, “noi non ci troveremmo in questa situazione”. Il riferimento è al governo Conte, in risposta alle parole di Elly Schlein, che nei giorni precedenti ha accusato l’attuale esecutivo di bloccare l’Europa intera sulla modifica del Trattato: “Noi – dice Meloni – stiamo bloccando eventualmente il nuovo MES, non il MES come strumento in sé”. Ma allora – si chiede il Presidente del Consiglio – chi ha promesso la modifica del Trattato, mettendo oggi l’Italia “in una condizione difficile”? “L’ultimo mandato parlamentare – dice Meloni – sulla materia del MES era del 2019 e impegnava l’allora Governo Conte a non ratificare la modifica del Trattato”. Dopodiché il dietrofront, col governo Conte che alla fine dà l’assenso per la modifica del MES, senza mandato parlamentare e addirittura un giorno dopo essersi dimesso, con la firma complice dell’ex ministro Di Maio. Decisione arrivata “con il favore delle tenebre”, dice Meloni, ricordando ironicamente la massima, a questo punto possiamo dire invecchiata male, pronunciata da Conte a reti unificate durante la pandemia: “Questo Governo non lavora con il favore delle tenebre”. “Allora forse è oggi che bisogna guardare in faccia agli italiani e spiegargli come sono andate le cose”: ha concluso così un intervento con cui Meloni, tra gli applausi della maggioranza e il silenzio delle minoranze, ha confutato e smantellato le ipocrite tesi delle opposizioni su un tema, quello del MES, ancora molto caldo e sul quale continuava una pesante campagna di disinformazione; campagna stroncata ora dalle parole di Giorgia Meloni.
Patto di Stabilità e credibilità internazionale
Una Giorgia Meloni sicura di sé quella che si è vista alla Camera, che ha difeso con fermezza le politiche attuate dal governo contrastando le critiche delle opposizioni, molte delle quali si sono rivelate pretestuose e ideologiche. Nel suo intervento, il Presidente del Consiglio ha scelto di partire dal Patto di Stabilità e Crescita, tema sul quale si è parlato della necessità di un “approccio costruttivo e pragmatico”, a differenza di quanto fatto negli anni precedenti, per ottenere un giusto bilanciamento tra solidità dei bilanci nazionali e sostenibilità dei debiti pubblici. A riguardo, Meloni ha sottolineato come l’Italia sia una Nazione virtuosa a livello economico, con i tanti successi raggiunti dall’esecutivo e i dati macroeconomici che ne sono testimonianza: record di occupazioni, Borsa migliore d’Europa nel 2023, sistema pensionistico efficace, spread sotto controllo, avanzo primario a cui si tornerà nel 2024. E a tal proposito Meloni ha colto l’occasione per ribadire l’ottima reputazione di cui l’Italia, in virtù di queste politiche, gode in Europa: “Se nonostante una trattativa difficilissima siamo ancora in partita – dichiara in riferimento al Patto di Stabilità – e se l’accordo finale è stato posticipato, è perché tutti a Bruxelles hanno capito che la posizione del governo non si basa sul classico “tiriamo a campare” ma su una politica di bilancio seria e rigorosa che anche oggi voglio rivendicare”. E l’ottima reputazione del governo si è vista soprattutto nella fiducia ripostagli dalle istituzioni europee con riguardo alla rimodulazione del PNRR, ricordando in particolare insinuazioni delle opposizioni su un possibile fallimento: “Con tenacia e perseveranza – dice Meloni – abbiamo dimostrato che si poteva fare, anzi permettetemelo, si doveva fare ed è stato fatto”. Sono vani, allora, i tentativi di quanti hanno tentato di screditare il lavoro dell’esecutivo in Europa, alcuni dei quali l’hanno fatto anche omettendo le importanti conquiste dell’Italia, come nel caso del leader dei Verdi Bonelli, che ha accusato il governo di portare avanti una politica economica uguale a quella di Putin, in quanto – a detta sua – “basata sul combustibile fossile”: “Almeno da lei – gli dice Meloni in replica – mi sarei aspettata un minimo di plauso sul lavoro che abbiamo fatto sulla revisione del PNRR, perché le risorse che noi abbiamo liberato sono state concentrate sulla transizione energetica della nostra industria verso l’energia verde”.
Politiche migratorie
Le opposizioni, in particolare alcuni interventi grillini, hanno cercato di svalutare anche il lavoro del governo in fatto di immigrazione. Sotto i riflettori l’accordo tra Italia e Albania, da molti ritenuto solo un modo per fare propaganda. Obiezioni che lasciano il tempo che trovano, partite da chi, in anni di governo, non è mai riuscito a fronteggiare i flussi migratori in maniera seria e sistematica come invece sta facendo l’attuale esecutivo. Non ha tardato ad arrivare la risposta del premier, che ha parlato di un “modello virtuoso di cooperazione” che “sta suscitando concreto interesse. Con buona pace di chi, in patria come in Europa, sembra voler soltanto affossare ogni tentativo di una migliore e più ordinata gestione dell’immigrazione e di un più forte contrasto alla tratta di esseri umani”. Lavorare su accordi e Memorandum d’intesa con i Paesi di origine e di transito dei migranti è per ora “lo strumento più efficace per contrastare alla radice le cause profonde della migrazione”: per questo è stato annunciato un nuovo accordo che sarà siglato con l’Egitto.
Legge di Bilancio
Altre critiche, ancora dal fronte grillino, arrivano sulla prossima legge di Bilancio nella quale, secondo alcuni pentastellati, non sarebbe previsto nessun taglio fiscale, arrivando addirittura a parlare di politiche di austerità. La tesi dei pentastellati non sta in piedi: il taglio del cuneo fiscale, incrementato per l’anno prossimo, sortirà i suoi effetti fin da subito con considerevoli aumenti in busta paga e sulla tredicesima; una fake news, quindi, emanata proprio da chi appartiene a un governo che per anni ha danneggiato il bilancio statale a suon di bonus. Non le manda a dire Meloni: “Non abbiamo speso i soldi dei contribuenti per i bonus monopattini, i banchi a rotelle, i super bonus, i super buffi, i sussidi a pioggia, il reddito di cittadinanza. No, quello non lo facciamo. Siamo stati anzi votati proprio per smettere di fare questo lavoro”. E rincara la dose: “Penso che qualcuno prima o poi più che dare consigli agli altri dovrebbe fare i conti con la propria coscienza per aver immaginato così male un provvedimento, che pure nasceva da un intento condivisibile, da trasformarlo nel più grande regalo mai fatto dallo Stato italiano a truffatori e organizzazioni criminali, lasciando invece migliaia di imprese e persone per bene in un mare di guai”. Parole dure che, però non fanno una piega.
In definitiva, le opposizioni sono uscite scottate dall’ennesimo tentativo (andato male, malissimo) di far naufragare un governo che, in realtà, continua ad essere coeso e forte su tutti i temi, anche sui più complessi come conflitto in Ucraina e in Medio Oriente. Tutto fumo le parole di Cinque stelle e dem che, agitati forse dalla serenità con cui Meloni ha saputo rispondere alla provocazioni, non sono riusciti a mettere in difficoltà il Presidente del Consiglio, sempre sul pezzo e coerente sulle politiche che gli italiani hanno chiesto di attuare.