Migranti: competenza del parlamento o dei Giudici?

In questi giorni, in Parlamento e tra i Giudici, si discute sulla competenza dell’uno o degli altri, di trattare la questione “migranti”. Tutto ha avuto inizio a seguito di una sentenza del tribunale di Catania dopo l’approvazione il 21 ottobre  di un decreto legge da parte del governo che elenca i cosiddetti “Paesi sicuri”, con l’intento di risolvere le problematiche legate ai flussi migratori,  in cui viene dato un nuovo stop ai trattenimenti di migranti sulla base del principio di Paese ‘non sicuro’.

Il Giudice di Catania ha ritenuto che la lista governativa dei “Paesi sicuri non esime il giudice all’obbligo di una verifica della compatibilità” di questa “designazione con il diritto dell’Unione europea” e “in Egitto ci sono gravi violazioni dei diritti umani” che “investono le libertà di un ordinamento democratico”. Si riaccende così la tensione con la magistratura. Per la maggioranza quella del tribunale di Catania appare come una decisione “politica” e sarebbe gia’ pronta a prendere il largo alla volta dell’Albania la nave della Marina militare Libra, per un nuovo trasferimento di migranti negli appena realizzati centri di Gjader e Shenjin. Il governo assicura che l’operazione andrà avanti nonostante l’opposizione chieda invece all’esecutivo di fermarsi, plaudendo la nuova sentenza del tribunale di Catania, intervenuta non convalidando il trattenimento disposto dal questore di Ragusa di un migrante arrivato dall’Egitto, che a Pozzallo ha chiesto lo status di rifugiato. Per il Giudice, così come si legge dal dispositivo, una lista di ‘paesi sicuri’ “non può esimere il giudice all’obbligo di una verifica della compatibilità’ di tale “designazione con il diritto dell’Unione europea” considerando che “in Egitto ci sono gravi violazioni dei diritti umani” che “investono le libertà’ di un ordinamento democratico”. Intanto, la presidente del Consiglio Giorgia Meloni riceve a palazzo Chigi il vicepresidente del Csm, Fabio Pinelli. Incontro che, si fa sapere, si inserisce “nell’ambito di una proficua e virtuosa collaborazione, nel rispetto dell’autonomia delle differenti Istituzioni”. Ma il clima resta incandescente e la  maggioranza torna a puntare il dito contro le toghe “politicizzate”. Per il capogruppo di Forza Italia al Senato Maurizio Gasparri “La magistratura in questo Paese e’ diventato un problema davvero serio. Vi è un uso politico della giustizia con modalità tali che usurpano le competenze del potere legislativo e del potere esecutivo”. Il presidente dei deputati di FdI Tommaso Foti, afferma che la decisione dei giudici catanesi “appare perseguire l’unico fine di ostacolare qualsiasi azione volta a contrastare l’immigrazione illegale di massa, nonché’ a rendere difficili – se non impossibili – i rimpatri di chi entra illegalmente in Italia. La pretesa, da parte di alcuni giudici, di sostituirsi al Parlamento e’ fuori luogo, poiché costituisce una pericolosa ingerenza nel procedimento legislativo”. Quanto al protocollo con l’Albania, il vicepremier Antonio Tajani assicura: “Non molleremo”. Per il leader di FI “c’e’ un problema di separazione dei poteri: la magistratura non può’ sostituirsi alla politica”. Al contrario, le opposizioni chiedono al governo di tornare sui suoi passi. È proprio il responsabile sicurezza dei dem, Matteo Mauri, a chiedere al governo di fermarsi e “smetterla con questo gioco pericoloso per le istituzioni”, “evitate altri inutili sprechi e interrompete il nuovo trasferimento di migranti in Albania”.

Sulla questione intervengono anche i Giudici di Roma: il tribunale capitolino chiede alla Corte Ue se il diritto dell’Unione possa impedire a un legislatore di designare uno Stato terzo come Paese di origine sicuro “senza rendere accessibili e verificabili le fonti adoperate per giustificare tale designazione”, in questo modo “impedendo al richiedente asilo di contestarne, e al giudice di sindacarne, la provenienza, l’autorevolezza, la pertinenza, l’ attualità, la completezza, o comunque in generale il contenuto”. Viene inoltre chiesto ai giudici europei un ulteriore quesito, se il diritto dell’Unione Europea consenta in ogni caso al giudice di utilizzare informazioni sul paese di provenienza di un migrante – attingendole autonomamente dalle fonti utili ad accertare che sussistano effettivamente le condizioni per la designazione – nell’ambito di una “procedura accelerata di frontiera” da paese di origine sicuro. Quarto e ultimo quesito, infine, viene chiesto alla corte di giustizia se il diritto dell’unione impedisca che un Paese possa essere definito di origine sicuro qualora ci siano, nello stesso, categorie di persone per le quali non soddisfi le condizioni sostanziali di sicurezza. Sui centri in Albania “nessuna marcia indietro, si va avanti”. Questa la linea del governo dopo il nuovo stop ai trattenimenti arrivato dal Tribunale di Catania.

il Tribunale di Catania non convalida infatti il trattenimento disposto dal questore di Ragusa di cinque migranti, tre arrivati dall’Egitto e due dal Bangladesh, che a Pozzallo hanno chiesto lo status di rifugiati. La lista dei Paesi sicuri, indicata nel decreto adottato dal Cdm e poi diventato emendamento al decreto flussi, scrivono i giudici, “non esime il giudice all’obbligo di una verifica della compatibilità” di tale “designazione con il diritto dell’Unione europea” e “in Egitto ci sono gravi violazioni dei diritti umani” che “investono le libertà di un ordinamento democratico”. “Una sentenza chiarissima”, per il Pd. A cui il centrodestra reagisce rabbiosamente. “Le toghe rosse tornano a colpire”, attacca il vice capogruppo a Palazzo Madama Salvo Sallemi, secondo cui “vorrebbero aggirare” il decreto “contravvenendo così alla richiesta degli elettori italiani di avere più sicurezza nelle proprie città”, mentre per il capogruppo alla Camera, Tommaso Foti, “la decisione dei giudici del Tribunale di Catania appare perseguire l’unico fine di ostacolare qualsiasi azione volta a contrastare l’immigrazione illegale di massa, nonché a rendere difficili, se non impossibili, i rimpatri di chi entra illegalmente in Italia”. I magistrati di Catania e Roma non convalidano i trattenimenti dei migranti nei centri, nonostante il decreto legge approvato dal governo. Insorge la maggioranza che accusa i giudici di voler dettare l’agenda del governo sulle politiche migratorie. A Catania il Giudice annulla 5 trattenimenti, a 3 egiziani e a 2 bengalesi. A firmare, singolarmente, i cinque provvedimenti sono stati tre dei sei giudici della sezione immigrazione che si occupa di protezione internazionale del Tribunale di Catania. A Roma il Giudice emette un decreto di sospensione dell’efficacia al diniego della commissione territoriale sulla richiesta di asilo di uno dei dodici migranti che erano stati trasferiti in Albania. Secondo quanto scrive Sangiovanni nel provvedimento, “non sfuggirà alla Corte la grave crisi istituzionale provocata in Italia dalle prime decisioni dei tribunali di non convalidare provvedimenti di trattenimento nelle procedure di frontiera”. Inoltre diversi tribunali hanno rilevato “gli aspetti critici di tale ‘esperimento’ (il riferimento è alle nuove procedure di frontiera italiane, non solo in Albania – ndr) e ne hanno minato l’operatività”. Le sentenze “sono state fortemente criticate dal governo tanto da suggerire l’adozione del decreto legge 158/2024, il cui contenuto innovativo è però anch’esso oggetto di quesiti pregiudiziali”. Nelle scorse settimane la stessa sezione immigrazione del tribunale di Roma non aveva convalidato il trattenimento dei dodici migranti nel centro italiano in Albania di permanenza per il rimpatrio: ordinanze a cui era seguito nei giorni successivi il decreto legge varato dal governo; il Tribunale di Catania indica “gravi criticità'” ( Pena di morte, torture, repressione del dissenso e dei diritti delle persone LGBTQI)  in Egitto, definendo paese non sicuro, nella sentenza che ha annullato il trattenimento di un cittadino egiziano. Il giudice richiama le cosiddette “Country of origin information” (Coi) del Ministero degli affari esteri e della cooperazione internazionale, non contenute nel recente decreto legge 158/24 proprio in merito alla situazione in Egitto. “L’Egitto – riporta il giudice Massimo Escher – e’ uno dei Paesi nei quali si pratica la pena di morte e nel quale il numero delle esecuzioni è fra i più’ alti. Il giudice Escher cita il fatto che “nell’ultimo rapporto del Comitato sulla tortura delle Nazioni Unite, che ha affrontato anche la situazione in Egitto, si esprime preoccupazione per il fatto che la legislazione anti-terrorismo contenga definizioni molto vaghe delle fattispecie legate al terrorismo, che sono usate per “mettere a tacere” i critici del Governo. Il Comitato ha espresso preoccupazione per denunce di arresti arbitrari, detenzioni illegali, maltrattamenti, sparizioni forzate, mancanza di garanzie processuali e del giusto processo. Si richiama il Comitato per i Diritti umani delle Nazioni Unite che riferisce che le leggi penali sono utilizzate per reprimere l’attività’ degli utenti dei social media percepiti come critici nei confronti del regime e per criminalizzare attività connotate come ‘violazione della morale pubblica’ e ‘minaccia dei valori familiari”; quest’ultimo in particolare e’ il caso di donne e ragazze che avevano pubblicato propri video e fotografie dove ballavano e cantavano”; arresti anche per motivi religiosi, discriminazioni a danno delle donne “il Comitato per i Diritti umani delle Nazioni Unite segnala che la violenza domestica, compreso lo stupro coniugale, non è ancora esplicitamente criminalizzata nella legislazione nazionale e il codice penale consente clemenza per i cosiddetti ‘crimini d’onore’ e in ordine ai diritti LGBTQI, nella realtà, i comportamenti omosessuali o le unioni tra persone dello stesso sesso spesso sono perseguiti dalle autorità di polizia, sulla base di accuse di ‘dissolutezza’, ‘prostituzione’ o ‘violazione dei valori della famiglia’, mentre le discriminazioni sono diffuse su vasta scala”. Le torture sarebbero all’ordine del giorno.

Per la nostra magistratura si ritiene dunque necessaria eccezioni per gli oppositori politici, i dissidenti, gli attivisti e i difensori dei diritti umani o per coloro che possano ricadere nei motivi di persecuzione.

Tuttavia l‘Egitto è tra i 19 paesi classificati sicuri dal recente decreto del governo e che per questo faciliterebbe l’espulsione immediata del migrante irregolare dall’Italia senza l’obbligo di valutare la sua richiesta di asilo e il governo ha confermato la sua determinazione a proseguire con le operazioni di trasferimento dei migranti. Infatti è già pronta a salpare la nave della Marina militare Libra, destinata a portare nuovi gruppi di migranti verso i centri di accoglienza in Albania, nei centri appena realizzati di Gjader e Shenjin. Questa operazione è vista come una continuazione della strategia governativa per gestire i flussi migratori.

Per il capogruppo di Fratelli d’Italia alla CameraTommaso Foti, “spetta allo Stato individuare i Paesi sicuri” e “la decisione dei giudici del Tribunale di Catania appare perseguire l’unico fine di ostacolare qualsiasi azione volta a contrastare l’immigrazione illegale di massa”. L’intento dell’esecutivo con il decreto è quello di risolvere le problematiche legate ai flussi migratori e facilitare le procedure di rimpatrio.

Per il governo, il modello Albania non è tuttavia in discussione. A largo di Lampedusa, la nave Libra della marina militare ha iniziato il recupero di naufraghi adulti, maschi e non vulnerabili, provenienti da paesi ritenuti sicuri secondo il decreto legge del governo, da trasferire nei due centri albanesi di Shengjin e Gjader. La nave partirà “quando ci saranno le condizioni, quindi anche l’intercettazione di migranti in mare e il pre-screening, che individuerà le persone eleggibili per andare in Albania”.

La posizione del Governo italiano presuppone che il diritto statuale abbia prevalenza sul diritto europeo e, d’altra parte, si tratta di una posizione in diverse occasioni espressa  dalla stessa Presidente del Consiglio e da alcuni dei suoi ministri.”Il governo ha deciso di percorrere questa strada perché era nel nostro programma elettorale – ha spiegato il ministro per i Rapporti con il Parlamento -. I centri in Albania servono innanzitutto come deterrenza, poi servono anche perché molte regioni, comprese quelle governate dal centrosinistra, non vogliono centri di accoglienza sul loro territorio. Andiamo avanti per la nostra strada, abbiamo fatto un nuovo decreto: spetta ai governi decidere quali sono i Paesi sicuri e quali no. Se ogni giudice decidesse di testa sua quali sono i Paesi sicuri e quali no – ha concluso – naturalmente non potremmo più fare una politica di difesa dei confini”. 

Il lavoro del governo, afferma Giovanni Donzelli, non può esser bloccato per colpa di alcuni magistrati ideologizzati e spetta solo al potere politico definire quale paese sia sicuro o meno. Donzelli poi sottolinea la differenza sostanziale fra politica e magistratura, cioè l’accesso ad una serie di informazioni che al grande pubblico spesso non arrivano se non in maniera frammentaria.

Ciò che succede in Egitto o in Bangladesh nei confronti dei dissidenti politici, esponenti di altre religioni o di altri orientamenti sessuali non possono diventare un impedimento specie quando alcuni giudici sarebbero schierati politicamente: “Secondo me non spetta ai giudici valutarlo, spetta al governo per un principio: i giudici non sono in possesso di informazioni che sono in possesso del governo, questo a livello anche europeo. Basti pensare alle intelligence: hanno dati che i giudici non hanno e i governi scelgono. Non si può decidere in base alle simpatie di un giudice o di cosa ha detto nei precedenti comizi, perché altrimenti vengono meno la separazione dei poteri e i capisaldi della nostra nazione.
Sarebbe utile un’unica lista europea, ma finché non c’è ogni nazione ha il diritto di fare la propria lista e il principio secondo cui non ci sono paesi sicuri sta portando all’Italia che non può più respingere nessuno: se qualche giudice vuole stabilire che non esistono più i confini italiani, allora non può farlo tramite sentenze…!”

La Meloni accusa la magistratura di usare argomentazioni che sembrano «un volantino propagandistico», riferendosi a una recente sentenza dei giudici emiliani, che hanno paragonato le politiche del governo italiano ai rischi del regime nazista. «Un’argomentazione efficace sul piano della propaganda, ma debole su quello giuridico», ha risposto la Premier. Meloni ha poi ribadito la necessità di contrastare l’immigrazione irregolare, accennando al rischio di un intervento giudiziario che, a suo avviso, mira a impedire queste politiche restrittive.
Non è mancata nemmeno una stoccata al Consiglio d’Europa, che di recente ha denunciato alcuni episodi di razzismo attribuiti a membri delle forze dell’ordine italiane. Meloni ha definito “surreale” questa posizione, e ha provocatoriamente affermato: «Se continuiamo così, sarò io a dire che l’Italia non è un paese sicuro. Per carità, potrebbe risolvere qualche problema…», lasciando intendere che l’Italia potrebbe considerare una revisione dei rapporti internazionali se le critiche dovessero continuare.

Resta aggiornato

Invalid email address
Promettiamo di non inviarvi spam. È possibile annullare l'iscrizione in qualsiasi momento.
Manuela Cunsolo
Manuela Cunsolo
Laurea magistrale in Giurisprudenza, vive a Catania dove attualmente svolge la Pratica forense presso uno studio penale. Alle scuole superiori ha iniziato a fare volontariato in uno dei quartieri disagiati della sua città dando lezioni di doposcuola ai bimbi. Sempre il suo amore per i bambini l'ha spinta a diventare volontaria Abio presso i reparti di pediatria generale, oncologica e broncopneumologia del Policlinico di Catania per circa 10 anni. Il suo sogno è di diventare un avvocato penalista e una mamma.

Questo sito usa Akismet per ridurre lo spam. Scopri come i tuoi dati vengono elaborati.