Come già accaduto per alcune notizie pubblicate da questo giornale e rilanciate dal Presidente di Fratelli d’Italia, Giorgia Meloni, anche ieri abbiamo assistito a un fact-checking dell’AGI imbarazzante per approssimazione e semplificazione da sussidiario delle medie.
L’Agenzia Giornalistica Italia, ancora una volta travisa i fatti riportati e le dichiarazioni della Meloni, come nel caso di quanto ha detto la leader di FDI -a Studio Aperto – rispetto alla missione Sophia che riportiamo qui di seguito.
«In Europa l’Italia deve cambiare la domanda: le navi della Marina militare o le navi europee non devono servire, come era nella missione Sophia, per andare a raccogliere immigrati in tutto il Mediterraneo e portarli in Italia ma per fare un blocco navale al largo delle coste della Libia. Se andiamo a chiedere questo in Europa, invece di chiedere di distribuire immigrati clandestini, ci sarà maggiore attenzione verso di noi.»
L’AGI prende di mira quanto dichiarato e si ingegna passando in rassegna sommaria, ora vedremo come, una serie di dichiarazioni di intenti relative alla missione, messe su carta, puntando al risultato di poter dire che l’esternazione di Giorgia Meloni è scorretta.
Ma ha davvero ragione il sacro “fact-cheking” dell’AGI? Come già rilevato in passato, no. Ecco perché.
Premettiamo che la dichiarazione della Meloni sullo scopo della missione era incentrata sui dati di fatto, non sul mandato scritto su carta. Perciò è evidente che la missione Sophia non avesse tra i compiti ufficiali quello di trasportare immigrati in Italia, ma è altrettanto evidente non serve stabilire nero su bianco l’obbligo del soccorso, essendo previsto dai trattati internazionali. L’attività di recupero immigrati è stata diretta ed ineludibile conseguenza della missione. Quello che non era invece assolutamente necessario e dovuto, era far sbarcare tutti i migranti in Italia. Ad ogni modo, nonostante i palesi obblighi imposti dal diritto internazionale, lo stesso sito della missione dice, in pillole, che tra gli incarichi c’è quello di “contribuire a prevenire la perdita di vite in mare”. Che significa, in altre parole, recuperare gente in mare.
L’Agi però ci spiega che non si poteva far altrimenti. Perché come Italia eravamo a capo della missione, perché ce lo impone il diritto internazionale e perché Malta è troppo piccola. In ordine: non si capisce il nesso tra l’essere a capo della missione e dover sbarcare tutti da noi in Italia; il diritto internazionale parla di porto più sicuro, ma questo non è mai stato necessariamente quello italiano, perché si ignora la Grecia, la Spagna e, veniamo all’ultima osservazione, la stessa Malta che è uno Stato sovrano al pari del nostro e non si può semplicemente dire “ma è una piccola isola quindi non si può sbarcare lì”.
Il motivo invece reale per il quale sono stati sbarcati tutti i migranti salvati da Sophia in Italia, è esattamente quello che ha detto la Bonino. Però le dichiarazioni della Bonino del luglio 2017 sono riportate dall’Agi in maniera incompleta e quindi forzate. Dice il fact-checking ” I migranti venivano comunque tutti portati in Italia, come emerso da una dichiarazione del 2017 dell’ex ministro degli Esteri, Emma Bonino, che aveva suscitato molto clamore, non solo perché a Roma era situato il comando dell’operazione, ma anche perché era in sostanza l’unica meta possibile”.
Assolutamente falso. La ex ministro Bonino, alla quale fece eco l’ex ministro Mauro, dichiarò esplicitamente che gli immigrati andavano sbarcati in Italia tra il 2016 e il 2018 per preciso accordo del nostro Paese con l’Europa. Quindi, non c’etra il comando dell’operazione e l’Italia non era l’unica meta possibile.
Ulteriore prova è una nota del Senato (NOTA N. 113 L’OPERAZIONE EUNAVFOR MED SOPHIA) che reca testualmente “Sulla base di disposizioni interne (non pubblicate) applicabili all’operazione EUNAVFOR MED, per quanto riguarda il soccorso in mare si fa rinvio al piano operativo (ugualmente non pubblicato) dell’operazione TRITON dell’agenzia FRONTEX che, come è noto, prevede che i migranti soccorsi siano condotti nei porti italiani”.
Nulla da eccepire sul fatto che Sophia abbia salvato poco attorno a 45.000 immigrati, che corrispondono a poco più del 10%, stando ai dati della guardia costiera (anche se la percentuale non indica molto se non la si rapporta ad un numero: un conto è il 10% di 180.000, un altro conto è il 10% di 3.000, cambia in termini di numeri assoluti). Ma il punto è quanto già detto: sono stati tutti sbarcati in Italia. L’Agi ci parla di sbarchi anche in Grecia e Spagna al di fuori della rotta del mediterraneo centrale, quindi al di fuori di Sophia. Perciò a conferma del fatto che Sophia sbarcava tutti gli immigrati nei porti italiani.
Altra lacuna nell’analisi dell’AGI: la missione Sophia ha visto il ritiro delle unità navali, non perché “Salvini ha imposto la linea dura sui migranti”, ma semplicemente perché il governo ha chiesto ai partner europei di non sbarcare più i migranti solo in Italia. A quel punto sono state ritirate le navi, lasciando solo un manipolo di aerei.
L’Agi, infine, attribuisce – frettolosamente e semplicisticamente – tutti i meriti a Minniti per la riduzione delle partenze dei barconi, al fine di ribadire che è stato l’operato di Minniti, e non la presenza delle navi della missione Sophia, ad aver determinato il crollo delle partenze. Ci trova parzialmente d’accordo: infatti l’agenzia dimentica di riportare la fase 3 della missione, l’unica che poi sarebbe stata secondo noi davvero efficace “volta a neutralizzare le imbarcazioni e le strutture logistiche usate dai contrabbandieri e trafficanti sia in mare che a terra e quindi contribuire agli sforzi internazionali per scoraggiare gli stessi contrabbandieri nell’impegnarsi in ulteriori attività criminali”. Di fatto un blocco navale, come chiedono la Meloni e Fratelli d’Italia da tempo. Ma purtroppo non è stata attivata, poiché non sono intervenuti né una risoluzione ONU che la autorizzi né un atto di consenso da parte dello Stato libico.
Ultimamente assistiamo a una deriva del fact-checking. Molti paladini anti-bufala pur di affermare le proprie convinzioni politiche travisano fatti, si appigliano a fotmalismi tralasciando la sostanza, omettono notizie o le riportano solo parzialmente. Con il ditino puntato, ma con il grosso rischio di diventare essi stessi i bufalari del web che vorrebbero combattere. Cui prodest? Al giornalismo e alla democrazia sicuramente no.