La costanza con cui i giudici si ostinano a emanare decreti e sentenze contro le decisioni del governo quando ci sono di mezzo dei migranti clandestini, è paragonabile veramente a poche altre cose. Alla continuità, ad esempio, con cui il Sole e la Luna si susseguono.
Scherzi a parte, giorno dopo giorno, sentenza dopo sentenza, risulta difficile non pensare male. Si è instaurata una sorta di lotta tra due poteri, quello esecutivo che cerca di mettere in azione la sua forza politica di cui è stata dotata dai cittadini, e quello giudiziario, che troppo spesso sembra sostanziarsi in un partito mancato.
Ieri l’ennesima sentenza, forse una delle peggiori in certi termini, per il semplice fatto che conferma quello che sta diventando sempre più lampante: secondo una certa fazione, che parte dalla politica ma che si allarga anche ad altri rami della società – il giornalismo, l’associazionismo, anche la giustizia – è diventato impossibile difendere i confini.
È ormai chiaro, plateale, sotto gli occhi di tutti che certe decisioni mirano ad annullare le frontiere, allargando di fatto il trattato di Schengen a Paesi con cui non si ha alcuna garanzia di sicurezza, in nome di un esasperato buonismo e di chissà quale altro interesse (magari il diritto alla moda di qualcuno…). Facendo un torto anche al resto dei Paesi europei, permettendo di violare così facilmente il confine esterno dell’Unione. Difatti, se il migrante clandestino accolto riesce a sfuggire a qualsiasi controllo (come spesso è avvenuto, con i barconi arrivati su spiagge piene di bagnanti), può iniziare a girare per l’Europa incontrastato. Molti restano in Italia, ma molti di più arrivano nelle grandi metropoli europee.
Condannare il governo a risarcire i migranti trattenuti sulla nave Diciotti della Guardia Costiera (e quindi comunque non lasciati in mezzo al mare privi di soccorso), per fatti risalenti peraltro a quando il ministro dell’Interno era Matteo Salvini e il premier era – udite udite – Giuseppe Conte, vuol dire proprio questo: nessuno, neppure il Viminale, neppure Chigi, può avere il controllo dei confini, specie se esterni. Cosa che in teoria non sta né in cielo né in terra nel nostro ordinamento. Ma è nella pratica che le cose non vanno.
La legislazione in fatto di migranti, accoglienza, rimpatri, è quanto mai dettagliata e specifica in Italia. È un intersecarsi di diritto internazionale, comunitario, statale. I migranti in difficoltà in mare vanno soccorsi sempre, secondo il diritto consuetudinario. Poi vanno capite le norme da applicare, se quelle ad esempio dei rimpatri accelerati, a cui possono accedere i clandestini provenienti da Paesi sicuri. Perché almeno su un dato di fatto dovremmo essere tutti d’accordo (anche se amaramente capiamo che non è così): è clandestino chiunque abbia varcato i nostri confini senza permesso.
Tornando ai Paesi sicuri, la cosa si complica. La lista stilata dal governo, infatti, ha subito una modifica dopo che la Corte di Giustizia dell’Unione europea ha sancito il principio di territorialità: è insicuro il Paese che ha porzioni di territorio fuori dal controllo del governo centrale. E così diversi Paesi sono stati depennati dalla lista. L’Italia, inoltre, vanta anche dei trattati: con i Paesi nord-africani, o con l’Albania. Tutta una serie enorme di norme e scartoffie per garantire i diritti di tutti: i diritti del migrante che deve essere trattato come un essere umano, nel rispetto dei diritti dell’uomo; i diritti dei cittadini, che chiedono la salvaguardia dei confini del loro Paese come fossero i muri delle loro abitazioni, e hanno dato chiaro mandato elettorale a un governo anche a questo fine.
Il paradosso è che molto, troppo spesso, sono proprio i massimi esponenti della legalità in senso lato, coloro che sono chiamati per mestiere ad applicare le leggi, i primi a disfarsene.
Cassazione choc: “Risarcite i migranti della Diciotti”. La protervia dei giudici della Cassazione è tale che non mi stupirei se, a breve, condannassero Dio, Allah e Jahweh per tutte le ingiustizie che hanno permesso. A questo porta il delirio di onnipotenza dei magistrati italiani, figli o nipoti degeneri del famigerato ’68 che tanto danno ha portato alla cultura italiana ed europea. Sarà contenta e giuliva la prefica Elly Schlein che, per una volta, non dovrà stracciarsi le vesti ed ululare alla luna: questa volta non correremo il rischio di vederla ballare nuda su un carro insieme a Zan!!!