Migranti, l’Europa recepisce il modello Meloni: sì agli hotspot in Paesi extra Ue

Sì ai centri di accoglienza al di fuori dei confini europei. È una vittoria italiana quella che emerge dal Consiglio europeo informale dei giorni scorsi e dalla conferenza stampa di ieri della presidente della Commissione Ue, Ursula von der Leyen. L’Unione europea e la maggioranza dei suoi Stati membri sono sempre stati favorevoli alla creazione di hub per migranti al di fuori dei confini europei. Una mossa che permetterebbe di sfruttare l’effetto deterrenza che ne deriva, quello cioè di non permettere ai clandestini di mettere piede sul suolo europeo dove, pur giungendo irregolarmente, posso sperare di passare inosservati o comunque, tra un tentativo di fuga e un assist da parte della magistratura, possono tentare di farla franca, eludere i controlli e iniziare a vagare liberamente per il nostro Paese e per il nostro continente. Bene si capisce che, spedendo i clandestini raccolti in mare direttamente al di fuori dei confini europei, tutto ciò non può avvenire. È infatti questo lo scopo che si cela dietro il protocollo d’intesa firmato da Italia e Albania il 6 novembre 2023, che ha previsto la costruzione di due centri per i migranti su suolo albanese, in cui vige la giurisdizione italiana e nel quale possono fare accesso soltanto i migranti clandestini maschi.

La Ue ha sempre mostrato interesse nei confronti del piano in Albania. La stessa presidente von der Leyen ha assicurato che, nella lotta all’immigrazione clandestina, un punto fondamentale è quello delle “soluzioni alternative”, idee nuove per affrontare un problema che, con le strategie fin qui utilizzate, non può essere risolto. L’apertura della presidente tedesca arrivò dopo una lettera a lei indirizzata, firmata da 15 Stati membri Ue in cui si chiedeva l’intervento diretto della Commissione sulla creazione di un piano comune e sulla creazione di hub sul modello albanese.

Pugno duro sui rimpatri

La von der Leyen è stata chiara in conferenza stampa: Nel “centesimo giorno di questo collegio – ha annunciato la presidente della Commissione – adotteremo una proposta giuridica ambiziosa sui rimpatri. I rimpatri sono un elemento chiave del Patto sulla migrazione e l’asilo. Proporremo norme comuni per i rimpatri con un nuovo ordine europeo di rimpatrio e il reciproco riconoscimento delle decisioni di rimpatrio da parte degli Stati membri. Vogliamo quindi mettere in atto un sistema veramente europeo per il rimpatrio proponendo un regolamento con regole più semplici e chiare, che impedisca le fughe e faciliti il rimpatrio di cittadini di Paesi terzi che non hanno diritto di restare”. In più, “a coloro che vengono rimpatriati forzatamente – ha aggiunto – verrà imposto un divieto di ingresso. E saremo più severi. Laddove ci siano rischi per la sicurezza, saremo assertivi. Ma ci assicureremo anche di agire nel pieno rispetto dei nostri obblighi derivanti dal diritto internazionale e rispettando i diritti fondamentali”.

Rimpatri, difesa dei confini, trasporto dei clandestini in Paesi extra Ue, lotta ai trafficanti di esseri umani. C’è una certa affinità – diciamo così – tra il modello europeo e quello italiano nel contrasto agli ingressi irregolari. Una affinità cercata a lungo da Giorgia Meloni, che da premier italiana ha saputo esportare le sue idee, condividerle e farle apprezzare anche al resto dei leader europei, che nei loro Paesi vivono gli stessi disagi che affrontiamo noi in Italia. Una comunanza dunque voluta per cercare di risolvere il problema in modo strutturale e duraturo. Una alleanza che, se andasse in porto, potrebbe significare la fine di sentenze ideologiche da parte delle toghe rosse.

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