Dal cruscotto giornaliero emanato dal Viminale emerge solo l’ultima conferma che il lavoro svolto da Giorgia Meloni in fatto di migrazioni sta raggiungendo gli effetti sperati. Con buona pace di chi, nei primi difficili mesi del 2023, appariva quasi compiaciuto dei numeri elevati di sbarchi, in balia di quel sentimento anti-italiano tipico della sinistra che viene esacerbato quando la destra è al governo. Con riferimento al 25 marzo, i dati di quest’anno parlano di un numero poco più superiore agli 11 mila sbarchi. Nello stesso periodo dell’anno precedente, gli sbarchi furono 25 mila. In pratica, per ora nel 2024 il governo Meloni è riuscito a eliminare più della metà degli sbarchi del 2023.
Questo è il risultato di un intenso lavoro diplomatico che è appena cominciato: si attendono infatti i veri grandi progressi del Piano Mattei, che consentirà di ottenere lavoro e sviluppo soprattutto nei Paesi africani d’origine dei flussi. Ma prima ancora di questo, è bene ricordare gli effetti benefici dell’accordo siglato tra Italia (mediante il coinvolgimento dell’Unione Europea) e Tunisia e poi, più di recente, di quello con l’Egitto. Con l’obiettivo principale di ferma la tratta di essere umani nel mare nostrum, di fatto il Mediterraneo Centrale (il percorso che vedeva l’Italia come terra d’approdo) ha subito un drastico calo – secondo Frontex, del 70% – e ora non è il tratto più trafficato, portando i contrabbandieri a scegliere altre mete, come la Spagna del socialista Sanchez, o altri Paesi di transito, come la Libia dove, pur vigendo un accordo precedente con l’Italia, l’instabilità politica permette agli scafisti di avere vita facile.
Dal canto suo, la sinistra, al governo per dieci anni quasi ininterrottamente, mai aveva dato prova di un così intenso dialogo diplomatico, di una così ricercata cooperazione internazionale. E infatti, ora che è il governo Meloni, a soli 17 mesi dal suo insediamento, ad affossare gli affari degli scafisti e a dettare la linea politica in un’Europa ancora affollata dai socialisti, la sinistra cerca di rimediare screditando il lavoro dell’esecutivo. Lo ha fatto, su tutti, in riferimento all’accordo tra Italia e Albania, un patto che lega i due Stati tramite la collaborazione nella gestione dei flussi migratori: in pratica, alcuni migranti che approderanno in Italia saranno spediti in alcune aree di territorio albanese sotto giurisdizione italiana al fine di velocizzare il processo di identificazione, di accoglienza o eventuale rimpatrio. Per la sinistra tuttavia si tratta di “deportazione di migranti”. Ma solo per la sinistra italiana: l’accordo ha trovato l’appoggio dell’Unione europea ed è guardato con interesse dalla Germania di Scholz, senza dimenticare che Edi Rama, premier albanese, appartiene al partito socialista. Insomma, laddove si vogliono superare le barriere ideologiche ed emerge una chiara volontà di cooperazione e di risoluzione del problema migratorio, viene di fatto riconosciuta la bontà dell’accordo. Lasciando la sinistra italiana rinchiusa nei suoi dogmi. Quella sinistra che avallò gli accordi con la Libia e che non alzò un dito di fronte al patto tra l’Unione europea e la Turchia di Erdogan per snellire il carico di uomini che giungeva in Grecia e dunque in Europa, senza all’epoca preoccuparsi di eventuali violazioni di diritti umani, sicuramente più frequenti sotto Erdogan che nell’Albania di Rama.
Convince dunque la linea di Giorgia Meloni, che ha portato il Consiglio europeo ad impegnare la Commissione ad adottare altre misure per contrastare il traffico di esseri umani mediante la cooperazione con altri Paesi. Ora in Italia, ridotto il flusso africano, il numero maggiore di migranti arriva dall’Asia mediorientale e dal subcontinente indiano. È per questo che c’è bisogno ancora di lavoro, ma aver superato a pieni voti il periodo difficile dell’inizio 2023, anno dell’inasprimento dei conflitti nei Paesi sub-sahariani, può essere considerato un ottimo inizio.