Migranti, vittoria italiana in Ue: ecco il piano a prova di toga rossa

Quella sull’immigrazione è certamente una delle vittorie più importanti dell’Italia in Europa. Dopo il capolavoro di Giorgia Meloni, riuscita a inserire un conservatore italiano, Raffaele Fitto, all’interno della Commissione europea, una pedina importantissima dopo il voto contrario di Fratelli d’Italia a Ursula von der Leyen (un insegnamento alla sinistra: la coerenza, e non il servilismo, porta i suoi frutti, sempre), l’Italia assesta un altro colpo ai fanatici progressisti, ponendo le basi per un’Europa che ha sempre più bisogno della realpolitik. Le destre vincono le elezioni in tutto il mondo, il ritorno di Donald Trump alla Casa Bianca e la sua irruenza hanno fatto capire finalmente (si spera) anche ai bacchettoni europei che c’è bisogno di riprendersi il proprio destino in mano. L’Europa deve tornare forte a livello internazionale, deve riuscire a essere pari tra le grandi potenze odierne, favorite dall’assenza di derive di qualsiasi tipo e soprattutto da processioni decisionali più snelli e reattivi, capaci di provvedere alla celerità imposta da un mondo sempre più veloce. E non può esserci superpotenza seria che permetta ai propri confini esterni di essere violati continuamente e facilmente dalle mafie dei trafficanti di esseri umani. Sarebbe un paradosso, che minerebbe all’immagine stessa dell’Europa.

Il nuovo piano Ue è una vittoria italiana

È stato così, del resto, finora. Ma adesso le cose sembrano cambiare e le istanze italiane, portate avanti dalla destra nostrana ormai da decenni, sono sempre più ascoltate. Vengono anzi prese a modello: è il modello Meloni, quello vincente, fatto di rimpatri dei clandestini, stop alle partenze, difesa dei confini, contrasto ai flussi irregolari su cui si basa il business dei contrabbandieri, e soluzioni innovative, come gli hub localizzati al di fuori dei confini europei, su cui l’attenzione della Commissione europea è sempre più importante. Nel nuovo piano disposto dalla presidente della Commissione Ue, Ursula von der Leyen, si fa sul serio sugli ingressi irregolari: i clandestini verranno rimpatriati secondo le norme del diritto internazionale (a prova di toga rossa, dunque). E a chi non collabora con le autorità per l’espulsione, verrà negata la possibilità di tornare in Europa per un periodo di tempo che si aggira intorno ai dieci anni. Tra le novità più importanti, comunque, c’è la disposizione di una normativa unica e comune a tutti gli Stati membri. La suddivisione tra normative nazionali, in una materia in cui l’interesse comune ha la meglio, comprometteva infatti proprio la loro efficacia.

Si parla di vittoria italiana. Lo si fa con cognizione di causa, perché per troppi anni la destra, quella di Fratelli d’Italia, quella della concretezza e della coerenza, ha denunciato la fallacia delle politiche sui Paesi di primo approdo, lasciati soli da altri Stati membri che millantavano un presunto buonismo su cui si basava anche la propaganda dei trafficanti. “Venite, ché vi accoglieranno” era un po’ il messaggio di fondo dei mafiosi, che facevano business sulla cultura no-border e cosmopolita che ha evidentemente fallito. Ora, anche in Europa qualcuno sembra aver capito: “Buoni sì, ma fessi no”.

Non mancano le voci contrarie. Tutte provenienti da sinistra, in nome di un falso progressismo che protende verso l’accoglienza indiscriminata: “Sul regolamento europeo sui rimpatri il centrodestra continua a fare propaganda senza raccontare la verità sui centri di detenzioni per migranti in Albania da oltre 800 milioni di euro” farfuglia il verde Angelo Bonelli. Ma sono ormai lamenti isolati, piccoli e ultimi rantoli di un sistema che sta per cadere.

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