Mike Pence – per chi non lo conoscesse vicepresidente degli Stati Uniti sotto l’amministrazione Trump, repubblicano di ferro – avrebbe raggiunto un accordo con “il sultano” Erdoğan per il cessate il fuoco in Siria. In pratica, nell’accordo si conviene di sospendere le operazioni militari di Ankara contro le forze curde nei territori nord-est della Siria per i prossimi cinque giorni per consentire alle truppe curde di ritirarsi, e mettendo fine così a ulteriori spargimenti di sangue. E’ previsto anche che le forze democratiche siriane (SDF) scese in campo per sostenere i curdi, si ritirino oltre una zona definita “sicura”, profonda circa 51 chilometri, proprio al confine con la Turchia, almeno secondo quanto dichiarato dallo stesso Pence durante una conferenza stampa con giornalisti di Ankara. “Si tratta di una pausa di 120 ore durante le quali gli Stati Uniti controlleranno il ritiro dell’YPG (un’unità curda ora momentaneamente inglobata dall’SDF). Dopo l’avvenuto ritiro, la Turchia accetterebbe un cessate il fuoco permanente”, ha detto il vicepresidente degli Stati Uniti.
Di contro, il generale Mazloum Kobane dell’SDF, ha confermato l’accordo di cessate il fuoco commentando la situazione sulla televisione locale giovedì sera, ma ha anche specificato che l’accordo si sarebbe applicato solo alla zona tra le città di Tal Abyad e Ras al-Ayn, entrambe al centro di combattimenti particolarmente pesanti. Non ci sono invece commenti immediati da Mosca e Damasco, che tra l’altro hanno continuato a traferire truppe nella zona di confine contestata. Qualcosa di più si dovrebbe sapere martedì prossimo, quando è previsto a Sochi un incontro tra Erdoğan il suo omologo russo, Vladimir Putin. Nella circostanza si prevedono colloqui più concreti sulla dimensione della zona cuscinetto prevista della Turchia.
Riguardo al trattato, però, rimangono scettici e parecchio freddi molti curdi, soprattutto dopo aver saputo che sarebbe anche prevista la rimozione delle forze a guida curda dal confine e quindi da tutte le operazioni militari. Ad una domanda specifica, Pence è rimasto in silenzio, e non è stato nemmeno in grado di chiarire se l’accordo costituisce da parte degli Stati Uniti l’ennesimo abbandono degli ex alleati curdi nella lotta contro lo Stato islamico. L’accordo, infatti, sembrava avere il valore di un significativo appoggio degli Stati Uniti alla posizione della Turchia nel conflitto scatenato da Erdoğan la scorsa settimana e che lascia in piedi molte discussioni sui confini di una zona sicura. A conferma di ciò, Pence nella dichiarazione rilasciata dopo l’incontro con l’uomo forte di Ankara, ha ribadito la comprensione da parte degli Stati Uniti della necessità per la Turchia di una zona sicura che sarà “presidiata principalmente dalle forze armate turche” dopo il ritiro curdo, lasciando così intendere che Ankara pretende di occupare anche in futuro il tratto di terra di 440 km, che comprende diverse importanti città curde e parti di un’autostrada principale.
Strambo anche il silenzio di Pence sull’eventuale comportamento delle truppe russe e di quelle siriane, invitate dagli stessi curdi nella zona per reggere l’attacco turco, e che non sembrano proprio vincolati dall’accordo tra gli States e Ankara. “La nostra gente non voleva questa guerra. Diamo il benvenuto al cessate il fuoco, ma ci difenderemo in caso di attacco [ …] Il cessate il fuoco è una cosa e la resa è un’altra cosa, e siamo pronti a difenderci. Non accetteremo l’occupazione della Siria settentrionale “, ha detto il leader politico curdo Saleh Muslim alla televisione locale.
E questa dichiarazione sembra proprio il minimo rispetto all’offerta turco-americana, tesa a cancellare una gran parte dei territori a guida curda, e di portare un altro affondo al genocidio che vorrebbe Erdoğan . E’ evidente, quindi, che la pace è ancora parecchio lontana, anche perché conoscendo la tenacia e l’onore del popolo curdo, difficilmente ci sarà chi è disposto a cedere su tutta la linea.