Attacco a Israele: le scelte di Biden indeboliscono tutto l’Occidente

Tutto si tiene. In natura, in famiglia e nella società, così come in geopolitica e, di conseguenza, nel fragile equilibrio dei rapporti tra le nazioni. Nella fattispecie, ogni cigno nero (metafora di un evento inatteso e isolato, nda) è il prodotto o la conseguenza di una serie di decisioni molto spesso viziate da un approccio ideologico e quasi sempre da una valutazione nel breve periodo, cosa che avviene quando i leader governano in funzione del consenso e non di ciò che è giusto.

Riguardo al Medio Oriente, dall’11 settembre in poi subiamo sulla nostra pelle le conseguenze di scelte sbagliate su Osama bin Laden, primavere arabe, ISIS, Libia e, infine, sul sanguinoso regime iraniano guidato dagli ayatollah, che ha fiancheggiato i terroristi di Hamas nello sconvolgente attacco sferrato al popolo israeliano.

I tragici attentati delle Torri Gemelle furono seguiti da una serie di fatti che ne hanno poi determinati altri: lo scandalo Nigergate, ovvero il falso dossier creato ad arte dall’allora vicepresidente americano Dick Cheney per dimostrare che Saddam Hussein stesse costruendo la bomba atomica e giustificare l’invasione dell’Iraq e, poi, quelli originati dall’avvento di Barack Obama alla Casa Bianca.

Certo, nel 2009 il primo presidente nero della storia USA vinse il Nobel per la Pace e, col senno di poi, viene da pensare che quel suo «non so se lo merito» ebbe un che di profetico, poiché da allora bombardò ben sette (7!) paesi: Afghanistan, Yemen, Pakistan, Somalia, Libia, Iraq e Siria.

Nel novembre del 2016, contro tutti i pronostici, vinse Donald Trump. Sì, proprio quello che democratici e media mainstream additavano come «il guerrafondaio che ci porterà alla Terza Guerra Mondiale». Risultato: zero guerre per 4 anni.

Poi, nel 2020, venne il turno di Joe Biden. Ovvero quello, sempre secondo sinistra e giornaloni, che avrebbe dovuto pacificare l’America e il mondo intero dopo le mancate guerre di Trump. Risultato: nell’agosto del 2021 il disastroso abbandono dell’Afghanistan, che rappresenta una delle pagine più buie della storia d’Occidente e, nel febbraio del 2022, la Russia di Putin invade l’Ucraina.

Ma veniamo all’attacco ad Israele. Il 17 agosto di quest’anno, Donald Trump ha rilasciato un video in cui attaccava il presidente Biden per aver sbloccato 6 miliardi di dollari a favore dell’Iran per il rilascio di 5 detenuti americani, affermando che si trattava di un accordo «mortale» e che il pagamento «verrebbe immediatamente utilizzato per scatenare violenze, spargimenti di sangue e caos in tutto il Medio Oriente e in tutto il mondo» e che «l’Iran utilizzerà questi soldi per il suo programma di accordo sulle armi nucleari che metterebbe Israele, gli Stati Uniti e il mondo intero in grave pericolo, costando innumerevoli vite innocenti. Biden ha messo una taglia su ogni testa americana».

51 giorni dopo Hamas ha attaccato Israele.

Certo, per onestà intellettuale ci guardiamo bene dell’affermare che questi 6 miliardi siano l’unica causa del barbaro attacco, ma è altresì oggettivo che una tale mole di liquidità abbia aiutato il regime di Teheran a finanziare l’attacco che, come ammesso da Hamas, è frutto di una collaborazione con l’Iran.

Più in generale, è del tutto evidente che la presidenza Biden costituisca una vera e propria falla per l’Occidente, che negli ultimi 3 anni è stato indebolito non soltanto dalle fallimentari scelte del presidente USA in tema di politica internazionale, ma anche dal suo sistematico tentativo di demolire i valori su cui si fonda la Civiltà Occidentale lasciando – al contempo e in nome dell’ipocrisia che sta alla base del politicamente corretto – campo libero alle infiltrazioni di estremisti islamici che appaiono più determinati che mai a sfruttare questa nostro stato di evidente debolezza.

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Alessandro Nardone
Alessandro Nardone
Consulente di marketing digitale, docente alla IATH Academy, è autore di 9 libri. È stato inviato di Vanity Fair alle elezioni USA dopo aver fatto il giro del mondo come Alex Anderson, il candidato fake alle presidenziali americane del 2016.

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