Università bloccate, occupate e invase dai (talvolta anche pochi) soliti noti. Gli estremisti di sinistra, figli di papà e della democrazia solo dichiarata, che giocano a occupare, un mese sì e l’altro pure, le scuole, gli atenei, pesando sul corso delle lezioni e sugli studenti che utilizzano le università per quello per cui sono nate: studiare e formarsi. Vogliono la pace e pretendono di essere ascoltati. Tacitano offrendo la loro sola opinione, dogma indiscutibile da rispettare (pena l’essere tacciato di razzismo, fascismo, nazismo addirittura, e intolleranza). Pretendono incontri e protestano in casa loro, dove vi sono la democrazia e la pace a garantirli, dove è facile dire la propria senza che nessuno si permetta di ostacolare il pensiero altrui. Le loro proteste riguardano la crisi in Medio Oriente e si pongono in favore della Palestina: da un lato una democrazia, dall’altro un regime terroristico che opprime le libertà. Mai nessuno, tra i manifestanti a favore di Gaza, è riuscito a differenziare popolo palestinese, che va difeso, vittima del regime islamista, e Hamas, che invece va condannato e combattuto. A sinistra, specie presso quella più estrema, si fa fatica ad ammettere ciò.
Proteste in tutta Italia: occupato il Rettorato della Federico II di Napoli
È proprio sulla guerra in Medio Oriente, d’altronde, che si basa il lungo filone di proteste che sta interessando da alcuni giorni gli atenei di tutta Italia. La narrazione è la solita: le università sarebbero complici del “genocidio” del popolo palestinese. Chissà come mai, si occupano sempre università o scuole che, per quanto parte dell’ordinamento statale, non avrebbero forza per decidere le sorti di una guerra in cui l’Italia non è neppure coinvolta attivamente con la fornitura di armi. Vale la pena ricordare le parole di Giovanni Molari, rettore dell’Unibo che dinnanzi a richieste di prendere parte sulla guerra in Medio Oriente, ha definito la sua università “un ente troppo piccolo per avere influenza”. Una dicitura ragionevole, che però non è piaciuta alle manifestanti che, durante con un convegno, davanti allo stesso rettore, lo accusarono di avere “le mani sporche di sangue”. Su questa stessa scia si pongono le proteste di questi giorni in Toscana, a Torino e quella avvenuta ieri a Napoli, dove un gruppo di studenti (pochi in verità) ha occupato il Rettorato della Federico II: “È arrivato il momento di dire basta a questo tipo di bugie e alla propaganda sionista dentro e fuori le università” dice un manifestante ai microfoni del Mattino. Il fulcro delle richieste è lo stop al Bando di cooperazione scientifica siglato tra Italia e Israele, che per i manifestanti deve essere “boicottato” in nome della Palestina libera. Anche a Roma si annunciano mobilitazioni da parte del solito miscuglio tutto sinistro di studenti ideologizzati, collettivi e centri sociali.
La posizione del Governo Meloni
I sinistri, tuttavia, non considerano la vera posizione del Governo Meloni sulla crisi in Medio Oriente. È infatti oramai chiaro che l’intento dell’esecutivo in merito alla questione palestinese, è quello raggiungere l’obiettivo “due popoli, due Stati”. Due Stati che possano vivere pacificamente l’uno al fianco all’altro, condannando gli eccessi di violenze e liberando la Palestina dal vero nemico del suo popolo: l’organizzazione terroristica di Hamas. Ed è stato più volte chiarito come l’appoggio italiano al diritto di Israele di esistere contro certe pretese antisemite, non è mai scaturito in un aiuto militare al governo presieduto da Benjamin Netanyahu . Anzi, l’Italia è stata tra le prime Nazioni a predisporre degli aiuti concreti, di carattere alimentare ma anche sanitario, ospitando e curando dentro i nostri confini bambini palestinesi feriti, verso la popolazione civile della Striscia di Gaza. E più volte l’appello è stato di mettere in atto un cessate il fuoco e di tenere liberi i corridoi umanitari, al fine di consentire l’accesso degli aiuti per la popolazione. L’ultimo, in ordine temporale, è stato lanciato dal ministro degli Esteri Antonio Tajani, che alla Farnesina ha ospitato l’omologo israeliano Israel Katz. Nell’incontro è stata chiara la posizione del Governo: ottenere garanzie, anche da parte di Israele, in merito a Food for Gaza, premendo per un cessate il fuoco, chiedendo ad Hamas la liberazione degli ostaggi ma, al contempo, condannando l’attacco di Rafah.