Al gran bazar della crisi di governo più pazza che si ricordi si vendono (letteralmente) soluzioni per tutti i gusti: riesumazioni giallo-verdi, incubi giallo-rossi, Nazareni europeisti (con la variante horror e prodiana sotto il manto di “Orsola”). E poi appoggi esterni, governi di minoranza, esecutivi balneari, maggioranza “ponte”. Di tutto, di più, insomma.
E il demos? La sovranità che si esercita attraverso il voto? A maggior ragione dopo l’implosione di un azzardo istituzionale durato – al di là di come si concluderà questa parentesi – solo quattordici mesi? Tutto ciò non sembra proprio contemplato dalle forze politiche impegnate nel campionato dell’inciucio a rigorose porte chiuse.
Vale per tutte? A dire il vero no, perché – in plastica e onorata solitudine – c’è un partito fra i sei in Parlamento che ripete, e soprattutto applica, dal marzo 2018 (anzi, da prima con tanto di “patto anti-inciucio” firmato davanti agli elettori) il proprio «No!» a qualsiasi ammucchiata con “responsabili” vari e con le sinistre, ossia con il Pd e con il Movimento 5 Stelle.
Parliamo, chiaramente, di Fratelli d’Italia che, con Giorgia Meloni, ha ribadito in queste ore di non voler partecipare «al mercato delle vacche» che sta tenendo scientificamente fuori – e ciò dovrebbe far riflettere sull’emergenza nazionale di una riforma radicale della Costituzione – la parola degli italiani i quali, ogni volta che in questi mesi ne hanno avuto l’occasione, hanno ribadito ovunque di agognare un governo a trazione sovranista, senza edulcorazioni, “maschere” di scena o infingimenti.
Tutto questo Meloni & co lo sostengono in nome di una tradizione anti-ribaltone che viene da lontano, in nome appunto di una «lunga e travagliata storia», rappresentata dalla destra italiana che è «sempre rimasta fuori dagli intrallazzi di palazzo. Per qualcuno sarà un limite o un difetto, io – ha spiegato la leader – ne vado fiera».
In questa “giostra” dunque, dove si spintonano per partecipare 5 Stelle, Pd, Lega, Leu e Forza Italia, a farsi notare è proprio chi sceglie di non prenderne parte chiedendo, a sua volta, che la parola sia restituita agli elettori. Sta lì e solo lì il dispositivo della legittimazione e l’ingresso ordinato nella Terza Repubblica.
Tutto il resto – bizantinismi partitocratici stile Prima Repubblica e trasformismi calcati dalla Seconda – rappresenta solo l’ennesima truffa perpretata ai danni del popolo. Il trionfo, appunto, dell’antipolitica. Al Palazzo.