Non c’è nessuna “nuova Italia” di colore: è solo l’integrazione che riesce e non snatura

Discriminare non discriminando. È un po’ il pericolo emerso anche durante l’evento di apertura di questi Giochi olimpici di Parigi, mai come questa edizione politicizzati e strumentalizzati. Quelle carrellate di puffi omosessuali, regine queer, donne barbute, volevano far sentire parte della popolazione anche quella fetta minoritaria di persone che si riconoscono in quei costumi e in quei colori arcobaleno. Ma siamo proprio sicuri che accentuare in questo modo le diversità, anziché omaggiarle, non porti soltanto a una ulteriore divisione, una ulteriore frattura tra quel mondo e il resto della popolazione? È il rischio dell’ideologia, che crea barriere e muri ideali, che divide volendo unire, che amplifica le differenze e i loro lati negativi.

E allo stesso modo ci chiediamo: quanto è salutare per l’intera Nazione, ma soprattutto per gli stessi atleti in gara, quell’atteggiamento che da anni notiamo sulla stampa italiana, di esaltazione fino all’estremo del colore della pelle più scuro di alcuni atleti. Il fine sarebbe quello mostrare a tutti che l’integrazione è un valore aggiunto per la nostra società (e chi ha mai detto il contrario, se questa è sana e riuscita): ma questionare, ogni volta che un italiano nero vince, sul suo colore della pelle, sulla multiculturalità della compagine azzurra e sottolineare – come se ce ne fosse bisogno – che anche l’atleta di colore è “italianissimo”, non è una forma mascherata di razzismo? Non è un modo per accentuare la diversità? Non è un modo per ribadire la diversità dell’uomo di colore dalla maggioranza della popolazione?

All’indomani della gloriosa edizione degli Europei di atletica svoltasi a Roma qualche mese fa, l’Italia risultava prima nella classifica del medagliere. E tutta la stampa filo-progressista festeggiava. Non certo per il successo dell’Italia in quanto Nazione, Repubblica “una e indivisibile”. Certo che no: i giornali di area sinistra festeggiavano piuttosto il risultato degli atleti italiani neri, ergendoli a simboli della diversità, della interculturalità, dell’integrazione. Discriminando da un lato i risultati degli atleti bianchi, e dall’altro gli stessi atleti di colore, quasi presi in considerazione non per i loro magnifici risultati ma per la diversa colorazione della loro pelle: la Stampa parlava di Italia “sfrontata e multietnica” che mostrava il “nuovo volto multiculturale”. Repubblica asseriva che è “grazie ai “nuovi italiani” se “l’Italia sta dominando gli Europei di atletica”.

Il Corriere parla della “nuova Italia” anche in merito ai Giochi olimpici: “La metà delle medaglie vinte a Parigi dalla squadra azzurra è multietnica, ovvero italianissima”. Il solito rimarcare il differente colore della pelle. Se non fosse che la notizia riportata dal Corriere è errata: sono solo sei le medaglie fin qui vinte da atleti di origine multietnica, figli di immigrati, e tra questi un solo oro. Forse, la “nuova Italia” quest’anno ha fatto fiasco. O forse non c’è nessuna nuova Italia: quella di oggi, anno domini 2024, è solo un’Italia che percepisce problemi e movimenti del nuovo mondo, ma che riesce ugualmente a mantenere in vita la propria integrità, la propria cultura. Un’Italia che non viene snaturata, in virtù di una integrazione che riesce, e che così dovrebbe essere.

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2 Commenti

  1. Apprezzo molto la tua cultura e sensibilità.
    Vorrei ricordare – se mai fosse necessario – che una Nazione si costruisce attorno ad una cultura unitaria, nazionale, ed a valori condivisi dalla grande maggioranza dei cittadini, qualunque sia la loro provenienza di nascita, di etnia od altro.
    E i nostri atleti mi sembra esprimano fortemente questa cultura e questi valori civici e morali unitari, anche contro coloro che, come tu giustamente sottolinei, enfatizzano etnia o provenienza creando barriere che non ci sono.
    Ma lo sai che negli USA sul passaporto dei cittadini è indicata l’etnia di appartenenza? Vogliamo arrivare a questo? E poi registrare anche, come chiede un certo Zan, le preferenze sessuali, la religione, o che altro?
    E’ così che si creerebbe l’integrazione? Vergogna.
    Tutti i cittadini sono uguali davanti alla legge.
    E davanti allo sport. Beninteso, uomini con gli uomini e donne con le donne…

    Con affetto

    Alessandro

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