Nella notte italiana, Giorgia Meloni è stata premiata, nell’ambito dell’Atlantic Council, ricevendo il “Global Citizen Award”, un riconoscimento che le l’organizzazione ogni anno riservano a chi si distingue per il suo comportamento, da “emulare” al fine di “migliorare lo stato del mondo”. Il premio è stato consegnato da Elon Musk, che ha definito la premier una persona “onesta e Verace”. Riportiamo il testo integrale dell’intervento di Giorgia Meloni.
“Buonasera a tutti e grazie per avermi invitato.
La mia più profonda gratitudine va al Presidente John Rogers, al Presidente Frederick Kempe e a tutto il Consiglio Atlantico per questo illustre riconoscimento di cui sono molto orgoglioso. E ringrazio Elon per le sue parole e per il suo genio prezioso per l’epoca in cui viviamo.
Ho pensato molto a come presentare il discorso di stasera.
Inizialmente avevo pensato di sottolineare l’orgoglio che ancora provo per essere stata la prima donna a ricoprire la carica di Presidente del Consiglio in una nazione straordinaria come l’Italia.
O sugli sforzi del governo italiano di riformare il proprio Paese per renderlo, ancora una volta, protagonista nello scacchiere geopolitico.
Avrei potuto parlare del legame indissolubile che unisce l’Italia e gli Stati Uniti, indipendentemente dalle convinzioni politiche dei rispettivi governi; un legame testimoniato qui dai tanti amici di origine italiana, rappresentanti di una Comunità che da generazioni contribuisce a rendere più forte l’America.
Oppure avrei potuto parlare di politica estera, in un momento dominato dal caos in cui l’Italia è saldamente al fianco di chi difende la propria libertà e sovranità, non solo perché è giusto farlo, ma anche perché è interesse dell’Italia e dell’Occidente impedire un futuro in cui prevalga la legge del più forte.
Come politico, hai fondamentalmente due opzioni: essere un leader o un seguace, indicare una rotta o meno, agire per il bene del tuo popolo o agire solo guidato dai sondaggi. Ebbene, la mia ambizione è quella di guidare, non di seguire.
Tuttavia, stasera voglio offrirvi una prospettiva diversa.
Vorrei iniziare citando un op-ed recentemente pubblicato nell’edizione europea di Politico. Questa analisi era incentrata sul “nazionalismo occidentale della Meloni“. L’autore, il dottor Constantini, sostiene che il mio credo politico è “in quello che potrebbe essere chiamato ‘nazionalismo occidentale‘”. Un pensiero che, nel suo cuore, incarna la sopravvivenza e il rinascimento della civiltà occidentale, che, secondo Costantini, è “nuova per la scena europea”.
Non so se nazionalismo sia la parola giusta, perché spesso richiama dottrine di aggressione o autoritarismo. Tuttavia, so che non dobbiamo vergognarci di usare e difendere parole e concetti come nazione e patriottismo. Perché significano molto di più di un luogo. Significano uno stato d’animo a cui si appartiene condividendo cultura, tradizioni e valori. Quando vediamo le nostre bandiere, se ci sentiamo orgogliosi, significa che sentiamo l’orgoglio di far parte di una comunità e che siamo pronti a fare la nostra parte per renderne migliore il destino.
Per me l’Occidente è più di un luogo fisico. Con la parola Occidente non definiamo semplicemente i Paesi in base a una specifica posizione geografica, ma come una civiltà costruita nel corso dei secoli con il genio e i sacrifici di molti.
L’Occidente è un sistema di valori in cui la persona è centrale, uomini e donne sono uguali e liberi, e quindi i sistemi sono democratici, la vita è sacra, lo Stato è laico e basato sullo stato di diritto.
Chiedo e mi chiedo: sono valori di cui dovremmo vergognarci? E questi valori ci allontanano dagli altri o ci avvicinano agli altri?
Come Occidente, credo che abbiamo due rischi da contrastare. Il primo è quello che uno dei più grandi filosofi europei contemporanei, Roger Scruton, ha chiamato oikofobia, dal greco oikos, casa, e phobia, paura. (Queste parole greche, Kyriakos, sono il mio personale omaggio al tuo premio)… oikofobia significa avversione per la propria casa. Un disprezzo crescente, che ci porta a voler cancellare violentemente i simboli della nostra civiltà, negli Stati Uniti come in Europa.
Il secondo rischio è il paradosso per cui, se da un lato l’Occidente si guarda dall’alto in basso, dall’altro pretende spesso di essere superiore agli altri.
Il risultato? L’Occidente rischia di diventare un interlocutore meno credibile. Il cosiddetto Sud globale chiede più influenza. Le nazioni in via di sviluppo, ormai ampiamente consolidate, collaborano autonomamente tra loro. Le autocrazie stanno guadagnando terreno sulle democrazie e noi rischiamo di apparire sempre più come una fortezza chiusa e autoreferenziale.
In Italia, per invertire la rotta, abbiamo deciso di lanciare il Piano Mattei per l’Africa, un modello di cooperazione paritaria per costruire nuove partnership di lungo periodo con i Paesi africani.
È vero, le crisi si moltiplicano nel mondo. Ma ogni crisi nasconde anche un’opportunità, perché richiede di mettersi in discussione e di agire.
Ma soprattutto dobbiamo recuperare la consapevolezza di ciò che siamo. Come popoli occidentali, abbiamo il dovere di mantenere questa promessa e di cercare la risposta ai problemi del futuro avendo fede nei nostri valori: una sintesi nata dall’incontro tra la filosofia greca, il diritto romano e l’umanesimo cristiano.
In breve, come diceva il mio professore di inglese, il cantante Michael Jackson, “comincio dall’uomo allo specchio, gli chiedo di cambiare strada“. Dobbiamo iniziare da noi stessi, sapere chi siamo veramente e rispettarlo, in modo da poter capire e rispettare anche gli altri.
C’è una narrativa a cui i regimi autoritari tengono molto. Si tratta dell’idea dell’inevitabile declino dell’Occidente, dell’idea che le democrazie stiano fallendo. Un esercito di troll e bot stranieri e maligni è impegnato a manipolare la realtà e a sfruttare le nostre contraddizioni. Ma ai fan dell’autoritarismo, lasciatemi dire chiaramente che difenderemo i nostri valori.
Il Presidente Reagan una volta disse: “Soprattutto, dobbiamo renderci conto che nessun arsenale, o nessuna arma nell’arsenale del mondo, è così formidabile come la volontà e il coraggio morale di uomini e donne liberi. È un’arma che i nostri avversari nel mondo di oggi non hanno“.
Non potrei essere più d’accordo. La nostra libertà e i nostri valori, e l’orgoglio che proviamo per essi, sono le armi che i nostri avversari temono di più. Non possiamo quindi rinunciare alla forza della nostra identità, perché sarebbe il miglior regalo che possiamo fare ai regimi autoritari.
Quindi, in fin dei conti, il patriottismo è la migliore risposta al declinismo.
Difendere le nostre radici profonde è il presupposto per raccogliere frutti maturi. Imparare dagli errori del passato è il presupposto per essere migliori in futuro.
Userò anche le parole di Giuseppe Prezzolini, forse il più grande intellettuale conservatore del Novecento italiano: “chi sa conservare non ha paura del futuro, perché ha imparato le lezioni del passato“.
Sappiamo come affrontare le sfide impossibili che questa epoca ci pone di fronte solo se impariamo dalle lezioni del passato. Difendiamo l’Ucraina perché abbiamo conosciuto il caos di un mondo in cui prevale la legge del più forte. Combattiamo i trafficanti di esseri umani perché ricordiamo che, secoli fa, abbiamo combattuto per abolire la schiavitù. Difendiamo la natura e l’umanità, perché sappiamo che senza il lavoro responsabile degli uomini non è possibile costruire un futuro più sostenibile.
Mentre sviluppiamo l’intelligenza artificiale, cerchiamo di governarne i rischi perché abbiamo lottato per essere liberi e non intendiamo barattare la nostra libertà in cambio di maggiori comodità. Sappiamo leggere questi fenomeni perché la nostra civiltà ci ha dato gli strumenti.
Il tempo in cui viviamo ci impone di scegliere cosa vogliamo essere e quale strada vogliamo percorrere. Possiamo continuare ad alimentare l’idea del declino dell’Occidente, possiamo arrenderci all’idea che la nostra civiltà non abbia più nulla da dire, non abbia più rotte da tracciare.
Oppure possiamo ricordare chi siamo, imparare anche dai nostri errori, aggiungere il nostro pezzo di storia a questo straordinario cammino e governare ciò che accade intorno a noi, per lasciare ai nostri figli un mondo migliore. Che è esattamente la mia scelta.
E mi piace pensare che il motivo per cui mi avete scelto per questo prezioso premio è che condividete questa scelta.
Vi ringrazio”.
Concordo pienamente, ho dovuto attendere 60 anni prima di vedere un Presidente così, non me ne voglia il povero Silvio che ce l’ha messa tutta ma non è riuscito a fare tutto questo. Ora spetta a tutti noi lottare perché tutto questo non finisca prima del tempo e non finisca la speranza di un mondo migliore.
Giorgia, mi sono salvato e conservato il tuo discorso per tenermelo come la migliore espressione di valori politici e civili che io abbia mai letto.
Il miglior Presidente del Consiglio italiano dopo De Gasperi, ma più di quello dai forza e sentimento alla volontà di migliorarci.
Grazie
Con affetto Alessandro