Un rapper buzzurro e sessista lancia all’indirizzo della premier Giorgia Meloni offese irripetibili. Lo fa da un palco, quello del primo maggio di Foggia, attorno a cui sono assiepate schiere di giovani e non solo. Ci sono anche le autorità, quelle cittadine sono due donne, il sindaco e l’assessore alla Cultura, ma c’è anche il vicepresidente della Regione Puglia. Ci sono i sindacati che organizzano. Nessuno lì per lì decide di dissociarsi. Solo l’indomani, con il caso che già ribolle, qualcuno ci ripensa e prende le distanze. Qualcuno, mica tutti. Non una parola dalla segretaria del Pd Elly Schlein né dal capopopolo grillino Giuseppe Conte né dal leader della Cgil Maurizio Landini. Tanto per citare i big che si sono chiusi nel silenzio più ostinato.
A quasi quarantott’ore dal fattaccio, oramai ci abbiamo perso le speranze: impossibile trovare un barlume di coerenza nei paladini della democrazia un tanto al chilo. Non ci stupiamo, ma un po’ ci rimaniamo male. Perché sono cose che lasciano l’amaro in bocca, perché ogni volta che la politica si fa piccola per interessi di parte o di bandiera, per antagonismo o antipatie personali, c’è sempre un senso di sconfitta collettiva. Di impoverimento generale. È la politica che perde autorevolezza. Che si adegua ai tempi che corrono. Tempi barbari e violenti. Tempi in cui si può offendere pubblicamente una donna, e al tempo stesso oltraggiare una istituzione dello Stato, senza creare sdegno a tutte le latitudini.
Neanche una reazione da chi nella quotidianità si indigna con ferocia per peccati ben più veniali: come quando, ad esempio, incarichi istituzionali o professionali non vengono declinati al femminile. Non sarà mica che alle opposizioni siano risultate accettabili le giustificazioni del rapper? «La mia – ha detto a sua discolpa – era un’esortazione all’antifascismo». Come se nel nome di una alquanto discutibile idea di antifascismo si potessero consumare le peggiori nefandezze. Ci chiediamo dunque: è questa la nobile idea di antifascismo a cui si ispira la sinistra quando si batte il petto il 25 aprile? È questo il vero sale della democrazia? Ricordiamo, a chi ne ha evidentemente smarrito il significato, che la sostanza della democrazia è nel rispetto dell’avversario. È questo lo spartiacque tra chi è sinceramente democratico e chi non lo è. Schlein, Conte e Landini con il loro silenzio hanno dato prova di appartenere alla seconda categoria.