L’ultimo Consiglio dei ministri ha approvato, fra tante altre cose, un decreto legislativo che prevede lo svolgimento di test psico attitudinali per coloro i quali accedono alla professione di magistrato a partire dal 2026. Il Consiglio Superiore della Magistratura nominerà i docenti universitari in materie psicologiche, i quali, su indicazione del Consiglio universitario nazionale, organo indipendente dell’Università, faranno parte della commissione giudicante. A differenza di quanto succede ora, la prova orale sarà accompagnata da un colloquio psico attitudinale, basato su test, simili a quelli ai quali vengono già sottoposti gli aspiranti agenti di Polizia, forniti al candidato subito dopo la prova scritta. I test saranno individuati e disciplinati dal CSM e il colloquio psico attitudinale sarà diretto dal presidente della commissione esaminatrice, e non da uno psicologo, che presenzierà solo come ausilio.
La commissione sarà tenuta ad esprimere, in maniera collegiale, il giudizio finale sul complesso delle prove. Sembra un provvedimento del tutto normale ed equilibrato per più ragioni. Il CSM, organo di autogoverno della magistratura, si troverà a nominare i docenti della commissione giudicante e a preparare e regolare i test psico attitudinali, quindi, il Governo e in particolar modo il ministero della Giustizia lasceranno intatte le prerogative di indipendenza dei magistrati. Non avverrà alcun intervento a gamba tesa da parte della politica e le toghe già di ruolo non subiranno mai verifiche periodiche sulla loro psiche e sulla loro attitudine, essendo, i test previsti dal decreto dell’ultimo CdM, valevoli soltanto per chi si candida alla professione di magistrato dal 2026. Inoltre, se determinati esami vengono già effettuati a carico di concorrenti per altre posizioni nel pubblico impiego, per esempio presso la Polizia di Stato, non si vede perché non si debba fare la stessa cosa con gli aspiranti magistrati. Questi ultimi non maneggiano armi, ma determinano il destino delle persone. Quasi tutte le categorie di lavoratori, se non tutte, nel pubblico e nel privato, sono oggetto di visite mediche annuali o semestrali, analisi del sangue e delle urine, spirometrie e accertamenti anche psico attitudinali. Non bisogna ricoprire per forza ruoli apicali, ma è sufficiente essere semplici operai, magari addetti alla conduzione di carrelli elevatori o all’utilizzo di prodotti chimici. I lavoratori delle pulizie civili e industriali sono forse più controllati di alcuni funzionari dello Stato.
Chi scrive è del 1975 e appartiene alla generazione che ha ancora avuto a che fare con la leva obbligatoria. La due giorni di visite mediche presso le caserme militari conteneva anche un incontro con lo psicologo, ma nessuno di noi si è mai sentito offeso o sminuito da tale circostanza. Nulla di trascendentale, quindi, in ciò che si prefigge il Governo, eppure, la reazione scomposta e ideologica della Associazione Nazionale Magistrati, e di alcune toghe celebri, come il Procuratore della Repubblica presso il Tribunale di Napoli Nicola Gratteri, è arrivata puntuale. L’ANM pensa di programmare addirittura una mobilitazione contro i test psico attitudinali. Non si comprende come mai una parte della magistratura sia sempre pronta ad erigere barricate ogni qualvolta la politica prova a volgere il proprio sguardo verso il sistema giudiziario italiano, non per intimidirlo, ma per espletare ciò che le compete, ovvero, legiferare per migliorare la situazione sia agli addetti del settore che al cittadino. La politica può fare ciò che vuole tranne che occuparsi di Giustizia e questo approccio, che lascia immaginare l’esistenza di zone franche e di caste di intoccabili, è totalmente inaccettabile.
Il Governo Meloni non vuole la guerra politica-giudici, che in passato ha danneggiato un po’ tutti, ma intende adottare delle misure che in altri Paesi civili già esistono da decenni e non provocano conflitti di religione. Il Governo non fa propaganda, che semmai sembra essere diventata esclusiva di chi accusa Palazzo Chigi, come l’ANM. Nicola Gratteri propone i test su alcol e droghe per i politici, se si ha l’ardire di volere test psico attitudinali per i magistrati. Non si sa se vi sia pure una sottile ironia in base alla quale solo un esecutivo di ubriaconi e drogati può pretendere di sondare la psiche delle toghe, ma cerchiamo di non pensare così male. In ogni caso, le donne e gli uomini della politica, quand’anche alterati da un bicchiere di troppo o da sostanze ben peggiori, non sono mai soli di fronte alle loro decisioni perché hanno dietro un partito, un governo, dei ministri e soprattutto, degli elettori che possono bloccare eventuali disastri combinati da menti politiche offuscate. Non diciamo, per carità, che ai politici debba essere concesso e perdonato tutto, ma vogliamo sottolineare una differenza che intercorre rispetto ai magistrati, i quali decidono invece da soli in merito alla libertà o meno delle persone, e talvolta la libertà negata, per gli innocenti caduti in errori giudiziari s’intende, costituisce il discrimine fra la vita e la morte.
È sacrosanto il confronto tra i poteri dello Stato, che tutti vorremmo armonioso, ma ad un certo punto, soprattutto in presenza di fazioni che respingono a priori qualunque iniziativa, anche la più morbida e collaborativa, il Governo deve fare il suo e rispettare il mandato ricevuto dagli elettori. Bene ha detto il ministro della Giustizia Carlo Nordio, che, fra l’altro, è un ex magistrato: bisogna avviare in primavera il disegno di legge riguardante la separazione delle carriere dei magistrati e la revisione della legge Severino.
Ho incontrato qualche tempo fa il Ministro Carlo Nordio al “Freccia Club” della stazione Termini di Roma. Mi è sembrato un Signore dignitoso, bonario, riservato e un po’ severo, non mi è dispiaciuto.
Orbene questo Signore dall’aspetto che ispira fiducia ha proposto una cosa elementare e sacrosanta, basata sul principio che ogni mestiere richiede delle attitudini. Ben vengano i test, e che siano giustamente selettivi. Il “materiale umano” della magistratura è quanto di peggio si possa immaginare, e chiunque ha avuto disgraziatamente a che fare con la magistratura lo può confermare.
Per poco che farà, il test non potrà che fare bene.
Però…
E’ la solita storia: nel progetto di decreto sembra che sparisca la “terzietà” del valutatore rispetto al valutato.
Facciamo dare i voti dalla classe.
Infatti sarebbe il CSM, fatto da magistrati, a nominare il collegio di valutazione, anche se su proposta del Consiglio universitario.
Purtroppo siamo alla solite.
Lupo non mangia lupo.
Speriamo bene.
Con affetto
Alessandro