Per quanto riguarda l’America Latina l’attenzione della comunità internazionale si è rivolta comprensibilmente verso il Venezuela e la drammatica situazione nella quale è caduto questo Paese. Non c’è dubbio che occorra mantenere una forte pressione in merito alle vicende venezuelane perché il regime socialista di Nicolas Maduro deve cessare da subito di reprimere, arrestare e torturare gli oppositori, fra i quali diversi italo-venezuelani, ed è obbligato a dimostrare, con documenti alla mano, di aver davvero vinto le Presidenziali del 28 luglio scorso oppure ad andarsene quanto prima per risparmiare alla propria Nazione, già martoriata più del dovuto, tensioni e spargimenti di sangue.
Domani si terrà una protesta di piazza globale, annunciata dalla leader della opposizione di Caracas, Maria Corina Machado, per chiedere a Maduro trasparenza nel processo elettorale e saranno coinvolte più di duecento città in tutto il mondo, dieci delle quali saranno italiane. Ma nel medesimo continente americano, al suo centro, troviamo un altro Paese che non se la sta passando granché bene in termini di diritti umani e rispetto delle regole democratiche. Ci riferiamo al Nicaragua, governato dal sandinista Daniel Ortega, in cui sono avvenuti episodi molto gravi e sgradevoli ai danni di sacerdoti ed enti cattolici. Tre agenti di polizia in borghese hanno sequestrato i dipendenti dell’amministrazione della cattedrale di Matagalpa, una città settentrionale del Nicaragua. Lo ha denunciato su X Haydeè Castillo, attivista in esilio. Oltre al personale amministrativo preso in ostaggio e obbligato pure a consegnare del denaro, i poliziotti hanno ordinato ai sacerdoti dell’ordine dei Frati del Rinnovamento, (presente soprattutto negli USA, in Honduras e Nicaragua, quindi anche nella diocesi di Matagalpa, in Europa, particolarmente in Irlanda e Regno Unito), di lasciare il Paese.
La Caritas di Matagalpa è stata privata dalle Autorità nicaraguensi della personalità giuridica e vi è proprio un accanimento degno di nota da parte del presidente Ortega verso la circoscrizione vescovile di tale città situata nel nord del Nicaragua. Il vescovo, Monsignor Rolando Alvarez, è stato arrestato ed espulso, e prima di questi ultimi fatti, pochi giorni fa insomma, già sette sacerdoti sono stati ammanettati e spediti fuori dalla Nazione centroamericana. Queste, sono le ultime notizie giunte sin qui, ma non si tratta delle prime intimidazioni e violazioni che il governo sandinista nicaraguense commette nei confronti dei rappresentanti della Chiesa cattolica. Si sono verificate minacce e sono stati effettuati arresti arbitrari già alcuni anni fa. Daniel Ortega se la prende con il clero del suo Paese perché da esso sono partite diverse critiche e condanne circa il mancato rispetto dei diritti umani e il basso tasso di democrazia che attanagliano il Nicaragua odierno. E si sa, i dittatori o semi-dittatori non gradiscono le lamentele.
Ortega non è molto diverso da Nicolas Maduro, avendo pressappoco la stessa identità ideologica di sinistra estrema, che si autodefinisce anti-imperialista per motivare il proprio astio per gli Stati Uniti e in buona parte anche per l’Europa, specialmente per i “Conquistadores” spagnoli. Come il socialista bolivariano di Caracas, anche il sandinista di Managua ha negli anni compresso non poco la democrazia del suo Paese. Daniel Ortega ha quasi ottant’anni ed è presidente dal 2007, sempre rieletto da allora e forse con gli stessi metodi di Maduro in Venezuela. È stato alla guida del Nicaragua anche dal 1985 al 1990, venendo poi scalzato dalla nota leader anti-sandinista Violeta Barrios de Chamorro. Si parla di sandinismo perché la corrente politica e il partito di Ortega, il Fronte Sandinista di Liberazione Nazionale, si sono sempre ispirati al guerrigliero anti-imperialista degli anni Trenta, Augusto Cesar Sandino, portando avanti il cosiddetto socialismo del XXI secolo, caro a Hugo Chavez.
I sandinisti furono determinanti nel 1979 per la caduta del regime di Anastasio Somoza Debayle, allora uomo forte del Nicaragua ed erede di una dinastia rimasta potente a lungo. Però, i rivoluzionari del FSLN, passato dall’essere un gruppo di guerriglieri a costituirsi come partito politico, non si sono rivelati affatto migliori della famiglia Somoza in quanto ad osservanza delle libertà individuali e delle logiche democratiche. È successo così anche in altre parti dell’America Latina e viene subito in mente l’esempio di Cuba dove i sedicenti rivoluzionari di Fidel Castro abbatterono nel 1959 il dittatore Fulgencio Batista per instaurare poi, come è storicamente noto, un’altra dittatura, anche se colorata in maniera differente. L’America ispanofona ha un grosso problema con gli schieramenti politici di sinistra, che non rientrano nella maggior parte dei casi nel naturale schema dell’alternanza democratica con le destre e i conservatori, bensì, se possono, formano regimi autoritari veri e propri, come i comunisti cubani, oppure annichiliscono piano piano il pluralismo e questo è il caso di Daniel Ortega, Nicolas Maduro e pure dell’ex presidente boliviano Evo Morales.
Si tratta di sinistre estreme, in realtà più comuniste che socialiste-progressiste-liberal, formate da uomini che fino ad una trentina di anni fa imbracciavano le armi nella guerriglia marxista. Per esempio, oltre al Fronte Sandinista nicaraguense, tanti altri partiti latinoamericani di sinistra sono emanazione diretta di formazioni armate, fra i quali il salvadoregno Fronte Farabundo Martì per la Liberazione Nazionale. Anche nel Partito dei Lavoratori del presidente brasiliano Luiz Inacio Lula da Silva non mancano degli ex guerriglieri rossi e da tale aspetto si comprende la protezione data al terrorista pluriassassino, purtroppo nostro connazionale, Cesare Battisti. Pare che si salvi solo la sinistra cilena, che, con Michelle Bachelet prima e Gabriel Boric dopo, (Boric è presidente in carica del Cile), si è sempre mantenuta entro i limiti imposti dalla democrazia e ha fatto un doveroso passo indietro quando esso si è reso necessario a causa delle affermazioni elettorali della destra capeggiata da Sebastian Pinera, scomparso all’inizio di quest’anno in un incidente in elicottero. Concludendo, la persecuzione attuata dal sandinista Ortega nei confronti della Chiesa cattolica e dei sacerdoti in Nicaragua, evidenzia come fosse del tutto errata e folle la Teologia della Liberazione, ovvero, la ricerca di convergenze di alcuni componenti del clero con la guerriglia marxista latinoamericana degli anni Settanta-Ottanta. E come sia tutt’oggi da pazzi immaginare che i massimalismi ideologici di sinistra possano essere sovrapposti al Vangelo.