Omicidio Saman: “Tutta la famiglia l’ha uccisa”. Quattro ergastoli e una condanna a 22 anni

Il 1º maggio 2021 a Novellara, in provincia di Reggio Emilia veniva uccisa Saman Abbas, nata il 18 dicembre 2002 nei pressi di Lahore, in Pakistan. Saman Abbas si era trasferita con i genitori e il fratello minore in Italia nel 2016, nella piccola cittadina emiliana di Novellara. La famiglia risiedeva in una cascina di campagna, dove il padre Shabbar Abbas lavorava come bracciante per un’azienda agricola. La giovane si era inserita bene nella sua nuova vita, imparando facilmente l’italiano. Si faceva chiamare Italiangirl sui social, non accettava le regole e le tradizioni delle sue origini, voleva farsi una vita sua e vivere liberamente non sposando un parente in patria in un matrimonio combinato. Le indagini sulla sua morte si erano concentrate sin da subito sulla famiglia della ragazza. La repentina fuga dei genitori verso il Pakistan aveva destato infatti forti sospetti. Il fidanzato aveva inoltre testimoniato dichiarando che Saman subiva violenze e minacce da parte del padre. Il 5 maggio 2021, iniziarono ufficialmente le indagini da parte delle autorità e il 19 dicembre 2023 si concludeva il processo di primo grado con la condanna all’ergastolo dei genitori Shabbar Abbas e Nazia Shaheen, a 14 anni lo zio Danish Hasnain e l’assoluzione dei due cugini che erano imputati per l’omicidio in concorso.

Il movente del crimine era stato il rifiuto della ragazza di sposare il cugino in Pakistan nel 2020, quando aveva 17 anni. La giovane in seguito aveva denunciato i genitori per maltrattamenti e induzione al matrimonio, oltre che per il sequestro dei suoi documenti. Saman venne immediatamente trasferita in una comunità minorile, dove fu ospitata con estrema segretezza e nella quale rimarrà per circa 5 mesi, fino all’11 aprile 2021, giorno in cui decise di tornare a casa per recuperare i suoi documenti, in modo tale da potersi sposare con il fidanzato e cambiare finalmente vita. Durante l’ultima visita a Novellara, la famiglia aveva rimproverato la giovane per essere scappata di casa rifiutando di consegnarle i documenti. Per questo motivo Saman sporse un’altra denuncia verso i parenti il 22 aprile 2021, ultima volta in cui venne vista pubblicamente, prima di sparire il 1º maggio. A incastrare i famigliari fu un video del 29 aprile 2021, che mostrava tre figure maschili, successivamente riconosciute come lo zio (Danish Hasnain) e i cugini (Ikram Ijaz e Nomanhulaq Nomanhulaq), vengono riprese dalle telecamere di sorveglianza; usciti da uno dei magazzini dell’azienda agricola alle 19:15, i tre si stavano dirigendo verso i campi, muniti di attrezzi da lavoro, quali badili, un secchio, un piede di porco e un sacco di plastica facendo ritorno solo dopo due ore, verso le 21:30.

Il giorno successivo, Saman scrisse al fidanzato Saqib di aver sentito una conversazione telefonica tra i suoi genitori e lo zio materno nella quale si organizzavano per uccidere “qualcuno”. In base alla testimonianza del fidanzato, la diciottenne veniva inoltre costantemente offesa dallo zio e dai cugini ed era spaventata della situazione. Lo stesso giorno, Saman inviò anche una foto con un livido sulla guancia, accusando il cugino Irfan di averla picchiata, dopo aver saputo che aveva ancora rapporti al di fuori del matrimonio.

In seguito alla conversazione tra i due, Saman avrebbe avuto una violenta lite con il padre e la madre, in cui sarebbe intervenuto anche lo zio Danish. Il fratello minore della ragazza, svegliato dalle grida del litigio,  raccontò che i documenti le erano poi stati restituiti e che Saman era andata in bagno e si era vestita con l’intenzione di ripartire. Da quel momento in poi le telecamere di sicurezza hanno ricoperto un ruolo chiave nel seguito della vicenda; Saman viene ripresa alle 00:10 del 1º maggio con uno zaino in spalla, mentre si dirige con i genitori verso le serre. Lei e la madre scompaiono nel buio per 90 secondi, mentre il padre rimane in attesa. Al ritorno della madre, Saman non è con lei; secondo i Carabinieri in questo periodo di tempo Saman viene consegnata allo zio e ai due cugini, i quali la uccideranno e faranno sparire il cadavere. Dopo 5 minuti passati in casa, Shabbar Abbas si incammina nuovamente verso le serre, per poi ricomparire alle 00:21 con lo zaino della figlia in mano. Nella mattina del 1º maggio, i coniugi sono stati visti per l’ultima volta nei filmati di sorveglianza dell’aeroporto di Milano Malpensa, da cui si sono imbarcati in un volo per il Pakistan

Il 19 novembre venne reso noto il ritrovamento di un cadavere da parte dei Carabinieri all’interno di un vecchio casolare abbandonato, situato non molto distante alla casa della famiglia Abbas. Sarebbe stato lo zio Danish a indicare il luogo della sepoltura e Il 27 novembre, il corpo venne recuperato dalla fossa e portato a Milano per effettuare un’autopsia. L’analisi delle arcate dentarie confermarono, il 4 gennaio 2023, che il cadavere trovato a Novellara apparteneva a Saman. L’autopsia rivelò una frattura al collo che avvalorò la tesi dello strangolamento.

Il 19 dicembre 2023 si concluse il processo di primo grado con la condanna all’ergastolo dei genitori Shabbar Abbas e Nazia Shaheen, a 14 anni per lo zio Danish Hasnain e l’assoluzione per i due cugini che erano imputati per l’omicidio in concorso. La madre, Nazia Shaheen, è stata arrestata il 31 maggio 2024 in Pakistan, in un villaggio al confine con il Kashmir. La donna è stata quindi trasferita a Islamabad per formalizzare il processo di estradizione, ed è giunta in Italia il 22 agosto 2024.

A quasi quattro anni dal quel brutale omicidio ieri, alle 20.30, è arrivato il verdetto del processo di secondo grado. I giudici della Corte d’Assise d’appello di Bologna, presieduta da Domenico Stigliano, hanno confermato l’ergastolo per il padre Shabbar Abbas e la madre Nazia Shaheen, ritenuti colpevoli anche di soppressione di cadavere e per i quali sono state riconosciute le aggravanti della premeditazione e dei motivi abietti e futili. Ergastolo anche per i cugini Noman Hulaq e Ikram Ijaz, che in primo grado erano stati assolti e 22 anni allo zio Danish Hasnain. La Procura generale aveva chiesto l’ergastolo per tutti e cinque gli imputati. Le motivazioni saranno depositate fra 90 giorni. Nessuno ha mai confessato l’omicidio, si sono accusati a vicenda, ma per i giudici di Appello tutta la famiglia è responsabile di aver ucciso Saman Abbas.

Quella di Saman non è solo la storia di un femminicidio, ma purtroppo la conferma di quanto le Donne, per alcune religioni e culture, non siano libere di scegliere cosa fare della propria vita. Se è al momento impossibile modificare le condizioni di libertà delle donne in molti Paesi nel mondo, l’omicidio di Saman dimostra come questa loro concezione della donna non riesce nemmeno a cambiare quando ci si trasferisce in Stati, come in questo caso l’Italia, nei quali le donne godono invece degli stessi diritti degli uomini. Molto spesso purtroppo le nostre leggi non vengono rispettate da chi immigra o si trasferisce nel nostro paese. Invece di rispettare il sistema legislativo della Nazione che li ospita, molti portano con sé le regole del loro credo nonostante queste vadano in conflitto con le leggi del paese che li accoglie. Questo di conseguenza genera un vortice di odio su odio contro qualsiasi straniero, che non è per natura però predisposto alla cattiveria. Ricordiamoci che è solo una questione di cultura spesso ormai radicata, ma che con l’integrazione e l’educazione ad un pensiero diverso può essere cambiata e migliorata. Ne è un esempio proprio il fratello minore di Saman, Ali Heider, oggi 21enne ma minorenne all’epoca dei fatti, che a differenza del resto della famiglia, essendo cresciuto in un paese come l’Italia dove le donne sono libere e non devono pagare con la morte la scelta di abbracciare una cultura e una religione diversa rispetto a quella di nascita, rimase vicino alla sorella ed è stato il testimone chiave contro chi l’ha uccisa, ovvero la sua stessa famiglia, dichiarando di aver visto scavare la buca dallo zio e dai cugini. Ali Heider ha assistito impotente a questa tragedia familiare ma ha scelto di raccontare la verità in nome della Giustizia.

Resta aggiornato

Invalid email address
Promettiamo di non inviarvi spam. È possibile annullare l'iscrizione in qualsiasi momento.
Manuela Cunsolo
Manuela Cunsolo
Laurea magistrale in Giurisprudenza, vive a Catania dove attualmente svolge la Pratica forense presso uno studio penale. Alle scuole superiori ha iniziato a fare volontariato in uno dei quartieri disagiati della sua città dando lezioni di doposcuola ai bimbi. Sempre il suo amore per i bambini l'ha spinta a diventare volontaria Abio presso i reparti di pediatria generale, oncologica e broncopneumologia del Policlinico di Catania per circa 10 anni. Il suo sogno è di diventare un avvocato penalista e una mamma.

Questo sito utilizza Akismet per ridurre lo spam. Scopri come vengono elaborati i dati derivati dai commenti.