Opposizioni dure contro il premierato: il terrore sinistro per la riforma che cambia il sistema degli inciuci

Il terrore della sinistra per il premierato è vivissimo. Lo si legge chiaramente nelle parole pronunciate dai presidenti dei senatori del Partito Democratico, del Movimento Cinque Stelle e di Alleanza Verdi Sinistra, Francesco Boccia, Stefano Patuanelli e Peppe De Cristofaro, pronunciate al termine della Conferenza dei Capigruppo di ieri: “Interverremo tutti su ogni emendamento. E l’opposizione sarà durissima”, hanno detto, in merito alla seduta al Senato per la discussione sulla riforma ancora attualmente in corso. Più che opposizione, è ostruzionismo: nessuna collaborazione nel merito della questione nonostante le aperture della maggioranza, interventi volutamente lunghi su tutti gli emendamenti proposti e seduta posticipata di un’ora. Un atteggiamento che vuole allontanare il più possibile il terribile spettro di una riforma costituzionale che cambierà (perché, alla fine, i mezzi a disposizione delle opposizioni per ritardare l’approvazione, cesseranno) quel meccanismo che consente a partiti minoritari, che non hanno vinto le elezioni, di governare e che permette a personaggi, mai passati per il vaglio del corpo elettorale, di arrivare a sedere a Palazzo Chigi.

Pera risponde a Segre

Un ostruzionismo che non è iniziato certo oggi. Già a marzo, Alberto Balboni, senatore di Fratelli d’Italia e presidente della Commissione Affari Costituzionali del Senato, aveva lamentato il comportamento dei colleghi di PD e Avs, che avevano presentato migliaia di emendamenti, ripetitivi, privi di contenuto, spesso incostituzionali, al solo fine di “impedire – aveva dichiarato intervistato da L’Identità, la prosecuzione dei lavoro e l’esame nel merito della riforma”. Con il rischio, appunto, di arrivare nel punto, malsano per una democrazia, in cui la minoranza pone il veto sulla volontà della maggioranza. Ma quali sono le richieste delle opposizioni? Semplice: rinunciare alla elezione diretta del Presidente del Consiglio. In pratica, il fulcro della riforma costituzionale proposta da Fratelli d’Italia e votata dai cittadini. La senatrice a vita Liliana Segre, nei giorni scorsi, ha dichiarato di non voler tacere dinnanzi ai “vari aspetti allarmanti” contenuti nel disegno di riforma costituzionale, spiegando che “non tutto può essere sacrificato in nome dello slogan “scegliete voi il capo del governo!” e che “anche le tribù della preistoria avevano un capo, ma solo le democrazie costituzionali hanno separazione dei poteri, controlli e bilanciamenti, cioè gli argini per evitare di ricadere in quelle autocrazie contro le quali tutte le Costituzioni sono nate”. Tesi alquanto singolare, quella che mette a paragone una riforma costituzionale a delle tribù preistoriche, tanto da suscitare la reazione in Aula di Marcello Pera, ex presidente del Senato e senatore di Fratelli d’Italia: “Il premierato – ha detto – non è il regime del capo della tribù, ma una forma di governo democratica, sono perciò stupito dall’opposizione. Altro che ‘tribù’ e ’legge Acerbo’ (ulteriore riferimento all’intervento della senatrice Segre), altro che ‘deriva plebiscitaria’, o ‘lateralizzazione del Parlamento’, o incultura da ‘studente del primo anno di giurisprudenza’, come illustri colleghi ci hanno qui spiegato”.

Il popolo sovrano deciderà

Ma da sinistra sono sicuri. L’intervento di Segre va preso a modello. Viene lamentata una presunta mancanza di dialogo da parte della maggioranza. Si invoca il potere del “popolo sovrano” capace di rispedire al mittente la riforma (quando però la maggioranza degli italiani è favorevole al premierato). I poteri del Presidente della Repubblica sono a rischio, e per avvalorare tale tesi viene presa in considerazione l’abolizione dei senatori a vita, la cui nomina è proprio prerogativa del Capo dello Stato: un potere indispensabile… (e singolare che il lamento derivi proprio dai ranghi dei grillini, che hanno basato mesi di campagne elettorali sull’inutilità dei senatori a vita). La discussione è ancora lunga e andrà avanti per diverso tempo. La seduta terminerà alle 20 di oggi e il voto del Senato potrebbe arrivare, salvo imprevisti, prima delle elezioni europee. Sta di fatto che l’iter di approvazione della riforma è ancora lungo e, nel caso in cui non si raggiungeranno i due terzi dei consensi parlamentari per via dell’ostruzionismo della sinistra, sarà poi il “popolo sovrano”, attraverso lo strumento del referendum previsto dalla stessa Costituzione, a decidere sul futuro della Nazione.

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