Giusto la scorsa settimana vi parlavamo di un ragazzino di 13 anni che si era fatto saltare in una cittadina afgana ai confini col Pakistan, uccidendo oltre 5 persone e ferendone più di quaranta. Era per mostrare come il “partito del terrore”, quello che tiene in ostaggio mezzo mondo con la paura degli attentati, è sempre in campo, attivo anche con i soggetti meno prevedibili, tipo un ragazzino nemmeno adolescente o una pia islamica ricoperta dalla sua veste tradizionale.
Oggi è stata appunto la volta di una donna. Teatro dell’orrore un ospedale in Pakistan, precisamente a Dera Ismail Khan, nella provincia del Khyber Pakhtunkhwa. L’attentatrice aveva l’ordigno agganciato al corpo, e indossava un burka che la copriva dalla testa ai piedi. Nell’esplosione sono morte almeno 9 persone e altre 30 sono rimaste ferite alcune in modo gravissimo. L’attacco è stato rivendicato da un gruppo che si fa chiamare Pakistani Taliban’ – Tehrik-e-Taliban Pakistan, abbastanza nuovo sulla scena del terrore.
Tutto è stato calcolato dagli attentatori in modo quasi militare. Un ufficiale di polizia senior, Salim Riaz Khan, nella prima mattinata di domenica comunicava che uomini armati in sella a motociclette, avevano aperto il fuoco contro la polizia in una zona residenziale, uccidendo due agenti. I corpi degli agenti stavano per essere trasportati proprio nell’ospedale di Dera. Questo ha richiamato nel nosocomio una gran folla di parenti, amici, conoscenti o semplicemente altre forze dell’ordine che si sono recate all’ospedale per rendere omaggio agli amici o colleghi appena uccisi. Ed era proprio quello che i terroristi volevano. Infatti la folla, composta soprattutto da forze dell’ordine o di persone vicine alle stesse, era l’obiettivo designato.
Non a caso, tra i nove morti si contano ben quattro agenti e altri otto agenti sono rimasti feriti, molti dei quali con lesioni gravi e quindi in condizioni critiche. Un ufficiale senior della locale polizia, Inayat Ullah, ha anche illustrato la composizione dell’ordigno usato che, secondo i primi accertamenti, conteneva 17 libre (quasi 8 chilogrammi) di esplosivo al plastico imbottito con chiodi e con cuscinetti a sfera. L’esplosione ha anche danneggiato il pronto soccorso dell’ospedale di Dera, costringendolo alla chiusura, e costringendo anche i soccorritori a trasferire i feriti in un ospedale militare della zona.
Le forze armate pakistane hanno effettuato diverse operazioni importanti negli ultimi anni contro i talebani pakistani e altri militanti in aree lungo il confine altamente “permeabile” con l’Afghanistan. La violenza è diminuita, ma i militanti continuano a far ricordare la loro presenza attraverso attacchi occasionali, principalmente contro le forze di sicurezza e le minoranze religiose. Muhammed Khurasani, un portavoce del TTP, ha rivendicato la responsabilità dell’attacco all’ospedale che, secondo lui, è stato realizzato per vendicare l’uccisione di due comandanti talebani da parte della polizia antiterrorismo avvenuta circa un mese fa. Tuttavia ha negato che l’attentatore fosse una donna, sostenendo che si trattava di un uomo che aveva indossato un burka. La tesi non ha per niente convinto le forze dell’ordine che sospettano un depistaggio proprio per permettere ad altre donne di raggiungere obiettivi anche molto ben protetti, per poter portare a termine altri attentati.
La polizia ha arrestato 16 sospetti nelle ore successive all’attacco, tutti appartenenti a organizzazioni vietate. L’ufficiale di polizia Habib Ahmed ha riferito che le autorità hanno anche sequestrato parecchie armi e scoperto alcuni covi durante la caccia all’uomo che è seguita all’attentato. Dera Ismail Khan non è nuova a sanguinosi attentati. In città, infatti, si è registrata negli ultimi dieci anni una serie di attacchi suicidi, soprattutto quando le forze armate pakistane hanno condotto una campagna per reprimere gli attacchi dei militanti nell’area, un importante centro nel corridoio economico tra la Cina e il Pakistan, con un giro d’affari di circa 48 miliardi di sterline.