Il tribunale distrettuale di Gujrat, nel Nord-Est del Pakistan, ha assolto tutti gli 11 imputati per l’omicidio di Sana Cheema, la ragazza uccisa prima di rientrare a Brescia, doveva viveva, perche’ voleva sposare il fidanzato italiano. Per il giudice non c’erano prove sufficienti o testimoni dell’omicidio. Lo riferiscono i media pakistani. Tra gli imputati figuravano il padre, la madre e diversi altri familiari.
“Assolti per mancanza di prove padre, zio e fratello di #Sana, 25enne italo-pachistana uccisa perché voleva sposare un italiano. L’ennesima ingiustizia a danno di una ragazza vittima dell’integralismo islamico che aveva come unica colpa quella di amare un occidentale”. Lo ha dichiarato Giorgia Meloni, leader di Fratelli d’Italia, da sempre in prima linea per tutelare le donne vittime di violenza, soprattutto in casi come quelli delle famiglie musulmante che non sopportano l’integrazione delle figlie nella società occidentale.
Sulla vicenda è intervenuta anche Souad Sbai, Presidente dell’Associazione Donne Marocchine in Italia (ACMID), secondo la quale “purtroppo ancora oggi, ogni anno, milioni di giovani donne nel mondo sono vittime di abusi, discriminazioni o costrette a matrimoni forzati, anche in età minorile. Ed evidentemente ci sono Paesi dove il ‘delitto d’onore’ è ancora tollerato. Questo non può più essere consentito, è ora di dire basta una volta per tutte”.
Nel giorno di San Valentino, inoltre, l’Associazione Donne Marocchine in Italia (Acmid) ha deciso di lanciare un appello alle istituzioni italiane e marocchine, affinché venga fatta piena luce su una nuova vicenda, quella di Nadia Lazraq.
“Vogliamo sapere dove è finita Nadia – ha spiegato Souad Sbai – che fine ha fatto, cosa le è accaduto. Abbiamo già pronta una denuncia da presentare alla Procura della Repubblica per accertare cosa sia successo. Nadia è una ragazza che ha sempre vissuto in maniera libera, moderna. Non c’è più tempo da perdere: si indaghi su cosa è accaduto e, soprattutto, si trovi Nadia. Facciamo appello al Governo italiano e a quello del Marocco, a Re Mohammed VI, affinché collaborino e si mobilitino per scoprire la verità e soprattutto trovare la ragazza”.