Per fortuna, tutti si sono stufati degli intellettuali di sinistra

Per fortuna, il Salone del Libro di Torino che si conclude oggi non è stato soltanto lo strenuo tentativo di (pochi) intellettuali di monopolizzare l’attenzione mediatica per poter parlare di bavaglio governativo, tanto censurati dal centrodestra da urlare liberamente e con cadenza quasi giornaliera all’attacco alla libertà di espressione e di informazione. Il Salone del Libro è stato anche altro dai tentativi di sfondare, con la violenza, i cancelli di ingresso della fiera da parte di (pochi) facinorosi soliti noti, membri delle “élite” più aggressive della città di Torino, ormai, anche con la complicità della classe dirigente comunale che ha regolarizzato il centro sociale Askatasuna, rendendolo bene pubblico anziché sgomberare l’edificio che occupa ormai da anni. Uno dei gruppi più pericolosi d’Italia, ed è impossibile evitare che il livello di lassismo di quell’amministrazione non abbia ripercussioni sull’ordine pubblico, soprattutto quando la città diventa centro di importanti iniziative istituzionali, anche internazionali. E così, come è già successo alcune settimane fa, con le contestazioni violente verso i ministri italiani impegnati in un convengo nell’ambito del G7, quando alcuni attivisti pro Palestina hanno trovato lo scontro con la Polizia provocando il ferimento di alcuni agenti, allo stesso modo nelle scorse ore gli stessi hanno prima organizzato una manifestazione in concomitanza con il Salone del Libro e alcuni di loro, come detto, staccandosi dal corteo, hanno tentato di invadere forzatamente l’evento. Ottenendo l’avallo e l’appoggio anche di alcuni ospiti: Fedez ha detto che “la chiusura di tutti i centri sociali ha fatto venire meno i luoghi di aggregazione indipendentemente dalla connotazione politica”. In prima linea anche Zerocalcare, che prima dice che “reprimere i ragazzi è peggio delle censure in Rai”, e poi si unisce alle proteste dei pro Palestina. Zerocalcare, troppo occupato a criticare una presunta censura sulla Tv di Stato da accorgersi che la prevaricazione, violenta, dei manifestanti costituisce ad oggi il rischio più pressante per la libertà di informazione e di espressione. Pochi manifestanti e pochi intellettuali che vorrebbero avere la meglio sugli altri. Una sorta di dittatura della minoranza.

Ma nessuno più li ascolta

Ma il Salone del Libro, come detto, è stato per fortuna anche e soprattutto altro. È stato persone che arrivavano per incontrare il proprio autore preferito, per ascoltarlo, magari per scattare un selfie con lui o per ricevere il suo autografo. È stato un via vai di gente che non ascoltava per nulla le lamentele di quei pochi insistenti fanatici che, proprio come un mamma canta la ninna nanna al proprio neonato finché non sarà addormentato, così tentano di fare da mesi, ripetendo continuamente la storiella della censura governativa finché non avranno assuefatto e convinto il pubblico, o almeno finché non avranno creato intorno a loro una schiera di fan ideologizzati quanto loro. Il problema è che, se il neonato rimane incantato dalla melodia, cantata con amore dalla madre, così non accade con il grande pubblico, che non casca più ai perseveranti “attenti al lupo” strillati con odio dagli intellettuali. Anche perché risultano completamente di parte: sarebbe stato più credibile Antonio Scurati se, nel suo piagnisteo sul suo episodio in Rai, avesse quantomeno menzionato il ministro della Famiglia e della Natalità Eugenia Roccella, lei sì censurata, bloccata con la prevaricazione, imbavagliata con la forza da pochi militanti delle idee più progressiste e woke per la sua posizione sull’aborto (la cui legge, per inciso, grazie al Governo Meloni verrà applicata meglio). Ma proprio grazie al caso montato sulla Rai, ora Scurati può presentarsi al Salone del Libro e fare a tutti una lezioncina su quanto è bello l’antifascismo. E ancora Serena Bortone può girare l’Italia presentando la sua nuova e prima uscita in libreria, cascata a fagiolo, e il suo programma, Chesarà, è riuscito a essere citato su qualche notiziario e su qualche giornale. Chiariscono tutto le parole di Gennaro Sangiuliano, ministro della Cultura intercettato da La Stampa: “Gli scrittori – ha detto – fanno bene a preoccuparsi per la libertà di espressione” ma “noi che abbiamo subito censure vogliamo lavorare per la piena libertà di espressione”.

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