Siamo stati abituati in questi anni, e specialmente in questi ultimi mesi, a racconti del tutto stravolti al fine di favorire una parte politica o sostenere un’idea in particolare. Così Repubblica, che propone ai suoi lettori una fantasiosa versione della realtà. Per il noto quotidiano, infatti, il grande rialzo dei costi del Superbonus sarebbe colpa dell’attuale esecutivo, che invece lo sta abolendo. In pratica, la tesi dei progressisti sarebbe quella che, con continue deroghe e buchi nei decreti del governo, il centrodestra avrebbe non solo concesso vita lunga al Superbonus, ma anzi avrebbe addirittura incrementato la sua spesa e i suoi costi sul bilancio dell’erario statale. Una tesi che non riesce a stare in piedi, almeno stando alle parole, tutt’altro che di affetto, utilizzate dai membri dell’attuale esecutivo e della maggioranza per descrivere la misura contiana. Alcune settimane fa, il presidente del Consiglio Giorgia Meloni ha etichettato il Superbonus come “la più grande truffa ai danni dello Stato”, o ancora come “il più grande regalo mai fatto dallo Stato a truffatori e organizzazioni criminali“. Quest’ultima frase l’ha pronunciata rivolgendosi alla Camera, davanti agli occhi e ai volti inferociti del creatori e dei più strenui difensori della misura, i Cinque Stelle. In più, anche il ministro dell’Economia e delle Finanze Giancarlo Giorgetti si è scagliato più volte contro la misura, così debilitante da non lasciare grandi e ulteriori spazi di manovra al governo in materia finanziaria. Una voragine enorme da 140 miliardi che lega lo Stato ai suoi debiti e che costringe il governo a limitare la spesa in altri settori, malgrado si stia riuscendo ugualmente a lavorare bene, come ad esempio in ambito sanitario, dove il Fondo sanitario nazionale ha raggiunto il suo massimo storico di investimenti. Ma chissà quanto ancora sarebbe stato possibile fare con quei 140 miliardi.
I primi segnali negativi già nel 2020
Tornando al fantasioso racconto della sinistra, Repubblica ha scelto di attaccare il Governo Meloni sventolando energicamente un documento dell’Ufficio Parlamentare di Bilancio, appellandosi alle “ampie deroghe” di cui si parla al suo interno. Tuttavia, come spesso accade, occhio non vede, cuore non duole e così Repubblica sostanzialmente evita tutte le parti del documento dell’Upb che potrebbero non solo non avvalorare, ma anzi anche affossare la sua tesi anti-governativa. Ad esempio, la parte in cui si legge chiaramente: “I primi segnali di una possibile sottostima del fenomeno sono emersi dalla fine del 2021 dai dati di un monitoraggio Enea“. Inoltre, si legge ancora che “ai fini di una valutazione complessiva della misura vanno considerate le numerose modifiche che impianto originario delle norme ha subito giá a partire dal 2020”. In pratica, quel documento così osannato da Repubblica per aver dato delle colpe al Governo Meloni, è lo stesso che scagiona il Governo Meloni da ulteriori responsabilità: già nel 2020 si poteva intuire anzi giá si era capito che le clausole del Superbonus erano potenzialmente distruttive, che qualcosa doveva essere fatto per rimediare, prevedendo magari un limite di spesa o delle misure più contenute. Lo si era capito gia nel 2020, quando la misura nacque dalle menti dei grillini e del governo Conte, e quando al governo c’era Mario Draghi, che non provvide a riformularla. Quantomeno, le previsioni sulla spesa potevano essere fatte meglio, magari in modo più accurato, dal momento che, mese dopo mese, si era costretti a rivedere al rialzo l’ammontare totale. Una cosa è certa: è impossibile incolpare il Governo Meloni di aver causato problemi con il Superbonus. Si può accettare tutto, ma un rovesciamento così plateale della frittata no.