Può sembrare che Donald Trump si lasci andare a volte a boutade di pancia, dettate dal suo carattere sanguigno e non misurate con la realtà, ma non è proprio così. Il tycoon è alla Casa Bianca da poco, tuttavia, oltre ad avere già firmato un bel pacchetto di decreti e ad essere passato subito alla fase concreta ed operativa, ha rilasciato dichiarazioni ed espresso prese di posizione non banali, forti e scioccanti per i media, che stanno facendo discutere a tutte le latitudini. Non si è trattato però di futili provocazioni o magari di deliri di onnipotenza perché dopo le affermazioni sul Canada come 51esimo Stato USA, sulla Groenlandia e in merito al Canale di Panama, che dovrebbe tornare sotto il controllo americano, sono seguiti dibattiti molto seri e qualcosa è già cambiato in modo effettivo. Il Segretario di Stato USA Marco Rubio sta svolgendo una sorta di tour diplomatico in America centrale e ha fatto scalo anche a Panama City per incontrare il presidente panamense José Raul Mulino. Sembra che quest’ultimo abbia rassicurato l’interlocutore statunitense sull’impegno di Panama volto ad allontanare influenza e mire cinesi dal Canale, e questo interessava davvero al presidente Trump.
Le apparenti frasi shock di Donald Trump non vengono pronunciate tanto per vedere l’effetto che fanno, ma sono ispirate da una precisa logica. Nel caso di Panama, il presidente USA non vuole invadere militarmente la piccola Repubblica centroamericana, ma, con lucidità, alza l’asticella dello scontro e del dibattito politico internazionale per ottenere poi cambiamenti di sostanza. Anche il cosiddetto piano Trump per Gaza ha ricevuto tanti dinieghi e viene considerato quasi folle da alcuni. Il presidente crede opportuno che i palestinesi della Striscia abbandonino il loro territorio e vengano ospitati da altri Paesi arabi in via anche solo temporanea e in attesa che Gaza superi la necessaria ricostruzione post-bellica. Questa fase deve passare sotto il controllo degli Stati Uniti e quel martoriato lembo di terra può diventare la Riviera del Medio Oriente. Israele è d’accordo, ma lo Stato ebraico ritiene che debbano esserlo anche i palestinesi. Un commento pacato e obiettivo è giunto da Avi Pazner, ex ambasciatore israeliano a Roma.
Il diplomatico pensa anzitutto che quanto sostenuto da Donald Trump in merito alla Striscia di Gaza, durante la conferenza stampa congiunta con il premier d’Israele Benjamin Netanyahu, in visita a Washington, non sia stato detto sull’impulso del momento, anche perché il numero uno della Casa Bianca non parla mai a caso e solo un certo mainstream può descriverlo come uno squilibrato o un gaffeur imprevedibile. Secondo Pazner l’idea di trasformare Gaza nella Riviera del Medio Oriente è totalmente inedita e però difficile da realizzare, ma non è nemmeno irreale. L’ex ambasciatore riconosce a Trump la volontà sincera di mettere mano ad un problema che è senza soluzione da ben 75 anni, oltre alla profonda vicinanza ad Israele del presidente repubblicano. Avi Pazner segnala come l’idea di Donald Trump abbia sorpreso tutti, a partire dalla politica e dalla opinione pubblica di Israele. I Paesi arabi, inclusi gli Emirati Arabi Uniti e l’Arabia Saudita, si sono dimostrati compatti nel dire no al piano Trump, però, ritiene l’ex ambasciatore, molte di queste opinioni contrarie potrebbero cambiare a breve.
Del resto, il presidente USA alza il livello dello scontro per poi negoziare con efficacia e, visto che le cose non vengono fatte e dette a casaccio, alla Casa Bianca è stato previsto un ripensamento da parte delle monarchie del Golfo Persico. Senz’altro, considerato il timore legato ad un ritorno di Hamas al governo della Striscia, una maggiore supervisione americana di quel territorio, coordinata con Israele, azzererebbe il rischio del riaffacciarsi dei terroristi, che, una volta superato lo scoglio degli ostaggi, devono essere resi innocui al cento per cento. Meglio la Riviera del Medio Oriente che Gaza come covo di assassini.